IL MATRIMONIO MAFIOSO FORZATO DEL MIO RAGAZZO

Capitolo 1

Dillon

 

Guardai il mio telefono per la centesima volta, desiderando che squillasse. Ore 19:24. Tyler era ufficialmente in ritardo di 24 minuti per il nostro appuntamento. Muovevo nervosamente la gamba e mi masticavo il labbro inferiore, ansiosa, incapace di placare il crescente sentimento di sconforto nel mio cuore.

Quel comportamento non era da Tyler. Avevamo chattato online per settimane, sembrava davvero dolce e sincero. Pensavo veramente che quello potesse essere l’inizio di qualcosa di reale. Il mio cuore fremeva leggendo i messaggi di Tyler, vedendo quanto fosse premuroso, interessato alla mia vita e ai miei sogni. Mi aveva dato la speranza che forse, solo forse, avrei potuto trovare un amore come quello della mia migliore amica Hil.

Hil aveva incontrato il suo ragazzo Cali molto facilmente, si era innamorata subito e adesso viveva una rassicurante relazione amorosa. Io, invece, ero ancora lì, in lotta solo per ottenere un primo appuntamento con un ragazzo al quale mi ero affezionata online. Un ragazzo che sembrava condividere i miei sentimenti e capire cosa significa essere un po’ fuori forma e alla ricerca dell’amore.

Tutto sembrava sempre più difficile per me: far quadrare i conti, finire gli studi, trovare qualcuno che mi amasse per quella che sono. Adesso ero lì, seduta da sola nel romantico bar che io e Tyler avevamo scelto per il nostro primo appuntamento.

Avrei mai potuto fraintendere completamente i segnali con Tyler? Era solo in cerca di un’avventura e nient’altro? O peggio ancora, avevo nutrito delle speranze su qualcuno che mi stava solo attirando con false promesse?

Controllai di nuovo il telefono. Ore 19:27. Il senso di sconfitta si fece più intenso. Trattenendo a stento le lacrime, mormorai tra me e me, “Non piangere, stupida. È solo un primo appuntamento.” 

Ma sapevo che era più di così. Quell’appuntamento rappresentava molto di più – una possibilità di vivere quell’amore vero che desideravo così tanto. La possibilità che qualcuno finalmente mi vedesse, mi desiderasse, mi amasse per quello che sono.

Tutto quello che volevo era ciò che sembrava venire così facilmente a tutti gli altri: avere un uomo accanto. Ma, delusione dopo delusione, stavo iniziando a sentire il peso di quella situazione.

Mi sfuggì una lacrima, che scivolò sulla mia guancia, quando la campanella della porta del bar suonò. La asciugai rapidamente, sentendomi ridicola. Una coppia affiatata entrò, a braccetto, ridendo dolcemente tra loro. Il mio malessere si fece più intenso. Lui non sarebbe venuto. E per lui non valevo nemmeno un messaggio.

Deglutii, non potevo sopportare il pensiero di tornare nel mio appartamento vuoto, quella sera, con un altro fallimento da rimuginare all’infinito. Tutto quello che volevo era sapere cosa si prova ad essere amati. Era chiedere troppo?

Ma, ad ogni minuto che passava, la verità cominciava a farsi strada. Ero stata ingenua a sperare fin dall’inizio. Così, con un respiro profondo e tremante, raccolsi la mia giacca e uscii dal bar da sola.

 

 

Capitolo 2

Remy

 

Ero in piedi nel luogo che un tempo era stato il grande ufficio di mio padre, ora trasformato in un obitorio. Hil e mia madre erano accanto a me, tutti noi guardavamo il corpo senza vita di nostro padre. Il silenzio era soffocante, interrotto solo dai singhiozzi sommessi di mia madre che cercava di trattenere le lacrime.

Ero straziato, ma guardando le ombre sul volto di mio padre, causate dalla luce fioca, provavo altri sentimenti; la sua eredità era ambivalente. Avevo trascorso tutta la mia vita cercando di dimostrargli il mio valore. Avevo fatto cose di cui non ero orgoglioso. Ora che lui se ne era andato, mi chiedevo se fosse stato tutto inutile.

Hil ruppe il silenzio. “Mi occuperò io dei funerali. Voglio farlo per papà,” disse, la voce incerta per l’emozione. Potevo dire che cercava ancora l’approvazione di nostro padre, anche dopo la sua morte.

Mi guardai attorno, il mio cuore si stringeva per mia sorella che aveva cercato con tanto impegno di sfuggire alla vita criminale che la nostra famiglia conduceva da sempre. Non era fatta per quelle cose, come lo ero io. E agli occhi di mio padre, questo faceva di mia sorella una persona che doveva essere sempre in qualche modo custodita.

Io ero diverso, ero l’erede designato del suo impero. Non avevo bisogno di essere protetto dal suo mondo spietato. Gli altri boss volevano far fuori mio padre. E vista la maniera con cui mio padre era risalito al potere, capivo il perché.

Questo voleva dire che nessuno nella nostra famiglia era al sicuro. Hil, con la sua natura sensibile, avrebbe sempre avuto bisogno di qualcuno che la proteggesse. Papà non avrebbe avuto problemi a farlo, ma era chiaro che voleva un figlio che potesse cavarsela da solo.

Questo era quello che ero diventato per lui: un figlio che sapeva badare a se stesso. Presto, mi presi cura anche di Hil. Non mi importava. Era mia sorella minore. Era il mio compito. Ma dover essere l’uomo che mio padre voleva che fossi aveva il suo prezzo.

“Grazie, Hil,” dissi, la voce tradendo il dolore che sentivo.

Mia madre mi strinse la mano, la sua carezza vibrava di tristezza e gratitudine. Vedevo la speranza di un futuro migliore nei suoi occhi, libero dalla violenza e dal pericolo che avevano tormentato la nostra famiglia per così tanto tempo.

I miei pensieri si diressero verso il patto che avevo stretto con Armand Clément, l’avversario più feroce di mio padre. Mi ero accordato per cedergli gli affari illegali di mio padre in cambio del mantenimento di quelli legali e della sicurezza della mia famiglia.

Saremmo stati fuori dal mondo della mafia, e sotto la sua protezione. Era un azzardo disperato, ma non potevo sopportare il pensiero di portare avanti quelle attività senza l’immensa pressione che mio padre mi faceva.

Del resto, la nostra famiglia aveva già tanto per cui chiedere scusa. Prima o poi, avrei dovuto capire come restituire qualcosa alla comunità. L’ossessione di mio padre per il potere aveva causato molto dolore. Non poteva essere questo l’unico dono della mia famiglia al mondo.

Fu allora che Dillon si materializzò nella mia mente. Era la migliore amica di Hil. Aveva curve generose, una pelle leggermente abbronzata e capelli vagamente ricci nei quali sognavo di infilare le dita.

Tutte quelle cose mi avevano trasformato in un uomo che sognava tutte le notti di stringerla a sé. Un uomo che fantasticava su come sarebbe stato alzare la mano sulla sua maglietta e avvolgere il suo seno pieno con le mie grandi mani. Era il mio faro nelle burrasche paterne e ora, l’oceano che mi separava da Dillon mi stava davanti, morto e rimpianto.

Scusandomi, prima che la mia famiglia vedesse il sorriso che lentamente compariva sul mio viso, mi diressi verso la cameretta di quando ero bambino. Non potevo aspettare nemmeno un secondo. Avevo bisogno di sentire la sua voce. Il mio cuore batteva al solo pensiero. Dovevo chiamarla.

Presi il telefono e cercai il suo numero. Con un respiro profondo, chiamai. Il mio cuore batteva con intensa aspettativa. Il telefono squillava e avevo le mani sudate.

“Pronto?” la voce di Dillon arrivò all’altro capo del filo, calda e rassicurante come sempre.

“Ciao, Dillon, sono Remy.” Cercavo di mantenere la voce ferma mentre parlavo. “Volevo solo dirti che mio padre… è morto.”

“Oh, Remy, mi dispiace tanto.” Come tutti noi, sapeva che sarebbe successo. Ma la sua empatia mi avvolse come un’onda confortante. “Come la stai vivendo?”

La mia gola si serrò mentre lottavo per mantenere la calma. “Sto… resistendo,” ammisi, il peso delle mie emozioni che minacciava di esplodere. Nel disperato tentativo di riprendere il controllo, cercai di cambiare rapidamente argomento. “Ascolta, mi chiedevo se tu potessi aiutarmi con qualcosa.”

“Certo. Di che cosa si tratta?”

“Hil ha detto che vuole organizzare lei il funerale. Penso che potrebbe davvero avvalersi del tuo sostegno adesso.”

Ci fu un attimo di silenzio prima che Dillon accettasse dolcemente. “Non avresti dovuto chiederlo, Remy. Farò tutto quello che posso per aiutare.”

Il silenzio che seguì era carico di parole mai dette, il mio cuore era ansioso di dirle la verità sui miei sentimenti per lei. Ma non potevo costringermi a farlo, non ancora.

“Grazie. So di poter sempre contare su di te,” dissi con un sorriso. 

“Non c’è problema, Remy. Mi piace poterti aiutare… e anche Hil,” mi rassicurò, la sua voce piena di autentica cura. “Ce la faremo tutti insieme. Basta che mi dici cosa ti serve.”

Annuii, anche se lei non poteva vedermi. “Lo apprezzo.”

“Lo so,” disse con assoluta certezza.

Mentre riattaccavo il telefono, mi chiedevo cosa stessi facendo. Non dovevo più costringermi a conversazioni da due minuti con lei. Ero libero. Non sapevo come si sentisse nei miei confronti, ma non dovevo più nascondere i miei sentimenti per lei. Era arrivato il momento di dirlo.

Una fiamma mi attraversò al pensiero. Era una miscela di terrore ed eccitazione.

“Dopo il funerale,” dissi ad alta voce. “La mia nuova vita inizia alla fine di quella vecchia.”

Potevo a malapena immaginare di vivere senza nascondermi e senza segreti, ma ecco dov’ero. Stavo per accettare la verità e vedere dove mi avrebbe portato. Stare con Dillon sarebbe stato davvero così semplice? Non lo sapevo, ma l’avrei scoperto presto.

 

 

Capitolo 3

Dillon

 

Conclusa la chiamata con Remy, rimasi nel mio appartamento con la borsa a tracolla appesa alla spalla. Ero appena entrata dopo essere stata piantata al mio appuntamento e la voce di Remy era la prima che avevo sentito. Non riuscivo più a sentire il mio viso.

Remy mi aveva chiamata davvero? Mi chiedevo mentre il mio cuore batteva forte, spazzando via il cuore infranto di un’ora prima. Che senso aveva la sua chiamata?

Aveva detto che era per chiedermi di aiutare Hil, ma doveva sapere che lo avrei fatto comunque. No, doveva esserci qualcosa di più. Stava cercando conforto per la morte di suo padre? Per quanto avrei voluto fosse così, Remy e io non eravamo così intimi.

Quindi, il motivo della sua chiamata poteva essere un altro? Era forse segretamente innamorato di me? Non ero dunque una pazza a sognarlo per tutti questi anni?

Era per Remy che ero stata piantata al mio appuntamento quella sera. Beh, non direttamente per lui. Ma era perché avevo interagito tanto con Remy mentre Hil era sparita che avevo notato il vuoto nella mia vita. Provava le stesse cose anche lui?

Pensandoci, mi tornarono subito in mente i tanti motivi per cui Remy non avrebbe avuto alcun interesse a stare con una persona come me. Per cominciare, anche se di solito non sono un completo disastro, lo ero decisamente quando si trattava di lui. Ci sono stati due mesi dopo che Hil ed io eravamo diventate amiche in cui non riuscivo nemmeno a far uscire le parole in sua presenza.

Avevo 14 anni, non 10. E sì, anche allora era decisamente attraente. Ma non ci sarebbe stata alcuna ragione per cui avrei dovuto perdere la capacità di parlare davanti a lui.

Poi ci fu quella volta che Remy era entrato e aveva sorpreso Hil e me a guardare un film porno nella stanza di Hil. Avevo chiesto a Hil se avesse chiuso a chiave la porta, e lei mi aveva assicurato che l’aveva fatto. Quindi, quando Remy aveva fatto irruzione mentre guardavamo un video in cui un ragazzo faceva cose incredibili a una ragazza che assomigliava molto a me, avrei potuto svenire.

E infine, non dimenticherò mai il giorno in cui, avevo 16 anni, e i genitori di Hil mi lasciarono stare al loro posto mentre la famiglia di Hil portava mia madre in vacanza con loro. Avevo scuola quindi non potevo andare con loro, ma pensando di avere tutta la loro per me, avevo festeggiato ballando nuda tutta da sola nel loro attico, completa di turbante asciugamano e spazzola per capelli al posto del microfono.

Poi però Remy decise di passare a controllare casa. Non sarebbe stato così male se non fossi chiaramente eccitata e mi stessi toccando!

Le mie guance bruciano ancora al ricordo. Ma come sempre, ricordai a me stessa che l’umiliazione che avevo provato davanti a Remy non contava. Perché per quanto mi piacesse fantasticare, un ragazzo come Remy, con il suo fisico da Dio Greco, i capelli stupendi e lo status di principe della mafia, non poteva sentirsi attratto da una ragazza come me.

Inoltre, quello non era il momento di sognare. Dovevo concentrarmi e aiutare Hil in quel momento difficile. Nonostante la loro complicata relazione, sapevo quanto lei amasse suo padre. Sì, suo padre l’aveva rinchiusa nel loro attico, non permettendo mai a Hil di avere una vita sociale al di fuori di me. Ma non era perché suo padre fosse un mostro. Avevano una vita pericolosa.

Suo padre non aveva torto; l’unica volta in cui Hil riuscì a fuggire dalla protezione della sua famiglia, finì per essere rapita da uno dei rivali di suo padre. Remy e il ragazzo di Hil, Cali, dovettero andare a salvarla. Il tizio sparò a Cali in cambio della liberazione di Hil. Cali se l’era cavata, ma comunque… Hil e Remy vivevano in un mondo pazzo e suo padre aveva dovuto proteggere Hil da tutto ciò.

Quindi, nonostante tutto, il padre di Hil era stato un padre molto migliore del mio. E ora il padre di Hil era scomparso. Il mio cuore si spezzava per lei.

Respirando profondamente, mi promisi di mettere da parte qualsiasi sentimento avessi per Remy e di concentrarmi ad essere lì per Hil nelle prossime settimane. E mentre il fremito che sentivo sempre pensando a Remy si placava, di nuovo presi il telefono.

Non sapevo perché fossi nervosa, ma mentre componevo il numero di Hil, il mio cuore batteva forte. Quando la chiamata si connesse, la voce di Hil era incerta.

“Ciao, Dillon.”

“Ciao, Hil… Ho appena saputo di tuo padre.”

Ci fu una leggera pausa. “Davvero? Come?”

“Me l’ha appena detto Remy,” dissi volendo tanto condividere quanto fosse stato magnifico lui nel farlo.

“Ah, capisco.”

“Mi dispiace tanto, Hil. Come stai?” dissi desiderando di poterla abbracciare attraverso il telefono.

“È così difficile accettare che se n’è andato.”

“Non riesco nemmeno a immaginare. Ma io sono qui per te, ok? Qualsiasi cosa tu abbia bisogno, ci sarò.”

Hil sospirò, la voce appena incrinata. “Lo apprezzo. Ho detto a Remy che voglio occuparmi del funerale.”

“Cavoli, è un bel lavoro.”

“Sì, ma ho detto a Cali che volevo farlo e lui mi ha detto che mi avrebbe aiutato. Quindi, mi affiderò a lui per la maggior parte delle cose.”

“È fantastico.”

“Sì,” disse, rimanendo poi in silenzio.

“Cosa c’è?”

“C’è qualcosa con cui potresti aiutarmi, però.”

“Certo! Qualsiasi cosa. Dimmi solo quando e dove.”

Il giorno successivo, Hil ed io ci trovammo in un negozio di urne. Non sapevo nemmeno che esistesse una cosa del genere, ma esiste e noi eravamo lì.

Quel posto emanava una sobria eleganza, con una luce soffusa che diffondeva un tepore caldo sui vasi lucidati e dipinti a mano. Essere lì a scegliere un’urna per l’ultimo riposo del padre di Hil, sembrava surreale. Non era solo per il significato della cosa, era anche per l’etichetta del prezzo.

Con tutto il rispetto, le urne sono solo dei vasi con dei coperchi. Come potevano costare ventiduemila dollari? Certo, erano in marmo adornato con filigrana d’oro… in ogni caso… Io potevo malapena permettermi l’autobus che avevo preso per arrivare lì.

Mentre vagavamo tra le file sfogliando la collezione di urne con diamanti, l’argomento della nostra conversazione passò da suo padre a Remy. Non fui io a cambiarlo. Ma non avrei di certo perso l’occasione di aggiungere materiale alla mia scatola dei ricordi… quando una cosa del genere sarebbe di nuovo diventata adatta… al pensiero del fratello della tua migliore amica.

“Penso di essere arrivata a fare pace con il fatto che a papà piacesse Remy più di me. Voglio dire, lo capisco. Ha la stessa necessità di mio padre di prendersi cura di tutti. L’ha sempre avuta fin da quando era un ragazzino.

“Ci sono stati momenti, quando stavamo crescendo, che lui mi faceva i peggiori dispetti da fratello maggiore. Ma se mi chiedessi chi pensavo che mi avrebbe protetto, nel caso fosse successo qualcosa di brutto, non avrei avuto dubbi: lui.”

Annuii, comprendendo quanto Remy significasse per Hil. “Ti è sempre stato vicino, vero?”

“Sì, ma allo stesso tempo, non posso fare a meno di preoccuparmi per lui.”

“Come mai?” chiesi, con pungente curiosità.

Hil sospirò, passandosi una mano tra i capelli. “Solo che non credo che sarà mai in grado di lasciarci alle spalle la nostra vita famigliare.”

“E per “la vostra vita famigliare” intendi l’attività della vostra famiglia?

“Sì. So che ha fatto un accordo che dovrebbe liberarci, ma non sono sicura che ci sia davvero una via d’uscita.”

“Tu ne sei uscita,” dissi riferendomi alla nuova vita di Hil in una piccola città con il suo ragazzo nel Tennessee.

“Lo sono, ma non sono mai stata parte di quel mondo. Mio padre una volta disse a me e a Remy che l’unico modo per lasciare la famiglia era in una borsa per cadaveri. Non credo che Remy potrebbe uscire se ci provasse.”

Aggrottai la fronte, non volendo credere a tutto ciò. “Penso che con la persona giusta al suo fianco, potrebbe decisamente lasciarsi indietro quella vita.”

Hil mi guardò di sguincio, la sua espressione era indecifrabile. “Dillon, stai parlando di te stessa?”

Esitai, rendendomi conto di ciò che aveva capito. “Beh, intendo dire, non solo io. Ma qualcuno che tenga a lui e voglia vederlo felice.”

Hil si mostrò a disagio, chiaramente non le piaceva l’idea. “Posso farti una domanda seria? Perché so che ti piace fare battute sulle cose.”

“Certo che puoi. Qual è?” 

“Pensi davvero che tu e Remy…”

Appena cominciò a dirlo, il mio viso si incendiò. Non ero sicura se fossi imbarazzata o semplicemente ferita, ma non potevo sopportare di sentire la fine di quello che stava per dire.   

“Voglio dire, perché no?” interruppi. “È così ridicolo pensare che potrei essere la ragazza per lui?”

“No, Dillon, non è questo.” Hil sospirò, la voce tesa. “Io credo che lui non vada bene per te. Sei la persona più fantastica che conosco. E se succedesse qualcosa tra voi due? Nel migliore dei casi ti trascinerebbe nel suo mondo folle.

“Dillon, ho passato tutta la mia vita a pianificare una fuga da quel posto. Potresti pentirti amaramente di stare con Remy.” Hil prese un’urna e la tenne tra noi. “O peggio,” disse con tristezza negli occhi.

Guardando l’urna, un brivido mi percorse la schiena. Ma nonostante quello che aveva detto Hil, non riuscivo a smettere di credere in Remy.  

“Hil, se mai dovesse succedere qualcosa tra me e Remy, lui mi proteggerebbe proprio come protegge te. Non hai detto tu che è quello che fa? Pensi che potrebbe smettere di proteggere le persone se ci provasse?”

Cercando di nuovo gli occhi di Hil, vidi la sua frustrazione. Mentre riprendevamo a sfogliare il catalogo, pensai che la conversazione fosse finita.

“Sai se a Remy piacciono le ragazze come noi?” Hil sbottò all’improvviso, più forte di quanto chiunque avrebbe dovuto in un negozio di urne.

Invece di rispondere, pensai a tutti i sguardi rubati e i gesti prolungati che avevano alimentato le mie fantasie nel corso degli anni.

“Ci sono stati momenti che mi hanno fatto pensare che potrebbe,” dissi candidamente.

Hil alzò un sopracciglio. “Aspetta, quando mai siete stati soli insieme?”

“Non è stato spesso,” ammisi, “ma è accaduto nel corso degli anni. E quando è successo, mi ha guardata in modo tutt’altro che indifferente.”

Hil sembrò ancora scettica, ma prima che potesse dire qualcosa di più, individuò un’urna che attirò la sua attenzione.

“Questa,” disse alzandone una che prometteva eleganza signorile. “Cosa ne pensi?”

“È magnifica. Penso che a tuo padre sarebbe piaciuta,” dissi sinceramente.  

“La prenderò,” disse con sicurezza. “E Dillon, per favore dimenticati di Remy. So com’è e quanto può essere affascinante, ma ti assicuro, il prezzo d pagare è alto. Non potrei sopportarlo se perdessi anche te.”

Guardandola, vidi il dolore nei suoi occhi. Tirandola tra le mie braccia dissi, “Ti voglio bene, Hil. Sarò vicino a te in ogni caso.” 

“Non sopporterei di perderti,” ripeté abbracciandomi.

Ma tenendo la mia migliore amica tra le braccia, presi una decisione. Per quanto amassi Hil, non potevo ignorare i miei sentimenti nei confronti di Remy. Dovevo almeno scoprire cosa provava Remy per me.  

Se non gli interessavo, meglio così. L’avrei accettato e sarei andata avanti. Ma se c’era una possibilità che provasse i miei stessi sentimenti, dovevo coglierla.  

Qualche mese fa Hil aveva rischiato, scappando dalla sua famiglia. Quel rischio l’aveva portata a trovare il ragazzo con cui passerà il resto della sua vita. Se Remy fosse quello giusto per me, dovevo saperlo. E l’avrei scoperto dopo il funerale.

 

 

Capitolo 4

Remy

 

Abbracciando con lo sguardo la sala conferenze elegantemente arredata dell’edificio in cui ero cresciuto, avevo notato la luce soffusa e i fiori eleganti che adornavano i tavoli. L’atmosfera era pesante per un mix di dolore e nostalgia, ma ancora si sentiva la celebrazione della vita, come doveva essere.  

Gardando gli ospiti, notai mia madre, sorprendentemente socievole nonostante il calmante. Se la stava cavando meglio del previsto. I miracoli della farmacologia moderna, giusto?

Dietro di lei c’era mia sorella, Hil, e il suo ragazzo, Cali. Vedere Cali mi portava sempre un sorriso sul volto. L’imponente giocatore di football universitario, incredibilmente timido. Questo rendeva divertente prenderlo in giro.

‘Vediamo, come lo potrei chiamare oggi?’ mi chiesi, camminando verso di loro. Hillbilly? No, l’ho chiamato così l’ultima volta. Redneck? Troppo usato. Inseguitore di trattori? Magnete da frigorifero? Amante della flanella? 

Avvicinandosi a mia sorella in lutto, le strinsi la spalla.

“Hai fatto un ottimo lavoro con la veglia, Hil. Davvero. Tutti sono impressionati. A papà sarebbe piaciuto.”

Prima che Hil potesse rispondere, mi girai verso Cali. “E in questa situazione, un ottimo lavoro significa che non ha messo una singola foto di cugini che si baciano da nessuna parte. So che per te è strano.”

“Remy!” protestò Hil.

“Cosa?” chiesi innocente. “Volevo solo assicurarmi che il tuo Principe Redneck potesse seguire la conversazione. Volevo solo essere inclusivo.”

Cali balbettò, volendo rispondere ma sapendo che non poteva per rispetto della situazione. L’espressione tormentata nei suoi occhi mi procurò un piacere infinito.

“Remy, non è divertente,” sbotto Hil.

Finsi di essere ferito. “Hil, stai urlando contro di me oggi? Qui? Siamo alla veglia funebre di nostro padre, Hil, sto pregando,” dissi sperando che il mio sorriso non fosse evidente.

Hil, a corto di parole, tacque abbastanza a lungo perché io potessi guardare alle sue spalle. Dietro di lei, in piedi da sola, c’era Dillon. Ci stava guardando. Quando i nostri occhi si incontrarono, sentii una morsa al cuore.

Mentre alzava il bicchiere alle labbra, distolse lo sguardo. Ma era troppo tardi. Ero preso. E per la prima volta da quando ci eravamo conosciuti, ero libero di ottenere ciò che volevo, e cioè frequentarla di più.

“Remy, tutto ciò che sto dicendo è…”

“…che non hai nessuna empatia per il mio dolore. Sì, sì, sì. Lo so, ma potremmo riprendere questo discorso più tardi. Ho degli ospiti dai cuori infranti da consolare,” dissi a mia sorella minore, sentendomi rinfrancato.

Attraversando la stanza verso la donna che desideravo da tanto tempo, mi resi conto che quello era il momento. Le avrei detto cosa provavo per lei. Sapevo di dover essere nervoso, ma non lo ero. La vita che avevo sognato e programmato per anni era a portata di mano. Non vedevo l’ora che iniziasse.

Avvicinandomi a Dillon, non potei fare a meno di sorridere.

“Grazie di essere qui,” dissi genuinamente.

“Certo,” rispose Dillon, gli occhi marroni morbidi e sinceri. “Se c’è qualcosa che posso fare per aiutare, fammi sapere.”

La mia mente vacillava sull’orlo di un pensiero inappropriato, ma mi dominai. “A dire il vero, c’è qualcosa che devo discutere con te.”

Dillon sembrò divertita. “È divertente perché anch’io volevo discutere di una cosa con te. Ma parla prima tu.”

“Veramente?” chiesi sorpreso. “In tal caso, ti prego, prendi la parola,” insistetti cortesemente.

“No, parla tu per primo. Io posso aspettare.”

“No, no. Credo che dovresti parlare tu per prima,” dissi mostrandole il tipo di fidanzato che sarei stato per lei.

“Remy, per favore,” disse toccandomi l’avambraccio.

Un’ondata di calore mi attraversò. Ora non potevo più resistere alla sua richiest.

“Hai ragione. Quello che ho da dire potrebbe influenzare quello che hai da dire tu, quindi dovrei parlare per primo.”

“Oh!” disse Dillon, presa di sorpresa. “Va bene,” concordò nervosa.

Mi raddrizzai, la serietà si rifletté sul mio volto. “Ho pensato a te… a noi. E… non so.”

Il suo colorito abbronzato divenne rosso intenso e posò le sue dita delicate sul mio petto. “Aspetta, prima che tu lo faccia, devo dirti una cosa.”

“No, davvero, voglio dire prima io.”

Dillon insistette: “Non farlo finché non dico quello che devo dire.”

“Oh, cavolo!”

“Non è niente di male. Te lo prometto,” mi rassicurò Dillon prima di notare che stavo guardando qualcosa alle sue spalle. “Cosa c’è?”

“Torno in un attimo e ti prometto che continueremo questa conversazione,” dissi, staccandomi da lei a malincuore.

Attraversando la stanza, mi diressi verso Armand Clément, il più grande rivale di mio padre e l’uomo con cui avevo fatto il mio accordo. In cambio della mia uscita dal mondo della mafia, avevo accettato di lasciargli gli affari illeciti di mio padre.

In cambio, avrei mantenuto le aziende che avevo creato da zero. In più, la sua organizzazione avrebbe offerto protezione alla mia famiglia. Lo avevo considerato un accordo vantaggioso per entrambi. Lui avrebbe ottenuto ciò per cui lui e mio padre avevano versato sangue, e io sarei stato libero di avere ciò che avevo costruito… e Dillon.

Io, mia madre e Hil, non gli avremmo dovuto più nulla. Non avremmo mai dovuto vederlo di nuovo.

Eppure, eccolo lì, affiancato dai suoi due sicari e da una splendida bionda abbastanza giovane da essere sua figlia. Contenendo il mio impulso di strangolarlo, mi avvicinai a lui fino ad essere abbastanza vicina da sentire il suo alito.

“Cosa ci fai qui, Armand?” chiesi senza concedergli spazio.

“Remy, sono qui per rendere omaggio a tuo padre,” rispose con un pizzico di sarcasmo.

“Cazzate. Se avessi voluto mostrare rispetto non avresti messo piede nel territorio di mio padre.”

“Ma questo non è più il territorio tuo padre. È mio. Tutto mio. Grazie a te.”

“E il nostro accordo era che tu ti saresti tirato indietro e ci avresti lasciato vivere le nostre vite.”

“No,” Armand corresse con un sorrisino. “Il nostro accordo era che ti avrei trattato come un membro della famiglia. Quindi, sono qui… per la famiglia.”

Guardai il suo volto compiaciuto desiderando massacrarlo di pugni. Non potevo, però, non lì, né in quel momento.

“Lascia perdere la merda e arriva al punto, Armand. Perché sei qui?”  

L’uomo dalle cicatrici sul viso, con una corporatura edificata sull’indulgenza, rilasciò un sorriso da serpente.

“Ecco perché mi piaci. Vai sempre dritto al punto. Va bene, ecco cosa c’è. Ho fatto qualche ricerca. Risulta che gli affari che ho permesso di lasciarti valgono un po’ più di quanto avessi immaginato. I miei conti dicono più di un miliardo.”

“Intendi gli affari che ho costruito da zero senza l’aiuto di mio padre?”

“No, intendo quelli che hai costruito sulle spalle dell’impero di tuo padre—un impero che ora è mio.”

“Non è andata così. Mio padre non ha avuto nulla a che fare con le mie società.” 

“Ma i suoi soldi sì. Soldi che sono usciti dal sangue del mio popolo, a mie spese.”

Strinsi le mani a pugno, lottando per mantenere la calma. “Armand, ti ho dato tutto il resto. Cosa vuoi di più?” esclamai. 

I suoi occhi brillavano di malizia. “In realtà, quello che voglio è farti un’offerta generosa. Non chiederò la quota delle tue aziende, come molti direbbero che merito. Ti darò invece un modo per garantire che nessun danno arriverà mai a coloro che ami.”

“E in che modo?”

“Unendo le nostre famiglie.” Fece un gesto verso la giovane donna che stava al suo fianco. “Voglio che tu sposi mia figlia, Eris.”

Lo guardai sorpreso, poi risi. “Dev’essere uno scherzo.”

Il viso di Armand si fece duro. “Non è un gioco, Remy. Sposa mia figlia e le nostre famiglie saranno collegate da più che semplici affari. Non offro questo accordo alla leggera. Rifiuta e lo prenderò come un grave insulto.”

Il mio sguardo passò da Armand alla bellissima donna accanto a lui, poi a Dillon, che osservava attentamente dall’altra parte della stanza. Sapevo cosa Armand stava suggerendo, ma non importava. Non potevo farlo. Non l’avrei fatto.

“Ascolta, apprezzo l’… offerta, ma non posso sposare tua figlia,” dissi.

Lui restrinse gli occhi. “Ti suggerisco di ripensarci, Remy. Non vorrai insultarmi. Soprattutto non su questo. Se lo farai, ci saranno… delle conseguenze.”

Sentendo la sua minaccia, il mio cuore iniziò a battere all’impazzata. Valutando rapidamente le mie opzioni, guardai di nuovo attorno alla stanza. Ero in una situazione impossibile. Non potevo mettere a rischio la sicurezza della mia famiglia, né potevo mettere in pericolo Dillon. Ma sposare Eris voleva dire rinunciare a qualsiasi possibilità di stare con Dillon, la donna che amavo.

Come potevo fare una cosa del genere? Non potevo farlo. Ma come potevo non farlo?

Le mani carnose di Armand afferrano il mio bicipite tirandomi da parte e riportandomi alla realtà. Stavo per dirgli di andare all’inferno e affrontare le conseguenze, quando abbassò la voce parlando da uomo a uomo.

“Vedo che sei in conflitto. Forse c’è un’altra persona con cui preferiresti stare?”

“Vieni al dunque,” insistetti, non intenzionato a discutere dei miei sentimenti con lui.

“Voglio dire, noi siamo uomini. E uomini come noi non possono essere contenuti. Non me lo aspetterei da te. Tutto ciò che mi aspetto da te è un matrimonio e un erede. Dopo di che, chi può dire cosa fai? Vivi la tua vita senza insultarmi e non mi importerà quello che combini.”

Guardai Armand basito. Mi stava proponendo di tradire sua figlia?

“Nella mia famiglia, è tradizione,” confermò, facendosi odiare ancora di più.

La mia mente correva, alimentata dall’ira e dalla impotenza. Considerai di rifiutarmi di nuovo quando vidi il suo scagnozzo e l’uomo a forma di botte tirò indietro la giacca rivelando la canna di una pistola. Armand era pronto per uno scontro. Non potevo permettere che ciò accadesse in una stanza piena di persone a me care… e Cali.

Mentre i miei pensieri correvano velocemente verso il panico, serrai i denti e dissi: “Va bene!” Mi uscì dalla bocca prima che sapessi cosa stessi dicendo.

“Cosa hai detto?”

La mia mascella si serrò dopo un momento di riflessione sulla situazione. Aveva ragione lui.

“Sposerò tua figlia,” gli dissi basito dalle parole che stavano uscendo dalla mia bocca.

Il sorriso di sufficienza di Armand tornò. Allontanandosi rapidamente da me, si rivolse ai presenti attirando la loro attenzione.

“Signore e signori, ho grande rispetto per l’uomo che siamo qui a onorare oggi. Potremmo aver avuto i nostri diverbi, ma il tempo dei disaccordi è finito.

“A tal proposito, vorrei annunciare una lieta notizia in questo giorno altrimenti triste. Si tratta del fidanzamento di mia figlia, Eris, con Remy Lyon, un’unione che porterà pace e prosperità per tutti. Che la nostra un tempo amara rivalità finisca qui e che le nostre grandi famiglie si uniscano ora in una.

“Facciamo un applauso ai novelli sposi,” comandò con un sorriso che gli spaziava da un orecchio all’altro.

Un applauso educato, ma confuso riempì la stanza. Lo stupore era impresso sul volto della mia famiglia. Era surreale. Cosa avevo fatto? La realtà della mia decisione non mi colpì fino a quando Dillon non mi guardò con occhi pieni di sgomento. La sua delusione e il suo dolore erano ineludibili.

L’eccitazione frizzante che avevo provato pensando di parlare con lei era sparita. Al suo posto, un vuoto doloroso e desolante. Avevo rinunciato alla possibilità di amarle. E per cosa?

Ma guardandola, mi resi conto che, dopo essere stato così vicino ad averla, non potevo semplicemente lasciarla andare. Anche se non potevo stare con lei, dovevo averla vicino a me. Sapevo di doverle offrire qualcosa.

“Dillon,” la chiamai, mentre si dirigeva verso il retro con l’aria di chi sta per piangere. Si fermò. Raggiungendola, le presi il braccio con la mano. Era così piccola. Tirandola a me, si rifiutò di guardarmi.

“Era questo quello che dovevi dirmi? Che avresti sposato quella donna?” sibilò, stretta nella gelosia. 

“No. Non era affatto quello.”

“Quindi non avresti detto niente a riguardo?” disse finalmente guardandomi negli occhi. 

“Non è quello che intendevo.”

“Cosa allora?”

Aveva ragione. Cosa le avrei detto? Dovevo dirle che avevo appena venduto la mia anima per la vita di tutti lì dentro? Era la verità. Ma non volevo nemmeno apparire un martire.

No, avevo avuto altre opzioni e avevo fatto la mia scelta. Ora dovevo conviverci. Ma questo non significava che avrei lasciato andare Dillon. Secondo Armand, non avrei dovuto nemmeno farlo. Anche se, la mia proposta di farla diventare la mia fidanzata probabilmente doveva cambiare.

“Pensi di poter lavorare per me? Avrei bisogno di qualcuno di fidato nella mia attività.”

Ella esitò, il suo sguardo fisso nel mio. Presa alla sprovvista, sembrò confusa.

“Remy, sai che sono ancora all’università, vero? Ho ancora almeno un anno prima di laurearmi.”

“Ma è quasi l’inizio delle vacanze estive, no? E quando ti laureerai, avrai bisogno di esperienza lavorativa. Quindi, a tal proposito, vorrei assumerti come mia…”

“…segretaria?” interruppe Dillon.

La guardai sorpreso dalla sua modesta supposizione. Avevo improvvisato l’idea sul momento, quindi in realtà non sapevo cosa le stavo per proporre. Ma era utile conoscere le sue aspettative.

“No,” risposi. “Come assistente. Mi aiuterai ogni giorno e sarò in grado di avvalermi della tua collaborazione ogni volta che ne avrò bisogno.”

“Sembra il lavoro di una segretaria,” insistette Dillon.

Scossi la testa, “Non lo è.”

“Dovrei sedere a una scrivania fuori dal tuo ufficio?”

L’idea di poter alzare lo sguardo in qualsiasi momento e vederla me lo fece immediatamente desiderare oltremisura.

“Sicuramente. Quella parte non è negoziabile.”

“Quindi una segretaria,” concluse lei, senza dare a vedere come si sentisse riguardo all’idea.

“Chiamala come vuoi. L’unica cosa che conta per me è, accetti o no?”

 

 

Capitolo 5  

Dillon

 

Ero seduta nel caffè elegante di Soho, strofinando le mie mai sudate contro i jeans, aspettando Hil. Il mio cuore batteva veloce, chiedendomi cosa avrebbe detto riguardo al fatto che avessi accettato la proposta di lavoro di Remy. Aveva ragione sul fatto che Remy non avrebbe lasciato il mondo della mafia. E ora ci stavo entrando anch’io di mia spontanea volontà.

Quel caffè era un mix di moderno e vintage, con pareti in mattoni a vista, sedili in pelle liscia e un’atmosfera calda e invitante. Era un luogo che frequentavamo da ragazzi. Molti dei nostri pomeriggi estivi li abbiamo trascorsi lì a sorseggiare caffè, immaginandoci più adulti di quanto non fossimo con la guardia del corpo di Hil seduta a qualche tavolo di distanza.

Vidi lo stesso ricordo negli occhi di Hil quando entrò. Le regalai un sorriso nervoso quando il suo sguardo si posò su di me, e lei si fece strada verso il mio tavolo.

“Ho scelto questo posto perché pensavo che ti facesse tornare in mente alcuni ricordi,” le dissi quando si sedette.

Hil guardò in giro, osservando l’ambiente familiare.  

“Se non fosse per te, non saprei nulla su New York,” ammise. “Venivamo qui fingendo di essere adulte. Ora io vivo con il mio ragazzo e tu sei a un anno dalla laurea. È strano.”

“Sì. Strano,” dissi con un riso, la nostalgia mi riscaldava nonostante la mia ansia.

Respirando profondamente, assorbii l’ultima traccia della nostra vecchia dinamica e dissi, “Hil, Remy mi ha offerto un lavoro.”

La sua espressione rimase indecifrabile. “Non dovresti accettare, Dillon,” disse con fermezza.

Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Guardando in grembo, mormorai, “Va bene.”

Una lacrima scivolò giù per la mia guancia, e la mano di Hil si avvicinò per confortarmi.

“Perché stai piangendo?” chiese dolcemente.

Esitai, incrociando il suo sguardo. “Perché pensi che non sia abbastanza brava per la tua famiglia?”

Hil sospirò, i suoi occhi si riempirono di preoccupazione.

“Non è per niente così, Dillon. Non è per niente così. Per tutta la mia vita, mi sono sentita intrappolata nella folle vita della mia famiglia. Non voglio che tu ti unisca a me in questa cella.” Fece una pausa, rimuginando. “Non sai cosa significhi crescere in quella gabbia di attico, dove l’unico amico che ho m’ha presa in amicizia per pietà.”

Scossi la testa, negando la sua affermazione. “Non è per questo che siamo amiche, Hil. Siamo amiche perché ti voglio bene.” La mia voce tremò mentre continuavo, “E sono davvero stanca che la tua famiglia mi faccia l’elemosina. Ne sono grata. Non pensare che non lo sia. Ma voglio andare avanti con le mie gambe.

“Se accettassi l’offerta di Remy, forse potrei farlo. E forse se mi guadagnassi il mio posto, potrei invitarti fuori invece di dipendere sempre dalla tua generosità.”

Avendo sentito ciò che dicevo, Hil si asciugò gli occhi, tremando.

“Non voglio che tu ti coinvolga con Remy, Dillon. E non perché non sei abbastanza brava per la nostra famiglia. Ti considero già come una sorella.”

“Allora, non capisco. Perché non vuoi che stiamo insieme?”

“Perché ho bisogno di te, Dillon. E so che se ti coinvolgessi con lui, farebbe qualcosa che ti porterebbe a farti soffrire. Se dovesse succedere, ti renderai conto che sei troppo buona per gente come noi, e poi… non vorrai più essere amica mia,” ammise mentre le lacrime continuavano a scorrere.

“So che è egoista, ma non potrei sopportare di essere di nuovo sola, Dillon,” aggiunse Hil, la voce incrinata. “E tu sei tutto quello che ho. Non voglio perderti.”

Tesi la mano e strinsi la sua. “Hil, nulla potrà mai rompere la nostra amicizia. E non sarai mai più sola. Non solo hai Cali, ma io non andrò da nessuna parte. Te lo prometto.”

Hil sorrise tra le lacrime, annuendo. “Sono così fortunata ad avere voi due. Ma per favore, promettimi che non ti coinvolgerai con Remy. Farò qualsiasi cosa. Se hai bisogno di più soldi, posso far aumentare la tua borsa di studio.”

Scossi la testa. “Non voglio quello, Hil. Voglio iniziare a guadagnare i miei soldi. E voglio accettare l’offerta di lavoro di Remy con la tua benedizione.”

Hil esitò per un momento, poi alla fine cedette. “Va bene, Dillon. Hai la mia benedizione. Ma promettimi una cosa: non cedere al fascino di mio fratello.”

Sorrisi. “Lo prometto.”

“Grazie,” disse abbracciandomi.

Tenendola stretta, mi guardai attorno al locale in cui una volta avevamo finto di essere adulte e mi domandai se avessi fatto una promessa che potevo mantenere.

Una settimana dopo aver accettato l’offerta di lavoro di Remy, entrai nel suo elegante palazzo di Brooklyn per il mio primo giorno lavoro. Non sapevo cosa aspettarmi, ma quando Remy uscì dal suo ufficio per salutarmi, il mio reggiseno di pizzo non riuscì a nascondere la mia eccitazione.

L’abbagliante figura di Remy, alto quasi due metri e con un fisico muscoloso, riempiva una camicia bianca come se fosse stata dipinta su di lui. E con le maniche arrotolate, i suoi tatuaggi sugli avambracci erano ben visibili. Riuscii a malapena a parlare, sentendo un’ondata di desiderio che mi travolgeva. Era come se avessi di nuovo quattordici anni.

“Dillon, sono molto felice di averti finalmente…”

“… qui?” balbettai.

“Dove preferisci,” rispose con un sorriso e abbastanza accennato da farmi cadere in ginocchio. “Ora, il primo punto della nostra agenda, vieni con me,” disse rapidamente passando a un tono serio.

“Dove stiamo andando?” chiesi, la mia voce suonava debole poiché a malapena avevo avuto il tempo di posare le mie cose.

“Facciamo una riunione a piedi. Suona professionale, giusto? Sì, facciamo una riunione professionale a piedi,” disse, guidandomi fuori.

“Dovrò prendere appunti?” risposi raggiungendo il mio telefono e cercando un barlume di professionalità.

Mentre lo tiravo fuori e navigavo alla mia app di appunti, guardò il mio antico dispositivo e sospirò.

“No, proprio no. La prima cosa nella tua lista, procurati un nuovo telefono. Diciamo che sarà un telefono aziendale, ma è tuo. Prendi quello che preferisci,” disse con autorevolezza.

“Va bene,” risposi, sorpresa della sua generosità.

“La prossima cosa in agenda, c’è una crêperie giapponese non lontano che muoio dal desiderio di farti provare,” affermò Remy.

“L’hai pensato per me?” chiesi, cercando di mantenere la calma nonostante a malapena riuscissi a vedere dritta.

“Sì. Ho mangiato lì in Giappone, poi di nuovo a Taipei. Quando ho scoperto un locale proprio qui vicino, ho pensato: ‘sai chi adorerebbe questo posto? Dillon. Dillon ne andrebbe matta.’ E ora eccoti qui.”

“Eri sicuro che mi sarebbe piaciuto?” chiesi, sopraffatta dal suo fascino contagioso.

“E ora eccoti qui,” ripeté.

“E ora eccomi qui,” confermai, cercando di concentrarmi su qualcosa che non fosse il modo in cui la camicia di Remy aderiva ai suoi muscoli.

Avvicinandomi al locale, notai una lunga fila che si snodava fuori dalla porta. Remy sorrise malizioso, tirando fuori il suo telefono.

“Hanno un’app?” osservai, alzando un sopracciglio.

“Non ce l’avevano,” confessò Remy. “Ma poi ho provato una delle loro crepes, ho comprato l’azienda e poi ho creato loro un’app.”

Ridacchiai. “E c’è ancora la fila.”

“L’app è ancora in versione beta. Volevo testarla a fondo prima di metterla a disposizione del pubblico,” spiegò con un sorriso maligno.

“Quindi è la tua app personale per avere le crepes giapponesi quando vuoi?” chiesi, il cuore in tumulto per l’intensità del suo sguardo.

Remy sorrise malizioso. “Devi vederli preparare. È molto bello.”

Mentre guardavamo l’impasto delle crepes che veniva spalmato e girato su una piastra circolare calda, ne rimasi affascinata. Una volta cotta, ci venivano disposte sopra delle banane a fette e arrotolate. Riempita di gelato e cosparsa di panna montata, veniva bruciata con un cannello fino a diventare una crème brûlé. Sembrava una cosa fantastica! Ma nulla avrebbe potuto prepararmi al mio primo morso.

“Mio Dio!” esclamai, i miei occhi minacciavano di saltare fuori dalle orbite.

“Vero? Miglior milione che abbia mai speso,” disse Remy con un sorriso soddisfatto.

Tossii, sentendo quella cifra. Ma poi presi un altro morso.

“Sì, probabilmente,” concordai mentre continuavo a mangiare.

Seduta a un tavolo per due di fronte all’uomo di cui ero innamorata da tutta la vita e a mangiare il dessert più incredibile che avessi mai assaggiato, mi sentivo in paradiso. Volevo che quel momento non finisse mai. Quando finì e rimasi a immergermi dentro e fuori dalle pozze dei suoi occhi, tirai fuori ciò che era ovvio.

“Allora, sono qui. Mi hai. Puoi fare di me quello che vuoi. Qual è il mio lavoro? E se dici tester per l’app delle crepes giapponesi, sappi che farò la prova del nove a quella cosa.”

Remy rise. “Se è quello il tuo sogno, vai avanti. Personalmente, finché ti presenti ogni giorno bellissima come sei, non mi importa cosa fai. E, tra l’altro, stai facendo un ottimo lavoro fino ad ora.”

Roteai gli occhi giocosa nascondendo che la combinazione di reggiseno/camicetta aveva perso un altro round contro i miei capezzoli. Ma alla fine, quando fui in grado di alzarmi di nuovo, ci alzammo e tornammo in ufficio.

“Allora, di cosa si occupa effettivamente la tua attività?” chiesi mentre il sangue ritornava lentamente al mio cervello.

“Durante l’ultima crisi economica, molte aziende erano a corto di liquidità. Ho fornito loro il capitale per sostenere le spese in cambio di una quota nell’azienda e tassi di interesse generosi.”

“Aspetta, sei un usuraio?” esclamai all’improvviso.

Remy scoppiò a ridere. “Quando sei ricco, si chiama essere un investitore di Serie C.”

Ci avvicinammo alla porta dell’ufficio e entrammo. “La ‘C’ sta per cazzuto? Perché è quello che sono gli usurai,” scherzai.

“Ufficialmente, no. Ma siamo realisti. A volte un po’ di cazzutaggine è quello che alcune persone cercano,” rispose Remy, sorridendo malizioso.

Arrossii. “Non so nulla di tutto ciò.”

“Sei più familiare con i cazzuti grossi? Non avrei mai immaginato una cosa del genere su di te. Ma stai tranquilla, signorina Harris, la mia azienda può darti una mano.”

Sapendo che stavo arrossendo come un peperone, passai lentamente la mano sulla parte anteriore della mia camicetta, chiedendomi quanto si notasse. Ma sentendo qualcuno schiarirsi la voce, alzammo entrambi lo sguardo. Vedendo chi stava davanti a noi. Io rimasi paralizzata dal panico.

 

 

Capitolo 6

Remy

 

Vedere Eris Clément nella sala d’attesa del mio ufficio mi strappò dal sogno che mi ero brevemente concesso e mi riportò alla realtà. La principessina viziata di Armand era seduta con posa elegante sulla mia chaise longue di Le Corbusier con i suoi boccoli biondi perfetti e gli occhi azzurro ghiaccio che esprimevano chiaramente il suo disgusto per qualsiasi cosa le ostacolasse la strada.

Istintivamente, mi voltai verso Dillon al mio fianco. Era chiaramente turbata. 

“Cosa fai qui?” chiesi, infastidito.

Eris offrì un sorriso malizioso. “Non può una ragazza fare una semplice visita al suo futuro marito sul lavoro?” chiese, facendo rabbrividire ogni singolo pelo del mio braccio. Mentre digrignavo i denti, aggiunse: “Ti ho portato un regalo di fidanzamento, Silly.”

“Cosa?” chiesi, spiazzato dal suo gesto. Cosa stava facendo?

“Le cose tra noi possono non essere iniziate come entrambi avremmo voluto, ma possiamo comunque sfruttare al meglio la situazione, giusto?” indicò una scatoletta sul tavolo. “Aprila.”

Esitai ancora cercando la reazione di Dillon. Era tanto confusa quanto me. Tornando alla scatola azzurra pallida col nastro bianco, la raccolsi e la fissai.”

“Non è una bomba, Remy. Sono seduta qui con te,” disse sarcastica.

Volendo terminare quello scambio, tirai indietro il nastro e sollevai il coperchio. Dentro c’era un orologio che mi tolse il fiato.

“Come sapevi che colleziono orologi?” balbettai, guardando Eris.

“Remy, sei un uomo di classe e gusto. Era ovvio che collezionassi orologi,” rispose lui con un sorriso compiaciuto.

Dillon si avvicinò, la curiosità ebbe la meglio su di lei. “Cos’è?”

“È un Richard Mille RM 56-02 Tourbillon Sapphire. È un orologio molto raro,” dissi cercando di ricordare l’ultima volta che ne vidi uno dal vivo.

Dillon si chinò per dare uno sguardo più da vicino. ” È trasparente, è come se le parti che trattengono le lancette fluttuassero tra i vetri. È stupendo,” ammise lei.

Guardai lei, poi tornai su Eris. “Sì, è stupendo per due milioni di dollari,” dissi, lottando per trovare le parole giuste. “Non posso accettarlo. È troppo.”

Eris incrociò le braccia. “Sarò tua moglie, Remy. Niente è troppo per il mio futuro marito.”

Vedendo l’espressione scossa di Dillon, mi ripresi. “Sì, lo cercavo,” dissi casualmente.

Gli occhi di Eris brillarono quando chiese, “Posso mettertelo?”

Combattendo l’impulso di rifiutarla, cedetti mentre lei infilava l’orologio al mio polso. Ancora sopraffatto da quello che stavo guardando, dissi, “Eris, non so come ringraziarti.”

“Io sì,” rispose lei con un sorriso malizioso. “Non toglierlo mai.”

Scherzosamente, risposi, “Non sono sicuro di volerlo.”

“E… licenziala,” continuò Eris, annuendo verso Dillon.

“Cosa?” chiesi, di nuovo colto alla sprovvista.

“Credo che tu mi abbia sentita,” disse lei compiaciuta.

“Non posso,” dichiarai, lanciando uno sguardo a Dillon, che sembrava in stato di shock.

Eris sbeffeggiò. “Perché no? Le segretarie si trovano a dozzine, non è vero? Ed è un modo così facile per rendere felice tua futura moglie.”

La guardai sentendo un fuoco che avrebbe potuto fondere l’acciaio. “Dillon non è la mia segretaria,” dissi cercando di non esplodere.