LA PRIMA VOLTA DI ALADINO

Capitolo 1

 

Aladdin osservò l’uomo con il pancione, sdraiato a faccia in giù sul letto. Gli ricordava un cammello rasato. E, per giunta, quell’uomo russava. Aladdin conosceva quel tipo di russare, era quello tipico di un ubriaco caduto in deliquio. Aveva visto l’uomo giocare a Sic bo al casinò quella sera. Stava bevendo molto e vincendo molto. Infatti, era per questo che Aladdin si trovava nella sua stanza adesso.

Quando una persona cresce per strada, senza genitori o nessuno che si preoccupi per lui, non ha molta scelta nella vita. Così, quando Aladdin riuscì a far colpo sul proprietario del casinò locale, che offrì a Aladdin un lavoro, lui lo accettò. Il proprietario del casinò lo impiegò per recuperare le vincite da chi aveva avuto una nottata troppo fortunata.

Aladdin sapeva che non era giusto. Ma, per Aladdin non c’era giustizia nella vita. L’importante era sopravvivere. Lui lasciava la giustizia al Sultano e a tutti gli altri che non dovevano preoccuparsi di trovare il prossimo pasto.

“Se visitassi questa città per una settimana, dove potrei nasconderei le mie vincite?” si chiese Aladdin.

Aladdin conosceva quella stanza. Ci era già stato. Era una locanda dove molti soggiornavano quando avevano soldi e venivano in città. Era già stato incaricato di recuperare le vincite dei suoi residenti. La maggior parte delle persone che soggiornavano lì nascondevano i loro soldi sul fondo del loro baule da viaggio. Quell’uomo, però, non l’aveva fatto. Quindi, dove poteva aver nascosto il denaro?

Sebbene la stanza sembrasse ancora ordinata, Aladdin aveva passato al setaccio ogni cosa. Aveva persino perquisito l’uomo stesso. I soldi erano introvabili. Aladdin stava per rassegnarsi all’idea che l’uomo li avesse dati a qualcuno prima di entrare nella stanza, quando notò un posto che non aveva ancora controllato.

Ogni stanza degli alberghi più eleganti ha un secchio per il bagno. Era un luogo al quale nemmeno un ladro si sarebbe avvicinato. Dopotutto, che tipo di persona metterebbe qualcosa di valore lì dentro? Era il luogo più sporco tra i posti sporchi… e questo, naturalmente, lo rendeva il perfetto nascondiglio.

Il giovane volto di Aladdin si contorse di disgusto solo al pensiero di quello che stava per fare. Il secchio del bagno aveva un pesante coperchio per non far uscire l’odore di quello che vi era dentro. Lo scopo del secchio era di essere un posto veloce per fare pipì. Ma considerando che uno dei lavori che aveva fatto da bambino era pulirli, sapeva bene cosa finiva a volte lì dentro.

Con tutti quei terribili ricordi che tornavano ad affollare la sua mente, Aladdin fissò il secchio e radunò tutto il suo coraggio. Non c’era modo che potesse tornare dal suo capo a mani vuote, almeno senza che ci fossero conseguenze pericolose. Quindi, doveva almeno controllarlo, solo per poter dire che lo aveva fatto.

Pensando al secchio con la voglia di scappare, Aladdin si avvicinò a esso. Aveva tanti brutti ricordi. Ma accovacciandosi e sollevando lentamente il coperchio, ebbe un assaggio di quello che ne uscì. A quanto pare, quell’uomo aveva usato il secchio per quello per cui era inteso. Non sarebbe stato così terribile. Così, rimuovendo il coperchio e guardando giù, vide il liquido che si aspettava e qualcosa di grande e scuro che ci stava dentro.

Aladdin stava per rimettere il coperchio, pensando che fosse qualcos’altro, ma si fermò. Ricordando che non c’era alcun odore ulteriore, si chinò e osservò più da vicino. Quella grande cosa marrone era una borsa. Al casinò, Aladdin aveva visto l’uomo mettere le sue vincite in una borsa. Era quella. L’aveva trovata. Ora doveva solo mettere la mano nel secchio e prenderla.

Quando Aladdin esitò a infilare la mano dentro, si rese conto di quanto quel nascondiglio fosse astuto. L’avrebbe dovuto ricordare se mai avesse avuto abbastanza soldi per soggiornare in una locanda di lusso, e possedesse qualcosa di sufficientemente prezioso da nascondere.

Aladdin ammirava l’uomo per essere stato l’unico ad avere quell’idea. Non lo ammirava però abbastanza da lasciare le sue vincite dove erano. Dopotutto, rubarle di nuovo era parte del gioco. Ma avrebbe ripagato il favore in un altro modo se avesse potuto. Non avrebbe sicuramente rubato dalle sue tasche se lo avesse incontrato al mercato.

“Bella mossa”, disse Aladdin guardando il cammello dormiente di nuovo. “Bella giocata.”

Raccogliendo la borsa, la tenne sopra il secchio cercando di scuotere via il liquido. Agitandola su e giù, spostò la sua attenzione alla finestra. Era mattina, molto presto. Era un momento tranquillo dopo che i bar avevano chiuso e il trambusto mattutino non era ancora iniziato. Era il momento in cui la città viveva il suo massimo momento di pace. A Aladdin piaceva quel momento. Era il momento in cui poteva dimenticare tutti i suoi problemi e prendersi un secondo per respirare.

Fu per quel motivo che il rumore di qualcuno che correva a perdifiato lo disturbò. Osservando le strade sottostanti, ci volle un po’ ad Aladdin per notarlo. Quando lo fece, era proprio mentre il ragazzo voltava l’angolo verso la stretta viuzza di fronte alla locanda.

Incuriosito, Aladdin scosse rapidamente la borsa per rimuovere i residui rimasti e si avvicinò alla finestra. Nascondendo la borsa nei pantaloni, si concentrò su quello che stava succedendo fuori. Al chiaro di luna, il ragazzo in corsa sembrava avere la sua età, sebbene fisicamente un po’ più piccolo di Aladdin. E quel ragazzo sembrava terrorizzato.

Cosa potrebbe averlo spaventato così tanto? si chiese Aladdin. Non ci mise molto a capirlo.

Inizialmente, Aladdin pensò di vedere la polvere sollevata dal luogo dove il ragazzo era corso. Ma presto capì che non era quello. Quella polvere non si stava depositando. Anzi, quanto più Aladdin guardava lontano dal corridore, più fitta diventava quella nuvola.

Guardando più da vicino, Aladdin capì che non era polvere, né una nuvola. Era fumo. Il fumo stava sgorgando da quello che poteva essere descritto solo come una sorta di mostro.

Il terrore inondò il cuore di Aladdin. Che cosa era quel mostro? Aladdin non aveva mai visto nulla del genere. Correva dietro al ragazzo e questo stava scappando per salvarsi la vita.

Fu in un istante che Aladdin decise cosa fare. Senza pensarci, si gettò oltre la soglia della finestra e si lanciò sul tetto un piano più in basso. Atterrando, Aladdin rotolò. Lui era abituato a questo. Aladdin poteva attraversare l’intera città senza mai toccare terra. Questo era ciò che lo faceva essere così bravo in quello che faceva. E questo era ciò che stava per fare per salvare la vita del ragazzo quella sera.

Correndo sui tetti lo raggiunse. Il ragazzo lì sotto non era veloce. Forse era stanco o forse altro,  ma qualunque fosse, Aladdin ideò un piano per salvarlo.

Quando il ragazzo svoltò su una strada davanti a lui, Aladdin capì che era il suo momento. Il corridore stava avvicinandosi a un edificio con un tendone. Accelerando, Aladdin si lanciò dal tetto, attraverso la strada e ci salì sopra; sosteneva il suo peso. Ma continuando in un solo movimento, usò la molla del suo salto per rimbalzare dal muro e fare un salto dalla parete alla strada sottostante. La mossa fu magnifica.  

“Ah!” gridò il ragazzo.

Guardandolo negli occhi, Aladdin, accovacciato su un ginocchio, si fermò. Sorpreso, il ragazzo rallentò non sapendo se dovesse avere paura.

“Sei tu!” esclamò il ragazzo prima che Aladdin mettesse un dito sulle sue labbra e lo zittisse.

Dopo che il ragazzo fece ciò che gli era stato detto, Aladdin corse da lui e gli afferrò il braccio. Senza una parola, Aladdin guidò il ragazzo attraverso un vicolo vicino prima di svoltare rapidamente in un altro. Nel secondo, lo spazio era stretto. Se Aladdin o il ragazzo avessero avuto un peso su di loro, non sarebbero riusciti a passare.

Uscendo dall’altro lato, Aladdin trovò un altro vicolo e condusse il ragazzo dentro. Trovando un piccolo muro che costeggiava l’ingresso di un edificio, Aladdin tirò il ragazzo dietro il muro così entrambi poterono nascondersi

Il ragazzino era senza fiato. Aladdin no. Spiando da dove erano venuti, Aladdin non vide niente. Per il momento, erano al sicuro. Ma, quando Aladdin guardò di nuovo il ragazzo che aveva appena salvato, lo vide ansimare e guardarlo come se avesse visto un fantasma.

“Stai tranquillo. Sei al sicuro qui,” rassicurò Aladdin.

Il ragazzo non rispose.

“Stai bene? Sei ferito?”

Ci volle un momento, ma il ragazzo riprese la voce.

“Sto bene,” disse il ragazzo. “Sono solo stanco.”

“Bene, riposati perchè potremmo dover correre di nuovo. Cos’era quella cosa che ti inseguiva?”

“È un mago. Mi ha tenuto rinchiuso nella sua cella per molto tempo. Ma, stasera sono scappato.”

“Un mago?”

“È molto potente. Non dobbiamo lasciare che il fumo ci tocchi. Se lo fa, non saremo in grado di scappare. Per favore, proteggimi. Non voglio tornare lì. È troppo orribile!” disse il ragazzo con la dolce fronte corrugata.

“Non preoccuparti, ti proteggerò. Non ti farà del male. Credimi. Non ti farà del male.”

Aladdin guardò di nuovo giù per il vicolo. Mentre lo faceva, vide il fumo entrare nella strada in lontananza davanti a loro. Si ritirò indietro premendo il ragazzo ancora ansimante contro il muro. Tenendo la mano sul petto del ragazzo, Aladdin spuntò fuori di nuovo.

Il fumo avvolse la strada come una pasta densa. Rotolando su ogni centimetro di terreno, una parte di esso si riversò nel loro vicolo. Aladdin stava per alzarsi e correre via quando decise di aspettare. Sebbene altro fumo strisciava verso di loro. A pochi metri di fronte a loro, i tentacoli si fermarono.

Mentre Aladdin guardava, il fumo nella strada crebbe fino ad essere alto quanto un uomo. Doveva essere lì il mago. In piedi fuori dal vicolo, il mago si fermò. Dal modo in cui si muoveva il fumo, era chiaro che l’uomo al suo interno stava guardandosi attorno. Quando si girò verso di loro, Aladdin si ritirò di scatto.

Aladdin guardò negli occhi del ragazzo esortandolo a fare particolarmente silenzio. Guardando Aladdin il ragazzo trattenne il respiro. Aladdin, a quel punto, si prese un momento per esaminare chi aveva salvato.

Quel ragazzo aveva un colorito marrone chiaro come lui. Questo significava che doveva essere arabo. Non era raro in quella parte della Cina. Infatti, il sultano della città era arabo. Ma erano certamente una minoranza. E, se Aladdin parlava senza un accento, quel ragazzo parlava come uno straniero. Aladdin si domandava perché.

Al di là di questo, ciò che Aladdin notò di più erano le fattezze delicate del ragazzo. Lo facevano sembrare più giovane di quanto realmente fosse ed era quasi effeminato. Aladdin non poteva fare a meno di considerarlo attraente, sebbene desiderasse non avere tali pensieri e si risentiva di chiunque lo facesse pensare tali cose.

Dopo che fu passato un momento, Aladdin rivolse la sua attenzione di nuovo verso la strada. Arrivò in tempo per vedere la creatura di fumo andarsene. I tentacoli del fumo, che si erano allungati verso di loro, si ritrassero man mano che la creatura si allontanava. Quando l’ultimo spiraglio di fumo uscì dalla sua vista, Aladdin si rilassò contro il muro.

“Se n’è andato,” spiegò Aladdin ritrovando la calma.

“Ne sei sicuro? Potrebbe ancora essere là fuori ad aspettarmi,” disse il ragazzo ancora impaurito.

“Sei al sicuro. Ne sono certo. Non avrai problemi,” disse Aladdin prima di alzarsi.

“Dove stai andando?”

“Lontano da qui,” rispose Aladdin, cercando di sorridere.

“Posso venire con te?”

“Venire con me? Perché vorresti fare una cosa del genere?”

“Non ho dove andare. Lo stregone mi ha tenuto rinchiuso per molto tempo. Non so quanto. Potrebbero essere passati anni. Non so nemmeno in che città mi trovo. Dove sono?”

“Da dove vieni?” Aladdin chiese al ragazzo, intrigato dal suo accento.

“Vengo da Baghdad. Ne hai sentito parlare? È vicina?”

“Ne ho sentito parlare. Ma non è affatto vicina. Come sei arrivato qui?”

“Lo stregone. Mi ha portato via dai miei genitori quando avevo 10 anni. Ricordo che abbiamo fatto un lungo viaggio. Speravo che il viaggio non fosse così lungo come ricordavo,” disse il ragazzo tristemente.

“Quando avevi 10 anni?”

Aladdin guardò di nuovo il ragazzo. Doveva avere almeno 18 anni, nonostante sembrasse così giovane e piccolo.  Ciò significava che doveva essere stato prigioniero per 8 anni o più.

“Mi dispiace,” disse Aladdin, sentendosi il cuore spezzato per il ragazzo.

“Per favore, dimmi dove sono,” il ragazzo chiese di nuovo.

“Ti trovi nella città di Ürümqi. È nella regione di Xinjiang, in… Cina.”

“Cina?” il ragazzo ripeté prima di cadere indietro. “È lontanissimo.”

Aladdin guardava quel ragazzo triste, non sapendo cosa fare. Il suo istinto era di confortarlo, ma non aveva il coraggio. Tutto ciò che poteva fare avrebbe potuto essere interpretato come qualcosa di più di ciò che era.

“Cosa farai?” chiese Aladdin con simpatia.

“Non lo so. Non conosco nessuno qui. Non so nemmeno dove mi trovo,” disse sembrando sul punto di piangere.

“Mi dispiace, ma almeno sei libero,” disse Aladdin, voltandosi per andarsene.

“Posso venire con te?”

Aladdin si fermò, abbassò lo sguardo, e poi guardò indietro. “Non devi venire con me. Sei più al sicuro da solo.”

“Per favore. Non ho nulla.”

“Ti ho salvato. Non ti basta?”

“Per favore,” supplicò umilmente il ragazzo.

Aladdin non voleva aiutare quel ragazzo. Ma in realtà sì. Il suo cuore si spezzava per lui. Ricordava quante volte aveva sperato che qualcuno l’avesse aiutato quando era un ragazzino spaventato per strada. E ora, sebbene molto più grande, vedeva lo stesso terrore negli occhi di quel ragazzo.

Aladdin abbassò la testa in segno di resa.

“Come ti chiami?” chiese Aladdin.

“Il mio nome è Rami,” disse con una gioia crescente.

“Bene, Rami, vieni con me. Posso offrirti un posto dove stare stanotte. Ma da domani sarai da solo. Mi hai capito?”

“Grazie,” disse Rami, euforico.

Osservandolo, Aladdin non poteva fare a meno di sentirsi bene. Rami aveva un bel sorriso. Lo faceva sentire bene guardarlo.

“Devo fare ancora un paio di cose stasera. Puoi unirti a me, ma dovrai tenere la bocca chiusa. Capisci?”

Rami annuì.

“Bene,” disse Aladdin prima di condurlo di nuovo verso la strada.

Per sicurezza, Aladdin buttò un occhio fuori prima di entrare. Lo stregone se n’era davvero andato. Così, attraversandola in una serie di vicoli, Aladdin fece ritorno al casinò.

“Come ti chiami? Non mi hai detto il tuo nome,” Rami disse rompendo il silenzio.

Aladdin diede a Rami un’occhiata. “Aladdin,” rispose seccamente.

“Aladdin,” ripeté. “Non sapevo il tuo nome. Per questo te l’ho chiesto.”

Aladdin si voltò dall’altra parte, invitandolo a smettere di parlare.

“Sei cresciuto a, come l’hai chiamata? Ürümqi?”

“Sì.”

“Sì, cosa? Sì, sei cresciuto qui? O sì, è così che si chiama la città?”

“Entrambe le cose.”

“E i tuoi genitori? Sono cresciuti qui?”

“Non ho detto che avresti dovuto tenere la bocca chiusa?”

Rami si fermò. Quando Aladdin se ne accorse, si fermò e lo guardò.

“Sei arrabbiato con me,” disse Rami triste. “Non volevo farti arrabbiare.”

Aladdin guardò quel ragazzo davanti a lui. Gli ricordava un uccellino ferito. Non assomigliava a nessuno dei duri ragazzi di strada che conosceva. Nemmeno le ragazze che aveva incontrato erano così delicate.

“Non sono arrabbiato,” disse Aladdin, con una voce calma.

“È solo che per tanto tempo, l’unica persona con cui potevo parlare era lo stregone. Era l’unica altra persona che ho visto da quando sono arrivato qui.”

“È l’unica altra persona con cui hai parlato da quando avevi 10 anni?” chiese Aladdin, sbalordito.

“Lui è l’unica persona che ho visto. Voglio dire, le altre volte in cui ho cercato di fuggire, ho visto persone. Ma non potevo parlare con loro perché ero troppo impegnato a correre.”

Il cuore di Aladdin si spezzò ascoltando il ragazzo. La sua vita era stata dura e aveva dovuto fare un sacco di cose orribili per sopravvivere. Ma non poteva immaginare di vivere la vita che Rami descriveva.

“Mi dispiace,” disse di nuovo Aladdin.

“Va bene. Non c’erano persone quando ero sveglio, ma c’erano nei miei sogni. A volte mi sembravano così reali che ero sicuro che lo fossero. Tu hai mai sogni così?”

“Ad esempio?”

“Sai, sogni che sembrano così veri che sei sicuro che lo siano?”

“Non posso dire di averne,” disse Aladdin, voltandosi e continuando la loro camminata.

“Io sì. A volte i miei sogni sembrano talmente reali che si avverano.”

“Davvero?” chiese Aladdin, lasciando che il ragazzo parlasse.

“Sì. Infatti, io ti ho visto in un sogno.”

“Davvero?”

“Sì. Non sapevo che saresti finito per diventare realtà. A volte i sogni si fanno un po’ confusi e non riesco a capire quali cose siano vere e quali no,” ammise Rami.

“Ebbene, sappi che ciò che sta avvenendo adesso, è vero. E, dove stiamo per andare, è reale anche quello. Dì la cosa sbagliata lì e sarai morto sul serio, e molto velocemente. Mi segui?”

“Mi stai dicendo di stare zitto, di nuovo,” Rami riconobbe.

“Hai capito!” Aladdin disse con un sorriso brillante.

“Hai un bel sorriso.”

Aladdin fu colto di sorpresa dal commento, ma si riprese abbastanza in fretta da celare la sua sorpresa con uno sguardo severo.

“Starò zitto ora,” disse il ragazzo prima di mettere un dito sulle labbra.

Aladdin sapeva che avrebbe dovuto sentirsi infastidito da quel ragazzo, ma non lo era. In qualche modo gli piaceva. Rami era diverso da qualsiasi ragazzo che avesse mai incontrato. Era fresco. C’era anche qualcosa in lui che faceva sentire Aladdin più leggero. Non riusciva a capire esattamente cosa fosse, ma sicuramente qualcosa c’era.