PRIGIONIERI DEL PROPRIO POTERE: L’ANTOLOGIA

Allevata per l’erede del Miliardario

 

Il cuore di Jasmine si mise a correre, quando dette uno sguardo al bar. Lui era di nuovo lì. Nelle ultime tre serate, quell’uomo invidiabilmente abbronzato, con i capelli scoloriti dal sole perfettamente acconciati e le magliette bianche personalizzate, sedeva al tavolo più vicino ai moli. Ma, a differenza di tutte le altre serate in cui fissava il passaggio dei natanti sull’indistinto mare blu, stavolta fissava direttamente lei.

L’eccitazione permessa dalla giovinezza ed inesperienza di Jasmine quasi ebbe il sopravvento su di lei. Riusciva a sentire il proprio volto dal colorito olivastro brillare nelle tonalità del rosa. Alle 20, era appena arrivata nel bar e già stava attirando l’attenzione dell’uomo più attraente e misterioso del luogo. Strinse le ginocchia, godendosi il calore dei fianchi mentre le scaldava le labbra.

Non riuscendo a voltarsi da qualche altra parte, Jasmine si trovò persa nei suoi occhi. Pur così distanti, quegli occhi grigio-acciaio la affascinavano. E proprio come l’incantatore con il cobra, ognuno dei suoi movimenti ne provocava un altro da parte sua. Non si era mai sentita così controllata in vita sua. Ci volle tutto la sua miglior volontà per staccarsi e alzarsi dal tavolo.

Guardando indietro di sottecchi quell’uomo mentre si affrettava, si diresse verso il bagno. Doveva andare via. Era troppo per lei. Le sensazioni che ribollivano dentro di lei, minacciavano di spazzarla via, lasciando indietro nulla della vergine delicata che era. Distraendo nuovamente lo sguardo da lui per l’ultima volta, spinse sulle curve della porta del bagno ricoperta di bambù. Con la porta del bagno che si chiuse alle sue spalle, l’aria le ritornò nei polmoni. Il petto in rapida alterazione, era bagnata fradicia da un velo umido di lussuria che la dava la sensazione di irradiare luce, proprio come un faro.

Fissando lo specchio sopra il lavandino non fu in grado di riconoscere la ragazza che le restituiva lo sguardo. Erano sparite sia la coda di cavallo fanciullesca, che l’innocenza della faccia pulita. Era sgattaiolata fuori della sua stanza d’albergo, con il trucco in viso e il suo prendisole più attraente. Sapeva che questo mutamento era dovuto tutto a quell’estraneo e ora che aveva ottenuto da lui assai di più di quello che poteva immaginarsi, era perduta.

‘Dovrei andare,’ pensò. ‘I miei genitori si staranno probabilmente chiedendo dove mi trovo.’

I suoi pensieri erano una scusa e lei lo sapeva. Né i suoi genitori, né suo fratello, sorvegliavano i suoi movimenti. Non avevano nemmeno notato che era stata fuori fino alle ore piccole, la notte precedente. No, la verità era che il potere che quell’estraneo aveva su di lei la terrorizzava. Prima d’ora, non si era mai sentita così attratta da un uomo.

I fianchi di Jasmine avevano appena iniziato il dolce rollio che facevano quando lei stava per cambiare direzione, quando dovettero arrestarsi. La porta del bagno si era spalancata di botto e con gli occhi ben fissi su Jasmine, quello scuro straniero camminò a gran passo verso di lei, ignorando la presenza di altre persone.

Jasmine s’afflosciò, avendo l’estraneo così vicino. Era alto e massiccio, e con lui quasi torreggiante su di lei, riuscì ad odorare il mare. Ancora con il corpo rivolto in direzione dello specchio, sentì le sue grandi mani robuste passare sul suo corpo, scivolare sul suo piccolo busto, fino ad afferrarle il seno. Le scintille che si sparsero lungo tutto il suo essere le indebolivano le ginocchia.

Con l’altra mano dello straniero artigliata sulla sua gamba sinistra, il capo di Jasmine ricadde all’indietro. Voleva essere baciata. I ragazzi l’avevano baciata anche prima, ma nessuno di loro l’aveva fatta sentire così. Voleva essere baciata da un uomo. Muovendo le labbra sempre più vicine alle sue, lottava per respirare nell’attesa.

Quando le loro labbra infine si unirono, lei sapeva che era sua. Erano forte e calde, e quando le sue labbra forzarono la sua bocca ad aprirsi, lei divenne un’argilla duttile sospinta e strattonata dalla sua lingua, come se lei non avesse altra volontà che non fosse quella di lui.

Un’onda di piacere si sollevò e si infranse in lei con un gemito quando, con sua sorpresa, quell’estraneo dal fisico scolpito sollevò con una mano la sua gonna, scostando la sua frivola, soffice, biancheria intima. Nessun ragazzo sarebbe mai stato così diretto con lei. Si trovava in un nuovo territorio, e le piaceva. Adesso, con la lingua che le riempiva la bocca e la mano che le impastava il seno, le sue dita cercavano il dolce promontorio che le teneva il sesso. E quando lui lo trovò, la sensazione si trascinò fino ai suoi piedi.

Tutto il corpo di Jasmine si avvinghiò attorno allo straniero. Con ambedue i piedi che si sollevavano dal suolo, lei si incurvò all’indietro attorno a lui, come una piovra che si prepari a divorare la preda. Le braccia si avvolsero sul retro del suo collo e quando lo raggiunse, si distese sopra di lui come una seconda pelle, il cui centro era il nocciolo sensibile che ondeggiava avanti e indietro al suo tocco.

“Oddio,” gemette provando una forza mai provata prima. “Oddio!” gemette con maggior voce, afferrandosi stretta al suo corpo perfetto.

Il corpo di Jasmine si scuoteva e raggelava proprio allo stesso tempo. Le sue dita dei piedi, quelle delle mani e la lingua erano tutti avvinghiate a quello che potevano trovare. Ma lei, all’interno, era tutta scossa. Si misero a mormorare. E con un brusco impulso, che lei aveva potuto leggere soltanto nei racconti, i suoi reni lasciarono fluire un fiotto di sensazioni, che le resero l’anima adoperabile solamente per comprendere e per divorare il piacere. Jasmine sentì la mente allontanarsi dal corpo, per un attimo, e quando si riprese, sentì nuovamente i piedi toccare terra e le mani scivolare dal suo uomo e colpire  i fianchi prive di vita.

Con gli occhi chiusi, esaminò il suo corpo. Il calore delle mani robuste dell’uomo la fece desiderare di attrarlo dentro di sé. Voleva poggiare le mani su di lui per sentirlo di più, ma ancora incapace di muoversi, chiuse invece le gambe, sentendo quando più poteva le sue dita immobili su di lei.

Jasmine, intuendo di dover aprire gli occhi, alzò lo sguardo verso lo specchio scoprendo i suoi occhi d’acciaio su di sé. Mentre la fissava, aveva di certo un piano e lei ne era sicura. Quando lui liberò le sue labbra congestionate, facendo in modo che stesse in piedi da sola, iniziò a comprendere quale fosse. La sporgenza, che era tenuta premuta contro il suo sedere poco coperto, era la sua. E con il suo rapido allontanarsi e il suono della cerniera dei suoi jeans logori che si abbassava, sapeva cosa sarebbe successo dopo.

Jasmine di nuovo si congelò, stavolta per paura. Lei non temeva né lui né la perdita della sua innocenza. Quello che temeva era che sarebbe capitato proprio qui. Non aveva aspettato per così tanto tempo e respinto tutti quei ragazzi molesti, per regalare la sua verginità appoggiata ad un lavandino in un bar delle Bahamas. No, aveva sognato molto di più. Non aveva la saldezza d’animo per fermare l’uomo che poteva essere quello più bello che avesse mai visto, ma voleva che la smettesse.

La volontà fu sufficiente. Bastò fissare gli occhi del misericordioso straniero, perché lui si fermasse. Il cuore di Jasmine si restrinse, pensando che la loro esperienza potesse esser giunta al termine. Pregò che così non fosse.

‘Non qui,’ pensò riguardando i cubicoli aperti e la pittura screpolata dei muri. ‘Ovunque, ma non qui.’

Lo straniero, intuendo le sue sensazioni, la lasciò andare completamente. Per Jasmine, sembrò come se il cuore le fosse fatto a pezzi. La perdita, provocata dal distacco di lui, la paralizzò e lei avrebbe fatto qualsiasi cosa avesse potuto fare, per risentirlo di nuovo.

Senza tanti complimenti, l’uomo si tirò su la cerniera dei pantaloni, guardò Jasmine ancora una volta e poi uscì dal bagno. Non volendo che lui la lasciasse in questo modo, lo seguì. Rientrando nello spazio collettivo del bar all’aperto, non le importava che li vedessero. Sì, entrambi erano appena usciti dal bagno delle donne insieme, ma lei si trovava in un paese che non avrebbe mai visitato di nuovo. Per questo motivo, e per la prima volta, a lei non importava di quello che pensava chi l’avesse vista. Questo era ciò che lo straniero dagli occhi grigi le aveva fatto, e a lei era piaciuto.

Quando l’uomo la condusse fuori, oltre i tavoli, si mise a pensare che la bevanda non era ancora stata pagata e non gliene importò molto. Un passo dietro di lui, la condusse sulle tavole di legno spesso del molo, serpeggianti attraverso un labirinto di ricchezza e  stravagante privilegio.

Quello che l’aveva attirata verso il bar, tre notti fa, erano stati i battelli. Non aveva mai visto barche così grandi prima. C’erano barche a vela  da 15 metri e navi da crociera da 22 metri che erano tutte oltre la sua immaginazione, ma la nave che l’aveva davvero colpita, era quella verso cui lo straniero sembrava diretto senza esitazioni.

Facendo un passo sulla rampa inclinata, erano lì. Era una nave da crociera privata da 50 metri che galleggiava quasi come sfondo per tutte le altre barche. Era la nave che doveva costare più di tutte le case, sulla sua strada nei sobborghi di una media borghesia, messi insieme. Era lo yacht più stravagante che avesse mai visto, e lei stava per salirvi a bordo.

Facendo un passo sul ponte, Jasmine si guardò intorno. Era perfettamente pulito. Anche alla luce della luna, vide che le sedie a sdraio erano costituite da un  legno lucido dall’aspetto costoso, e gli asciugamani piegati, distesi accanto a loro, erano stati collocati con precisione. Alzando lo sguardo, notò che c’erano due rampe sopra di lei, e lei poteva solo indovinare il numero di livelli al di sotto.

‘Questo non può essere tutto suo,’ rimuginò Jasmine. ‘Non può avere più di 35 anni. Come poteva una persona, così giovane e bellissima, essere pure così ricco?’

Per la prima volta, lo straniero si fermò e la guardò. Jasmine provò ancora la sensazione di come lo straniero la spogliasse con gli occhi. Le piaceva e ne voleva di più. Voleva che lui la prendesse tra le braccia e le facesse a brandelli i vestiti con i denti. Le attraversavano la mente pensieri che non aveva nemmeno preso in considerazione prima. Voleva sentire il ritmo sensuale del suo battito cardiaco. Voleva sottomettersi a lui in qualsiasi modo.

Come il colpo secco di un serpente, l’uomo tese la mano afferrando il collo di Jasmine. Sobbalzò per la sua rapidità. E, a malapena in grado di recuperare l’equilibrio, trovò il suo corpo premuto contro il suo, con il suo prendisole velato che veniva fatto scorrere rapidamente sopra la sua testa.

‘Sono nuda,’ pensò, attraverso baci mozzafiato che la facevano girare la testa. ‘Chi può vedermi?’ Si chiese. ‘Chi mi sta guardando?’.

Con il vestito gettato da un lato, i seni sfiorarono la seta liscia della camicia dello sconosciuto. Era proprio meraviglioso, ma quello che sentiva ancora più acutamente erano gli avallamenti e le curve di quello che doveva essere un magnifico corpo nascosto sotto. Voleva di più da lui. Aveva sognato che il suo primo momento di puro desiderio fosse qualcosa che prendesse il sopravvento sulla rivelazione individuale. Prima lei, pensò, poi quell’uomo fortunato; poi di nuovo proseguendo con lui, fino a quando non fossero stati completamente nudi.

“Tu,” sussurrò sperando che lui ascoltasse e capisse.

Sembrava di sì, perché il passo successivo fu che lui si tolse la camicia. E prima ancora che cadesse a terra, le sue  mani attraversarono la sua schiena ondeggiando allo stesso modo con cui un gatto attacca. Lei lo voleva, e ora non le importava chi l’avesse vista, o che cosa doveva fare per prenderlo.

Levata la sua maglietta, lui spinse immediatamente Jasmine a distanza. Lei non riusciva a fermarsi, ma non appena ebbe raggiunto la sua massima distanza da lui, si riavvicinò subito. Sbattendo contro la sua mano, gli afferrò i capelli e cadde definitivamente a pezzi, mentre lui si buttava in ginocchio ai suoi piedi, afferrava saldamente le sue mutandine e le strappava via. Cadendo, non toccarono mai la sua pelle. Giacendo come uno straccio sul ponte, non avrebbero mai potuto essere indossate di nuovo. Non le poteva importare di meno, però, perché questo era quello che aveva sognato. E nuda all’aria umida dell’oceano, questo era quello che aveva ottenuto.

Sempre in ginocchio, l’uomo misterioso non si alzava. Invece, fece perdere un battito al cuore di Jasmine attraverso una strana sensazione priva di freni. L’uomo misterioso spinse la sua ruvida, liscia, lingua sul suo nocciolo gonfio, e la pressione le fece traballare le ginocchia. Come potesse sopportare un altro trattamento come questo, non sapeva.

In un’esplosione di emozioni, Jasmine scoppiò in lacrime. In un primo momento, non capiva se era felice o triste. Ma quando lui fece una mezza marcia indietro, chiedendosi cosa stava succedendo, lei lo seppe immediatamente. Forzò ancora la testa nelle sue pieghe gonfie, il dolore della ritirata era stato troppo elevato.

“Per favore”, sussurrò. “Per favore!”

L’avesse sentita o meno, gliene dette ancora di più. Scuotendo la testa selvaggiamente, la dolce rugosità della sua lingua sulla sua parte più sensibile le scatenava il suo lato selvaggio.

“Ohhh!” Urlò, senza curarsi che potessero sentirla persino gli avventori del bar. “Ohhh siiii!”

Premendole la testa in grembo, con tutta la forza che poteva mettere assieme, lei si avvicinò cercando di spingerlo dentro di lei. Voleva che la sua lingua solleticasse non solo il suo roseo cardo, ma anche la carne al suo interno. E con sempre maggior pressione che le torceva il corpo a sinistra e a destra, nel doloroso piacere, si lasciò andare e urlò, sentendo un palpito che pulsava e doleva e le strappava ogni centimetro del corpo.

Incapace di andare avanti, Jasmine crollò. Contraendosi e piagnucolando in modo incontrollabile, cadde sull’uomo che la fece rotolare tra le sue braccia e tirò a sé il suo corpo tremante. Non riusciva a pensare, mentre lui la stringeva. Avrebbe voluto trattenerlo, ma non riusciva a controllare le sue braccia. Voleva mostrare il suo apprezzamento per lui, ma tutto quello che poteva fare era guardarlo con gli occhi sbarrati, mentre si contorceva in modo incontrollabile.

Incerta su dove stava andando, le visuali dai ponti si affastellavano in lei. Presto furono dentro e il legno tirato a lucido  delle sedie a sdraio continuava giù per i corridoi e poi per le scale. Spingendola in quella che sembrava la cabina dell’armatore, pose Jasmine sul letto, dove si scoprì nuovamente a cercare di fermare le contrazioni. Chiudendo gli occhi, fece del suo meglio per pensare a qualcosa d’altro, ma quelli continuavano. Non riuscendo nemmeno ad appallottolarsi, saltò e si dimenò fino alla fine, finché, dopo un bel po’ di tempo, il suo corpo esausto si fermò e si addormentò tranquillamente.

Quando Jasmine si svegliò, vi fu un bussare alla porta.

“Signorina Cameron, siete sveglia?” Chiese una voce, sorprendendola.

Guardandosi intorno nella stanza, non era sicura di dove si trovasse. Niente sembrava familiare. Non era certamente la sua camera da letto, a casa, e non era l’albergo. Era l’odore che le tornava alla mente. Era un odore di bosco. Avrebbe potuto essere in rovere o in acero, ma qualsiasi cosa fosse le rammentava le belle sedie a sdraio. Si trovava sullo yacht dello straniero misterioso. Guardando in basso per avere una conferma, vide che era nuda, in effetti.

“Signorina Cameron, siete sveglia?”  ripeté la voce.

“Sì”, rispose Jasmine. “Non entrare”

Non poteva esserne certa, ma non aveva lo stesso suono della voce di quell’uomo, trascinato dal mare, che l’aveva portata a raggiungere l’orgasmo due volte.

“Non mi sognerei mai di farlo. Volevo solo farle sapere che le ho lasciato dei vestiti nell’armadio e che la colazione è servita. “

Jasmine rivolse la sua attenzione al resto della stanza. Tutto in quella camera era, o del colore del chiaro legno lucido, un colore crema come le lenzuola e il lavello, o dorato come gli infissi. Era una camera signorile, e certamente di proprietà di un uomo estremamente ricco.

“Va bene, grazie,”  rispose alla fine Jasmine, prima di sentire i passi che si allontanavano.

Tenendo le lenzuola sollevate fino al seno nudo, si chiese per quanto tempo era stata addormentata. L’uomo aveva nominato la colazione, quindi, certamente, lo era stata per tutta la notte. Volgendo lo sguardo alle finestre scoprì la luce esterna e, pensando subito dopo alla sua famiglia, seppe che se ne doveva andare.

Individuando l’armadio, si alzò dal letto, con il lenzuolo ancora avvolto intorno a lei. Aprendo la porta a specchio, lo scoprì pieno di vestiti. Scorrendo attraverso quelli, si trovò di fronte ad una varietà di opzioni, nessuna di quelle a lei accomunabile. Dopo averne scelto uno, andò quindi in cerca della biancheria intima. Aprendo i cassetti, non ne trovò da nessuna parte. Guardando per terra, trovò infradito e scarpe da barca, ma da nessuna parte poté scorgere delle mutandine.

Jasmine lasciò cadere il lenzuolo e indossò il vestito. Scegliendo un bel paio di infradito che potevano esservi abbinate, chiuse la porta, e si guardò allo specchio. Vedeva la protuberanza dei suoi capezzoli sotto il tessuto morbido, ma niente altro. Il prendisole leggermente trasparente la copriva fino a metà coscia e somigliava grandemente a quello che l’aveva portata alla nave.

Con apprensione, Jasmine aprì la porta della camera. All’esterno c’era un lungo corridoio  con delle scale alla fine. Le avrebbe prese per salire, decise. La sua priorità principale era quella di tornare al suo albergo. Se lo straniero si fosse trovato lungo la sua strada, allora sarebbe andata bene comunque.

 Jasmine continuò a disimpegnarsi nel labirinto di corridoi e porte. Era come una locanda accogliente, con i suoi angoli nascosti e le sue file di camere. Ma quando salì alla luce del sole, lo fece con un’enorme quantità di sollievo.

Facendo un passo sul ponte, scoprì che era quasi esattamente come la sera prima, l’unica differenza, piuttosto significativa, la visuale. Invece di trovare la terraferma, che aveva visto la sera prima da questo lato del ponte, scoprì il mare aperto. Correndo lungo la nave, verso la zona dove si era imbarcata, non riuscì a vedere il molo e il bar, quello che vide, invece, era quello che poteva solo essere descritto come una tenuta sull’isola.

Disseminati in tutta la proprietà, c’erano delle capanne a forma di fungo. Esse non erano fatte di paglia e colla, comunque. Erano fatte di qualcosa dipinto con una tramatura complicata, in modo tale da assomigliare al legno. Il suo primo pensiero fu che l’intera scena sembrava un lavoro artigianale magnificamente cesellato. Il suo secondo pensiero fu che era stata rapita.

Esaminando il percorso che conduceva dal molo privato alle capanne trovò un paio di persone dalla pelle scura che vi volteggiavano attorno. Risultava difficile stabilire se fossero in vacanza o al lavoro. In entrambi i casi, non sembrava che fosse paragonabile ad una prigione minacciosa, così, invece di preoccuparsi o di saltare alle conclusioni, uscì dalla nave e si diresse verso l’odore della colazione.

Attraversando l’arenile, trovò che era una tenuta squisita. C’erano campi da beach volley e pedalò. Prese nota delle barche a vela che stazionavano senza sorveglianza e delle singole moto d’acqua, che sembravano disponibili per la sua fuga. Seguì il percorso tra le cabine verso una grande zona da pranzo piena di gente. Nessuno stavano facendo colazione, ma uno di loro attirò la sua attenzione e la fece dirigere ancora più in là.

Quando il percorso si concluse, Jasmine si trovò in piedi davanti alla porta di una grande struttura circolare. ‘Forse è la casa principale,’ pensò. Ma non aveva una forma del genere. Per Jasmine, invece, sembrava una versione più grande delle capanne che aveva appena superate. E, sbirciando dentro la porta aperta, fu accolta da un altro uomo, la cui voce suonava familiare.

“Sono contento che tu possa unirti a noi, signorina Cameron,” scandì l’uomo più anziano. “Da questa parte.”

“Come fai a sapere il mio nome,” chiese Jasmine, incerta su come potesse conoscerlo l’uomo misterioso.

“Il nostro compito è di conoscere tutti i nomi dei nostri ospiti.”

‘Quindi sono un ospite,’ pensò. ‘Questo non è un sequestro di persona. Oppure, se lo è, è il sequestro più educato di tutti i tempi. ‘

“Da questa parte, signora.”

Il servo, vestito alla buona, condusse Jasmine attraverso la camera aperta. Aveva uno stile autentico anche all’interno, come lo aveva all’esterno. Aveva un soffitto aperto e sembrava come sarebbe potuta apparire quello che lei avrebbe potuto immaginare come una vera capanna sulla spiaggia, se fosse stata decorata da qualcuno con uno stile impeccabile.

Attraversando la stanza, Jasmine vide offrirsi alla vista una porta a vetri. Attraverso di essa, vide l’unica persona che aveva riconosciuto. Era l’uomo misterioso. Era vestito con dei pantaloni marrone chiaro e con un’altra delle sue camicie bianche su misura. Con i suoi bei lineamenti affascinanti sembrava un modello nella pubblicità di una colonia. Jasmine  si chiese di nuovo chi potesse essere quest’uomo. Raggiungendolo sul balcone, decise che la prima cosa che doveva fare era scoprirlo.

“D’accordo, chi sei e perché mi hai portato qui?” inquisì Jasmine, soffermandosi accanto alla tavola imbandita di cibo per la colazione.

“Beh, buongiorno anche a te. È che il modo in cui ti hanno educato a rivolgerti ai tuoi ospiti? “Disse l’uomo con un sorriso per niente disorientato.

“Questo è il modo in cui mi hanno cresciuto per rivolgermi ad una persona che mi ha rapito nel bel mezzo della notte.”

L’uomo sorrise. “Ti posso garantire che questo non è un rapimento.”

“Allora che cos’è?”

“Perché non ti siedi e lasci che te lo dica?” L’uomo indicò la sedia al tavolo di fronte a lui. Jasmine prese in considerazione l’ipotesi di rifiutare la sua offerta, ma decise rapidamente che sarebbe stata una mossa inutile. Aveva fame e tutto ciò che poteva succedere dopo rimaneva nelle mani del suo ospite. Jasmine afferrò la sedia e si sedette.

“Ora mangia. Devi essere affamata. “

Jasmine alzò lo sguardo verso l’uomo, percependo un’accusa nascosta nelle sue parole. Non trovando niente di accusatorio sul suo volto, afferrò una focaccina e l’imburrò. Era affamata. Non capiva perché, ma si sentiva come se potesse mangiare tutto quello che era disposto sul tavolo.

“Molto bene. Ora, non abbiamo avuto la possibilità di presentarci a norma di galateo la scorsa notte. Puoi chiamarmi Jassar. “

L’uomo tese la mano, permettendo a Jasmine di percepirne la presa salda.

“E tu?”, proseguì.

“Jasmine”, gli si rivolse a bassa voce, sedotta dal gusto della focaccina.

“Jasmine Cameron, no?”

“Sì”, confermò con apprensione. “Come fai a saperlo?”

“Che tipo di padrone di casa sarei, se non conoscessi il nome del mio ospite?”

“Quindi, mi stai dicendo che io sono il tuo ospite?”

“Certo.”

“Allora, in questo caso, ho bisogno di tornare dai miei genitori. Probabilmente sono preoccupati. ”

“I tuoi genitori sono stati informati della tua permanenza e sperano che tu trascorra delle belle giornate.”

“Cosa vuol dire ‘i miei genitori sono stati informati della mia permanenza’? Come potevano saperlo, quando nemmeno io so dove mi trovo ? ”

“Tu sei un ospite sulla mia proprietà. Sei su un isolotto sabbioso, privato, nelle Bahamas. Tutto ciò che desideri, ti sarà messo a disposizione, mentre ti trovi qui e, in questo posto, le risorse sono abbondanti. “

“Ottimo, allora quello che vorrei è un passaggio per tornare al molo, da dove mi sono imbarcata.”

“Mi dispiace, Jasmine, questa è l’unica cosa che non ti posso dare.”

“Perché no?” chiese Jasmine, sempre più preoccupata.

“Perché non faceva parte del nostro accordo.”

“Quale accordo?” chiese, totalmente confusa.

“Quale ? quello con tuo padre, naturalmente.”

“Che cosa vuoi dire?”

“Avrei preferito che tu pensassi a questa gita come ad una sorpresa di lusso, ma vedo che sei intenzionata a conoscere il nocciolo della questione. Vedi, tuo padre ha un business. “

“Sì, un’azienda tessile.”

“Sì.. E purtroppo non sta andando così come avrebbe sperato. Deve un sacco di soldi a  persone con cui tu non vorresti mai essere in debito. “

La voce di Jasmine si addolcì all’eventualità. “Io non so niente di questa faccenda.”

“E perché dovresti? Quello che serve a tuo padre è un benefattore molto generoso. Il problema è che, a parte la sua società indebitata, non ha nient’altro che possa valere qualcosa … ad eccezione di una persona.”

La bocca di Jasmine si spalancò. Non riusciva a credere a quello che stava ascoltando. Lei non avrebbe mai creduto a quella storia se si esclude un qualcosa nel retro della sua mente che diceva che avrebbe potuto essere vera. Suo padre, anche se abbastanza occidentalizzato e sposato con una donna americana bianca, ancora si atteneva a diverse credenze tipiche della sua cultura. Le aveva accennato a matrimoni combinati molte volte lungo la sua fanciullezza, fino al rifiuto di Jasmine. Aveva sempre pensato che quello fosse un gioco tra di loro, ma per la prima volta lo considerò sotto un altro punto di vista. Poteva esserci la situazione finanziaria della società di suo padre, dietro quello che era il loro gioco da una vita?

“Prima di arrivare alla conclusione sbagliata, voglio assicurarti che qui sei mia ospite. L’unica norma dell’accordo che abbiamo stipulato è quella che avresti dovuto rimanere con me per tre giorni. Non ci si aspetta nient’altro.”

Jasmine guardò Jassar, incredula.

“Ti assicuro, io non sono un uomo privo di opzioni. Ho catturato l’attenzione sia di principesse che di modelle. Quello che mi potresti offrire non sarebbe certo meglio di quello che mi offrivano loro. “

“Allora, perché sono qui?”

“Sei qui perché colleziono beni preziosi. E quando ho conosciuto tuo padre, ho scoperto che tu eri il suo. “

Jasmine si rilassò sul sedile, assorbendo tutto quello che aveva sentito. Non aveva compreso. Era come se tutta la sua vita fosse stata rovesciata sottosopra e lei non poteva più avere il suo orientamento. Suo padre gli era sempre sembrato un padre premuroso, come aveva potuto farle questo. Jassar l’aveva convinta che lei non aveva davvero nulla da temere da lui, ma come poteva saperlo suo padre.

“Io non capisco come mio padre abbia potuto fare questo a me.”

“Forse lui sa ciò che tu sai nel tuo intimo.”

Jasmine guardò il suo ospite che reclamava di aver la presunzione di sapere ciò che ‘sapeva nel suo intimo’. “E che cos’è?”, lo sfidò.

“Che sei moderatamente attraente, ma non bella, che sei intellettualmente sopra la media, ma non particolarmente intelligente. Forse sa che, con niente di speciale nel tuo essere, saresti stata destinata a vivere una vita banale. Ma, nelle mie mani, ti posso plasmare. Ti potrei tramutare nell’invidia delle donne di tutto il mondo. Forse sa che, con le mie mani forti, la tua vita potrebbe superare persino le tue più folli aspettative.”

Jasmine guardò Jassar afferrare con noncuranza la sua tazza di caffè e berne un sorso. Aveva perforato un buco in lei, con la sua osservazione. Era vero. Nel suo cuore sapeva che non c’era niente di speciale in lei. Era sempre circondata da persone più carine, più intelligenti e lei lo sapeva. Questo poteva pure spiegare le azioni di suo padre. Fin dall’infanzia, l’aveva chiamata la sua principessa e l’aveva ricoperta di lodi, ma Jasmine aveva sempre sospettato che, ben nascosto dentro di lui, la vedeva come lei stessa si vedeva.

Alla luce della spiegazione di Jassar, l’affare di suo padre non sembrava così male. Forse il padre aveva visto questa come un’opportunità, meditò. Questa era la sua occasione per convincere Jassar che era speciale, forse anche abbastanza speciale da sposarsi. Quest’unione sarebbe stata certamente il sogno di suo padre. Ma nonostante che il padre lo sognasse, non significava che dovesse farla sua. Jasmine prese un altro morso della focaccina deliziosa e guardò verso il mare.

“Ti aspetti che io mi doni proprio a te?” chiese Jasmine, con crescente disprezzo.

“Quello che mi aspetto è che tu mi implori di prenderti”.

Jasmine sollevò la testa in alto per rintracciare il sorriso timido di Jassar. La sua compiaciuta arroganza la fece infuriare. ‘Come si permette?’ pensò, mentre incrociava le gambe per nascondere le labbra che s’inturgidivano. ‘Non mi avrà,’ decise. ‘Non mi innamorerò di lui di nuovo.’

Fu allora che Jassar si alzò e senza alcun cenno di riconoscimento, se ne andò. Jasmine era doppiamente insultata. ‘Se si vogliono affrontare certi argomenti, il minimo che poteva fare sarebbe stato quella di trattarmi con normale cortesia.’

Jasmine teneva gli occhi fissi su di lui, mentre se ne andava. Non si guardò indietro. ‘Lui davvero si aspetta che io lo implori di qualcosa,’ pensò, rimpiangendo di averlo seguito sul suo yacht.

Fu in quel momento che Jasmine rivolse il suo primo pensiero alla notte precedente, almeno si presume che fosse la notte precedente. Non poteva essere sicuro da quanto tempo fosse addormentata.

La notte in cui erano stati insieme era stato diverso da tutto quello che aveva mai sperimentato. Sentendo i cumuli caldi tra le sue gambe, che cominciavano a pulsare, guardò dietro di lei per vedere chi ci fosse. Non c’era nessuno. Quindi, con la schiena verso l’ingresso, aprì le gambe, e lasciò che la fresca brezza dell’oceano le solleticasse il bocciolo umido. La sensazione le rovesciò il capo e rimandò i suoi occhi all’indietro.

Guardando davanti a sé, individuò poche persone, ma tutte loro erano più vicine alla riva. Così fece insinuare la mano tra le sue gambe, chiuse gli occhi e immaginò le dita grassocce di Jassar che la strofinavano, mentre si stava strofinando lei stessa. L’umidità le ricoprì il polpastrello.

Jasmine inghiottì, mentre aumentava il suo massaggio. Quello che stava facendo sarebbe stato più ovvio ora e lei lo sapeva, ma non riusciva a trattenersi. Il suo tocco era stato troppo sensuale. Il solo pensiero aveva scatenato una tempesta. E mentre il lampo crepitava e il tuono rimbombava tra le gambe, fu interrotta da una voce.

“Signorina Cameron, volete che vi mostri la vostra stanza?”

Jasmine tirò indietro rapidamente la mano al di sopra della gonna.

“Che cosa?” guaì, voltandosi imbarazzata.

“Oh, certo”, disse, cercando di agire con quanta maggior noncuranza possibile.

Jasmine seguì la sua scorta tra le capanne. Ogni capanna aveva un cartello appeso con nomi spiritosi come ‘Man Asciuga’ e ‘Buffo Buffet’. La sua capanna era stato chiamata la ‘Principessa del Pisello’. Jasmine trovò il nome inquietante perché ‘La principessa sul pisello’ era stata la favola che aveva sempre chiesto a suo padre di leggerle, quando era bambina.

‘Si tratta di una coincidenza?’ si chiese.