LA FIAMMA CURVY DELL’ALPHA

La Fiamma Curvy Dell’Alpha 1-3

 

La Fiamma Curvy Dell’Alpha

 

Capitolo 1

(Lo Sceicco)

 

Sapete cosa amo dell’America? Le otto di sera di un sabato estivo. È l’ora in cui tutti sono in macchina, tentando di scappare alla volta di qualche locale o bar, e la Highway 10 è piena zeppa di gente. È proprio in quel momento che le luci arancioni degli edifici fanno contrasto con il giallo pallido dei fari delle macchine, con quelle luci rosse lampeggianti sul retro delle auto. Probabilmente non riuscirete mai a vedere la cosa dalla mia prospettiva, ma dall’attico di un palazzo di ben venti piani su Westwood non credo ci sarà mai niente di meglio. E, mentre me ne sto sul balcone della mia casa, le mie palle tra le mani di una bellissima donna aspirante attrice, non posso fare a meno di pensare a quanto io sia fortunato ad avere tutto questo.

Gli americani non hanno la minima idea della fortuna che hanno ad avere tutta questa bellezza a portata di mano. Crescendo, ho frequentato una scuola maschile nella parte di Londra più puritana che esista. Avete idea di quanto una cosa del genere possa soffocare la curiosità di una giovane mente? C’è qualcosa, nella presenza delle ragazze nella vita in evoluzione di un uomo che rende l’infanzia molto più piacevole. E mentre io ero costretto a farmi una sega o due sotto la doccia, cercando di tirare fuori un’immagine abbastanza sexy di una delle suore nella mia scuola, i ragazzini americani si facevano invece tirare pompini da ragazzine chiamate Britney. Che Dio benedica l’America. È questo che penso, io.

Per poco non ci sarei finito, qui. Anzi, se la scelta fosse stata mia, probabilmente non ci sarei mai venuto. Ma il destino… ah, il destino. È proprio un figlio di puttana cattivo. Ma immagino che abbia anche i suoi lati positivi.

Io sono, a tutti gli effetti, uno Sceicco. Sono arabo, sì, per quanto poco affascinante sia dirlo. Ma cerco di farlo andare bene. All’apice del mio massimo splendore non ero altro che uno di quei tipi odiosi che andava in giro con la propria Lamborghini alla volta dei club più prestigiosi di Dubai. Quello che offriva da bere a tutto il locale, solo perché così potevo aspettarmi una fila di donne accalcata dietro di me, pronte ad essere scopate. Mi piace pensare a me stesso come ad un umanitario. Più che altro perché, se fossi stato io a sverginare ogni singola donna araba sul pianeta, allora chi sarebbe rimasto per quei pazzi fanatici dell’Aldilà? Nessuno, infatti. Perciò prego.

In quel periodo della mia vita, ero convinto che non sarebbe mai andata meglio di così. Le donne facevano la fila per stare con me, dovunque andassi la gente si girava a guardarmi, potevo usare il jet privato della mia famiglia a mia discrezione e piacimento, e di certo lo facevo. E ogni singola, giovane persona nel mondo che avesse una qualche posizione importante conosceva il mio nome. Non so se Sceicco sia la parola giusta per descrivermi, soprattutto in quel periodo, ma definirsi Dio Arabo è così rischioso da poterti ritrovare con la testa mozzata, perciò una persona deve lavorare con le risorse che si ritrova a disposizione.

Sono fermamente convinto che la mia vita – così come quella di molte persone nel corso della storia – sia stata rovinata dai reali inglesi. Non riesco neanche a credere che ci sia gente completamente persa per quei due principi. Il più grande non è poi così tanto noioso, ma quello dai capelli rossi non ha la minima idea di come si faccia, il principe. Le orge che si fanno a palazzo… se soltanto voi sapeste davvero quante e in che modo. Le organizzavano sempre, e soltanto a palazzo. Ad essere invitati erano solo ed esclusivamente reali, e tra di noi non c’erano regole. Se solo sapeste quanti cazzi reali una Duchessa poteva davvero infilarsi in bocca in una sola notte, solo per vederla la mattina dopo vestita di tutto punto, pronta a guardare una partita di Polo, probabilmente non mi credereste. Restereste scioccati. Duchesse, Principesse, reali? Non si può essere perfetti e casti tutto il tempo. Anzi, per esperienza personale, mi viene da dire che più una persona è educata e a modo in pubblico, più si fa sporcacciona a porte chiuse.

È per questo che io mi considero molto più autentico. Sono in privato esattamente come mi mostro in pubblico. Cercavo di scopare tutto il tempo in privato, e mi ritrovo in questo momento con la stessa ragazza, nuda in ginocchio di fronte a me, sul balcone dell’Asteria Hotel alle quattro del pomeriggio di un martedì qualunque. Che posso dire? Sono una persona autentica.

Ma torniamo al principe dai capelli rossi. Da giovane era molto più prudente. Le liste della gente che poteva partecipare alle orge erano molto più accurate, solo gente di un certo livello. Ma quel piccolo bastardo arrapato si è fatto un po’ sciatto con il tempo, e sì, io non vedevo l’ora di aggiungere un po’ di reali giapponesi al mix, era anche l’ora, ma doveva davvero invitare proprio tutti?

Alcuni di quegli stronzi facevano cose pazze. Com’è che lo chiamano loro? Voodoo, forse? No, non credo sia quello, ma qualsiasi sia il nome di quella strana magia che fanno loro, con le loro facce bianche da teatro, faceva perdere la testa alla gente.

Tutto quello che so è che un momento prima mi stavo divertendo come al solito, e il momento dopo qualcuno mi aveva afferrato il culo. Io lo avevo spinto via, come sempre, e improvvisamente qualcuno mi aveva morso il collo. E non quei morsi magari dolorosi ma tranquilli, no; uno di quelli che ti fanno provare un incredibile dolore, come se ti stessero staccando via la pelle. Ha fatto male da morire. E, dopo quel momento, il giorno dopo, io non sono stato più lo stesso.

Dopo quella notte, non sono più riuscito a fare sesso abbastanza da sentirmi sazio. Avreste potuto mettermi una fila di donne al seguito, ed io avrei potuto portare ognuna di esse all’orgasmo, ed essere ancora affamato. Pazzesco.

Non mi ci è voluto molto per capirne il motivo: ero diventato un lupo. Non metaforicamente, ad indicare uno di quegli uomini che rincorrono le donne. No, letteralmente: qualcuno mi aveva morso, e mi aveva trasformato in un lupo. E con quello era apparentemente arrivato anche un’insaziabile voglia di scopare.

Sono andato incontro a diverse fasi, nella mia scoperta di questo nuovo essere in cui mi ero trasformato. All’inizio non mi rendevo conto di niente. Qualcuno potrebbe chiedersi come si fa a non accorgersi di non indossare i vestiti, ed io ai tempi avrei detto che ero troppo impegnato. Ma dopo qualche settimana, avevo cominciato a notare di aver perso peso. Allora mi ero seduto, e avevo preso a pensare intensamente a quanti pasti davvero avevo mancato mentre cercavo di saziare il mio appetito carnale. Un bel po’, era la risposta. Ma, in una nota un po’ più positiva, i muscoli che impiegavo nello scopare le donne si erano tonificati alla grande.

La seconda fase è cominciata con l’avvicinarsi della luna piena. Più si faceva vicina, più io mi facevo aggressivo. Io non facevo mai a pugni. Avevo guardie del corpo che si occupavano di tenermi al sicuro e difendere il mio onore e la mia vita. Ma quando, all’improvviso, mi ero ritrovato la maglietta di un tipo stretta tra un pugno, e l’altro intento a connettersi con la sua faccia ancora, e ancora, e ancora, avevo dovuto convenire che c’era decisamente qualcosa di strano.

Ma è stato quando la luna è cambiata definitivamente che ho avuto la conferma di cosa fossi. Un lupo. Anzi, è stato quando la luna è cambiata ed io stavo scopando non una, ma ben due vergini, che mi sono trasformato in un lupo.

Ripulire non è stato particolarmente bello. E il problema è che sia io che la mia famiglia sappiamo esattamente cos’è successo perché, ragazze, non prendiamoci in giro: c’è una telecamera in ogni camera dello Sceicco. Facciamo particolare attenzione a queste cose. Se dovesse mai capitarci di doverci sbarazzare di un problema, preferiamo sapere esattamente con cosa stiamo avendo a che fare. E, se non altro, la famiglia reale saudita sa bene come far sparire un problema.

Perciò, ecco qui. Ero un lupo. Ero stato registrato da una delle telecamere. E poche ore dopo, anche la mia famiglia ne era venuta a conoscenza.

Fantastico! Esattamente quello che mi serviva. Mio padre che guardava non solo me mentre facevo sesso, ma me mentre uccidevo delle ragazzine dell’alta società. Prima avrebbe criticato le mie abilità sessuali, e poi mi avrebbe fatto un grosso e lungo discorso sul fatto che i reali non si trasformavano in lupi mannari e andavano in giro ad uccidere la gente. Lo so, Padre, grazie. Non sono bravo come te, perfetto come te. Non avevo bisogno di sentirtelo dire.

La risposta della mia famiglia, però, era stata tempestiva e certamente più cruda di quella che avevo preventivato. Ero stato esiliato. In pochissimi giorni dall’accaduto, la mia famiglia aveva raccolto tutte le cose che ritenevano opportuno avessi con me, e, con mia sorpresa, mi ero ritrovato improvvisamente sopra un aereo. Dico ‘con mia sorpresa’ soltanto perché, in quel momento, non ero particolarmente cosciente. Ma ero a conti fatti diventato uno di quei problemi di cui la mia famiglia si sbarazzava.

Mi ero risvegliato soltanto una volta arrivati sopra l’Oceano Atlantico. Forse, considerato tutto, il mio primo pensiero non sarebbe dovuto andare al sesso, ma dovete perdonarmi, stavo chiaramente male. Volevo fare così tanto sesso? Certamente no. Forse no. Ma non potevo farci proprio nulla.

Dovete considerarmi una sorta di vittima del mio ambiente. Sono come uno di quei bambini cresciuti nel ghetto che non possono far altro che ritrovarsi a rubare dal minimarket vicino, perché è tutto ciò che conoscono. Dico solo che, se il mio cervello mi permette di pensare soltanto al sesso, come potete aspettarvi che io faccia altro se non quello?

Perciò all’improvviso mi ritrovo su quell’aereo che vola sull’Oceano Atlantico, senza sapere più chi sono, senza la minima idea di cosa mi stesse succedendo davvero. Dico, se vi ritrovaste in quella stessa situazione, anche voi sareste terrorizzati, no? Quel momento era terrificante per me. Me! Un Reale! Una persona nella mia posizione non dovrebbe mai ritrovarsi ad affrontare situazioni così brutte e pesanti.

Ma, come ho già detto, alla fine tutto è andato per il meglio. Sono andato a finire a Los Angeles. La mia cella è posizionata all’ultimo piano di uno dei complessi residenziali più lussuosi della California meridionale, se non addirittura del mondo. E sono anche riuscito ad assicurarmi un numero illimitato di giovani attrici disperate che possano aiutarmi nella mia afflizione. Vedete, in questa storia, sono io il personaggio da dover compatire. Sono io il personaggio per il quale dovreste fare il tifo!

Perciò, mentre mi tiro fuori da Britney… Do per scontato che questa ragazza si chiami Britney… Ogni aspirante attrice di Los Angeles si chiama Britney… e vengo sopra la sua schiena, alzo la testa per godere del panorama. Perché per quanto grandiosa sia Britney… O forse aveva detto di chiamarsi Jennifer?… Ma comunque, per quanto grandiosa lei sia, non ci sarà mai nulla in grado di battere il panorama di Los Angeles alle otto di sera di un sabato estivo. Non c’è niente di meglio.

«Vestiti», le dico dopo aver assaporato per bene il mio orgasmo. «No, aspetta.» Allungo la mano per sbatterla tra le sue gambe, afferrando la pelle bagnata e calda. Lo faccio spesso. Quando faccio sesso sul letto, una delle cose che preferisco è afferrare la figa calda e nuda delle ragazze che mi scopo, e sussurrare loro, «Lo sai che questa mi appartiene, vero?». E poi continuo a dirlo fino a quando loro non dicono «Sì, padrone.»

Non so perché mi piaccia così tanto… Forse perché mi fa sentire potente. Chi lo sa? Però mi piace sentire quella parte del loro corpo stretta tra le mie dita. Mi sento di controllarle.

E prima che cominciate a pensare cose strane, no, non sono uno strano maniaco del controllo possessivo. Non sono seriamente convinto di possedere le loro fighe, semplicemente è una cosa che mi piace dire sul momento, per mantenere vivo il ruolo di “Sceicco Possessivo”. Se non altro, è un ruolo che sono un po’ costretto ad interpretare, con loro.

Oh, spero non pensiate che io non sappia quali sono i vostri stereotipi sugli Sceicchi. Che siamo super aggressivi, che siamo possessivi, che siamo quei tipi di uomini che legano le loro donne sui letti dei loro harem. Lo so che state pensando questo… Eh, infatti, chi è la brutta persona, ora? Io o voi?

Perché, per vostra informazione, io non ho mai legato al mio letto proprio nessuno. Ho avuto parenti che, probabilmente, nella loro vita l’hanno fatto? Probabile. Forse pure un po’. Ma pensare che lo faccia anche io soltanto perché nella mia famiglia c’è stata gente che lo ha fatto è all’apice degli stereotipi. E a questo non posso dire altro che: vergognatevi. Tutti quanti.

A me, semplicemente, piacciono le donne. Hanno un buon odore. Dentro di loro si sta bene. Fintanto che non parlano, le reputo una delle cose migliori al mondo. Visto? Praticamente sono un femminista.

Mentre Britney si riveste, io resto a guardare il suo corpo pallido e perfetto muoversi sotto la luce della sera. Dio, se è bella. «Fermati un attimo» le dico, solo per poterla ammirare ancora un altro po’. «Okay, va bene così. Vestiti.»

Per quanto Britney sia riuscita a soddisfare un po’ la mia fame, per questa sera, ho ancora tante cose da fare. Non ho accesso completo su Los Angeles, dipendo molto dalle persone che lavorano per me. È grazie a loro che ho del cibo cucinato fresco da mangiare, roba sempre nuova che vanno a comprare per me, se ho ogni singolo scoop su feste nuove in giro per la città.

L’unica parvenza di controllo che ancora ho tra le mie mani è il fatto che posso ancora scegliere da solo quale donna invitare da me dopo le feste il sabato sera. Come ho già detto: sto male. Ho dei bisogni che devo necessariamente soddisfare. E al secondo piano della mia dimora a tre piani c’è ogni singolo tipo di donna che potrei mai desiderare per aiutarmi a soddisfarli nei prossimi sei giorni fino all’arrivo della festa successiva. Poca pressione, insomma.

«Perché non ti compri qualcosa di carino?» dico, lasciandole un po’ di denaro. Non pensate che io la stia trattando come una prostituta; alle ragazze piacciono le belle cose. Ma se me ne occupo io, potrei ritrovarmi a comprarle qualcosa che non le piace. Se le do i soldi, invece, può pensarci direttamente lei. Ora, se aveste la possibilità di scegliere tra un regalo di merda e soldi per potervi comprare qualcosa di bello voi stesi, cosa scegliereste? Proprio come pensavo. Così le lascio un po’ di soldi.

Esco dalla camera da letto, facendomi strada verso le scale. La festa va ancora a gonfie vele. La cosa che mi piace di più di tutte e il fatto che ogni singola festa sembra essere stata organizzata per una copertina. Avete presente quelle di cui parlo, no? Le copertine con tutte le persone vestite elegantemente, intente a sorseggiare dei bicchieri pieni di Martini con lenta compostezza.

Solitamente sono scattate in bianco e nero, e sono designate a far sentire chi non può permettersi una vita del genere un grande pezzente. Le mie feste hanno questo aspetto, ma non c’è alcun motivo di sentirsi pezzenti, qui, perché praticamente sono tutti attori. Le donne sono aspiranti attrici un po’ disperate, e gli uomini sono pagati, e sono invitati soltanto per far divertire le donne in attesa che arrivi il mio momento per sceglierle. Nessuno di loro costituisce un pericolo, per me.

Fermo lì, alla fine delle scale, intento a fare mente locale sulle ragazze i cui numeri di telefono avrei mandato i miei bodyguard a raccogliere, noto all’improvviso una persona incredibilmente fuori posto.

Lasciate che vi dipinga un po’ la situazione: bella bionda, bella bionda, bella bruna, ragazza bassa e cicciotta. Quale tra queste donne direste che è fuori posto? Ed eccovi subito un’altra domanda: quanto pensate che la farò pagare al tipo che l’ha lasciata entrare?

Ora, prima che vi illustri cos’è che andrò a fare nei prossimi minuti, lasciatemi ammettere che non mi comporterò nel migliore dei modi. Non sono una persona perfetta. Proprio come tutti, anche io ho i miei momenti discutibili. Forse questo sarà uno di quelli. Forse ci sono modi migliori di gestire questa situazione. Ma capitemi un attimo, d’accordo? Questi tre piani sono l’unica cosa che ho nella vita, e se non traggo divertimento qui dentro, allora cosa ne sarà di me?

Avvicinarmi a lei, quindi, e trattarla intenzionalmente come fosse una cameriera quando so bene che non lo è, non sarà la cosa più gentile che io possa mai fare. Ma non posso passare ogni singolo giorno della mia vita a comportarmi da brava persona, dico bene?

«Portami da bere» le dico una volta vicino, senza neanche guardarla negli occhi.

«Scusa, perché lo chiedi a me?» mi chiede lei, come se non lo sapesse.

«Sei una delle cameriere, o sbaglio?»

«Ti sembro una che fa la cameriera?» ribatte lei, chiaramente ignara di ciò che l’attende.

«Beh… guardati intorno. Tu che dici?»

A quel punto mi giro a guardarla. Ci ha messo molto impegno, nel suo outfit. Non che sia brutta, eh; anzi, per la taglia che ha, è davvero molto carina. Ma questo significa forse che allora devo permettere a tutti quanti di entrare alle mie feste esclusive? Col cavolo!

Standard. Le mie feste hanno uno standard. Le mie feste sono perfette come quelle nelle riviste. Se non mi assicuro di questo, allora che cosa mi resta?

«Sei sempre così maleducato?» mi chiede, con molta meno ritrosia di quella che mi aspettavo da lei. Non le si addice molto. Anzi, penso che dovrebbe essere molto più timida.

«Tu sei sempre così grassa?» ribecco io. Lo ripeto: siete pronti a giudicarmi? Fremete dalla voglia di farlo? Allora vorrei ricordarvi che sono malato e in prigione. Non importa quanto costosi i mobili, una cella è pur sempre una cella. L’unico momento d’interazione sociale che mi resta nella vita è questo, una volta a settimana. Posso almeno averne uno in santa pace, con la gente che scelgo?

«Perciò la risposta è sì, sei sempre così maleducato» conclude lei, con molta più sicurezza di quanta, a parer mio, si meriti di avere.

«Scusa, ma tu chi sei?» le chiedo, perché ho proprio bisogno di capire come sia arrivata qui.

«Ah, quindi ora vuoi sapere il mio nome?»

«Beh, questa è pur sempre la mia festa. Penso che, se devo essere insultato, quantomeno vorrei sapere il nome di chi lo sta facendo.»

«E sei abituato ad ottenere sempre quello che vuoi?»

Questa sì che è una domanda interessante. Ottengo sempre quello che voglio? Mi viene da dire che no, non è così. La scuola per soli ragazzi che ho menzionato prima? Non ci volevo andare. Essere esiliato in questo posto e in questa casa? Non lo volevo. La fila infinita di donne bellissime… beh, sì, questo lo voglio, ma andiamo, gente! C’è molto di più nella vita, che bellissime donne. Non che io sappia cosa sia, ma ho sentito qualcuno dire una cosa del genere, una volta.

«Beh, sì, è così» decido infine di dire.

«Allora immagino che questo per te sarà un duro colpo» mi risponde lei, sorridendomi soddisfatta.

Okay… questa situazione è molto interessante. Questa deve essere la prima volta in tutta la mia vita che parlo così tanto con una donna. Allo stesso tempo, però, mi viene da pensare che sia la donna meno perspicace che io abbia mai incontrato.

Esaminiamo un attimo i fatti, d’accordo? Uno: non si rende conto di non appartenere a questo posto? Perché ha deciso di restare? Due: io sono lo Sceicco. E il titolo non significa tantissimo, per me, ma so che lo fa per molte donne, soprattutto giovani. Perciò, perché non sta cercando di compiacermi? E, tre: nessuno può permettersi di chiamarmi maleducato. Magari mi comporto da maleducato. Magari posso chiamarmi io stesso maleducato. Ma nessun altro oltre me può farlo. Non voglio dire che sia una regola saudita, ma… sì, lo è.

«Scusa, ma puoi dirmi che ci fai qui?» le chiedo ancora.

«Sono venuta qui con lei» mi risponde, puntando il dito contro una ragazza. E, che mi venga un colpo, la ragazza che punta è propriamente Britney!

«Sei venuta con Britney?» chiedo, girandomi a guardarla.

Lei aggrotta la fronte. «Eh? No. Quella è Samantha.»

Oh… mi avrà detto di chiamarsi Samantha? Chi lo sa.

«E tu chi saresti, la sua guardia del corpo?»

Lei inarca un sopracciglio. «La sua coinquilina.»

«Ah, quindi una di quelle ragazze che tiene la borsetta alle amiche carine mentre loro ballano con i ragazzi che quelle non avranno mai?»

«No. Io sono una di quelle che dice agli uomini maleducati e odiosi di sparire dopo aver ottenuto ciò che volevamo da loro.»

Aspetta, ma sta parlando di me? No, non può essere. «E cosa fai, nella vita? Sei un’attrice come lei?»

«No. Io studio legge.»

«Ah, allora sei quella acida e intelligente.»

«Temo che la tua definizione di intelligente non sia particolarmente impegnativa, perciò, volendo, in termini comparativi potrei anche esserlo.»

Okay… potrei non essere la persona più intelligente in questa stanza… No, forse in questa stanza sì, ma in una stanza normale, forse no… Ma ho come l’impressione che mi stia dando dello stupido. Sto cominciando davvero a mal sopportare questa ragazza.

«Quindi mi pare di capire che adesso voi due ve ne andiate?»

«No, perché mai dovremmo?» mi chiede lei, soddisfatta.

«Beh, avete bevuto. La tua amica ha scopato con uno Sceicco. Ha pure guadagnato qualche soldo, nel frattempo. Cos’altro potreste mai volere?»

Lei ridacchia. «Oh, pensavi che fossimo qui per te!» dice, ridacchiando ancora. «Scusa, no. La mia amica ha un ragazzo. È intelligente, molto bello… capito, no? L’opposto di te, insomma. È davvero un bravo ragazzo. Però l’ha fatta incazzare molto, e così lei ha detto, con chi posso scopare per fargliela pagare? Ed io le ho detto, ti conviene scopare con un pezzo di merda così grande da fargli capire quanto stupido sia stato a trattarti in quel modo. E così, subito dopo lei ha ricevuto un invito per questa festa per incontrarti, e entrambe abbiamo pensato, chi c’è di più schifoso e orribile di uno Sceicco? Perciò eccoci qui. Il tempo di bere qualche altro drink, e avremo davvero ottenuto tutto quello che volevamo. A quel punto ce ne possiamo andare.»

Okay, prima cosa: ma chi diavolo è questa ragazza? Secondo, mi ha appena chiamato orribile e schifoso? Non posso esattamente dire di avere un animo sensibile, ma… ahi. Queste parole mi feriscono più di quanto riesca ad ammettere, o capire. Non riesco neanche a rispondere a tono.

Questa donna, questa ragazza, parla esattamente come le ragazzine cattive con cui sono cresciuto. Non sono sempre stato il tipo disinvolto e bello che sono oggi. Che ci crediate o meno, un tempo ero un figlio unico solo e molto meno sicuro di sé, preso costantemente in giro dalle cugine più grandi e cattive.

Non credo ci sia niente di più cattivo di una principessa saudita a cui non sono ancora cresciute le tette. Quei tempi erano brutti per tutti, specialmente per me. E questa ragazza, con i suoi modi taglienti e la lingua lunga, mi ricorda tantissimo una di quelle bambine da cui, da piccolo, cercavo sempre di scappare. La cosa non mi piace.

«È arrivato il momento di andare» le dico allora, senza alcuna discrezione.

«Ci stai buttando fuori?» chiede lei, sorpresa. «Che c’è, ho ferito i tuoi sentimenti?»

Non credo ci possa essere nulla che potrebbe farmi sentire peggio di lei che mi chiede se ha ferito i miei sentimenti, visto che lo aveva fatto. Che grandi stronzate! Ho una sera sola a settimana per divertirmi e fingere di avere ancora una vita, e questa donna me la sta rovinando. Io non l’ho invitata, eppure eccola qui a rovinarmi la serata. Sono così sconvolto che non riesco neanche a parlare.

Forse avrei dovuto fare cenno alle mie guardie di venire e scortare lei e la sua amica fuori immediatamente. Forse avrei dovuto fare altro, perché di cose da fare ce ne sono mille. Sono pur sempre uno Sceicco, non importa dove mi trovo. Ma è stato solo per il minimo autocontrollo che ancora possiedo, che invece me ne vado. Perché devo andarmene. Sto cominciando a perderlo, quel controllo, e se lo faccio davvero, allora poi avremmo dovuto fare tantissima pulizia in questo posto. Qui sono io quello buono. Così scappo via da questo piano.

Sento il sangue ribollire dentro le mie vene. Comincia sempre così: inizio a sudare, la pelle prende a prudere con insistenza, la testa minaccia di esplodere. Devo uscire da questo posto. Devo scendere in quelli che mi piace chiamare sotterranei e chiudermi lì. Devo lasciarmi andare. Ho bisogno di espellere questa rabbia, e più veloce mi muovo, più questa va via.

Supero gli invitati e mi dirigo verso le scale, scendendo giù in fretta. Non guardo i miei bodyguard, perché non ce n’è bisogno: hanno gli occhi già puntati su di me, e sanno tutti della malattia. Sanno che cosa sta succedendo. A volte mi piace pensare che siano qui per proteggermi dal mondo… ma la verità è che sono qui per proteggere il mondo da me. Io sono come la peste racchiusa in un barattolo… o in un appartamento di lusso a tre piani. Mi è vietato uscire perché non c’è nulla che possa assicurarci che io sia in grado di tenere la peste chiusa e ferma anche mentre sono fuori nel mondo.

Inizio a spogliarmi non appena metto piede sull’ultimo gradino della scala. Fa un caldo torrido. Non riesco a respirare. Mi sento il corpo in fiamme, e mi ci vuole tutta la forza che ho in corpo per non lasciarmi crollare sul pavimento.

Quando finalmente mi ritrovo con la porta chiusa alle spalle, faccio del mio meglio perché il mio urlo non sia particolarmente alto. Non so quanto io sia riuscito in quest’impresa. Probabilmente qualcosa, da sopra, si è sentita, e la festa sarà ormai giunta al termine. Ma non importa; so che, se riesco a resistere, se stringo i denti, tutti finirà presto. Così, finalmente, rilassandomi e lasciando che il lupo si prenda ciò che vuole, lo sento arrivare.

In un attimo, di me non resta più nulla. Mi sento come intrappolato in una bolla che guarda da fuori attraverso occhi che non mi appartengono. Non sono in grado di controllare il lupo. Non posso fare altro che osservare, e ricordare.

Perché ricordo tutto. Ricordo sempre tutto. Ricordo le prime due vergini che sono incappate in questa mia maledizione, e la brutta fine che ho fatto fare loro. Ricordo la prima attrice di nome Britney che mi sono scopato, che si è ritrovata ad ottenere più di ciò che voleva. Ricordo la guardia del corpo che era entrata nella mia stanza anche se sapeva di non doverlo fare. Sarebbe bello se fosse vero… se davvero ottenessi sempre ciò che voglio. Ma, chiaramente, la verità è un’altra.

Il lupo prende a correre da un lato all’altro, più agitato del solito. Strappa qualsiasi cosa gli capiti a tiro con i denti, pronto ad attaccare. Per me è un estraneo. Tutto quello che posso fare è aspettare e sopportare, perché so che alla fine passa.

O, almeno… sarebbe passato, se d’improvviso non fosse successo qualcosa di inaspettato.

Forse non ho chiuso la porta a chiave. Forse, nella foga di ritrovarmi finalmente solo e di lasciarmi andare, devo averlo dimenticato. Forse, nell’agitazione il lupo non ha sentito i passi… ma il problema è che c’è qualcuno che sta attraversando il corridoio, ed io non so perché.

Il lupo non è dell’umore giusto per ricevere visite. Non lo è mai, ma certamente non lo è oggi. Ha voglia di uccidere. Oggi è furtivo, veloce, e arrabbiato. Quando è così, io non posso fare nulla per assicurarmi che chiunque la persona che si avvicina a me sia possa sopravvivere.

«C’è nessuno?» chiede d’improvviso una voce familiare.

Quella ragazza. La ragazza paffuta. La ragazza stronza. Come cacchio ha fatto a scendere? I miei uomini devono avermi visto andare via, per forza. È loro compito, tenere gli invitati lontani da qui, tenerli sempre d’occhio. Com’è che lei è riuscita a sviarli ed entrare nella stanza?

Il cuore del lupo prende a battere forte quando la vede. Si è accucciato. Dall’altra parte della stanza, l’ha designata come preda, ed è pronto ad attaccare. Non importa quanto io le urli di andarsene, adesso; il lupo è pronto.

«Senti… noi stiamo per andarcene, ma volevo scusarmi.»

«Esci!» grido, intrappolato dentro il lupo. «Scappa!»

Inutile. Non c’è niente che posso fare per fermare ciò che sta per accadere. Questa ragazza sta per finire fatta a pezzi, come tutte le altre. Non lo volevo, non importa quanto cattiva sia stata… ma andrà così.

È in questo momento che vedo i suoi occhi spostarsi. Guardare me. Mi ha visto, ha capito cosa sono, e adesso non deve fare altro che scappare via.

Perché non sta scappando? Non ha capito che la sua vita è in pericolo?

 

 

Capitolo 2

(Jenny)

 

Ma che cane è mai questo? Sembra un husky dall’Alaska misto ad un pastore tedesco, ma è molto più grande di così. Sembra proprio un lupo, ad essere onesti e sinceri. Sarebbe proprio da Sceicchi pieni di sé, tenere un lupo dentro casa. La vera domanda, però, è: sarà pericoloso? Non ho mai avuto paura dei cani… o dei lupi, in questo caso. Ne ho accanto da tutta la vita. Praticamente mi si potrebbe considerare “la donna che sussurrava ai cani”. La cosa più importante, quando si tratta di cani, è restare in piedi e farsi vedere sicuri di sé. I cani sono creature di branco. Riconoscono gli umani come propri padroni praticamente in automatico. Si tratta solo di sottolineare la propria autorità.

Così, fissandolo negli occhi, gli lancio il mio sguardo da “Sono io, l’Alpha, qui”. Lui si ferma. Mi fissa. Cerca di capire cosa voglio, chi sono, che sto facendo.

«Vieni qui», ordino io, con voce autoritaria.

Non è addestrato. Non ha la più pallida idea di cosa io stia cercando di dire. Stupido animale. Beh, se proprio non ce ne esce niente, tanto vale andare via.

Il problema è che questa è proprio la parte più difficile. Non si può dare ad un nuovo cane l’impressione di star scappando. Cercano sempre di capire come devono comportarsi, e se gli do le spalle, lui penserà che stia lasciando la mia posizione di Alpha, e la ricoprirà lui. Mi inseguirebbe. Devo girarmi ed allontanarmi, ma farlo in modo tale da fargli comunque capire che sono io ad avere il potere.

Gli lancio un ultimo sguardo intimidatorio, mi volto, e raggiungo forse un po’ troppo velocemente la maniglia della porta. Lui resta silenzioso, ma riesco a sentirlo avvicinarsi a me.

Non ho intenzione di mentire: sento il cuore in gola. Non sono all’altezza. Non sono per niente all’altezza. Lui è molto più grande e veloce di me.

Così, abbandono questa patetica farsa e prendo a correre verso la porta, cercando di frapporla tra me e lui.

«Ah!» strillo quando lo sento colpirmi, anche se non troppo gravemente. Non mi ha morsa; mi ha semplicemente graffiato un polpaccio. Lo esamino solo una volta essermi chiusa la porta alle spalle, e vedo sangue uscire dalla ferita, ma niente di troppo preoccupante.

Solo un altro dei miei momenti in cui le buone intenzioni si sono trasformate in intenzioni disastrose. Eccomi a cercare di scusarmi per essere stata forse un po’ troppo stronza, e mi ritrovo con un graffio causato da un cane troppo grosso per essere soltanto un cane. Avrei potuto andare via e basta invece di fare così, ed è proprio quello che farò adesso. Con questo graffio, io e lo Sceicco siamo ufficialmente pari. Non gli devo più nulla.

Tornata al piano di sopra, mi guardo intorno alla ricerca di Samantha. La trovo in piedi di fronte al bar, a bere un bicchiere di vino, e subito l’afferro per il braccio per allontanarla da lì.

«Ma che fai?» mi chiede, chiaramente non pronta ad abbandonare né il suo bicchiere, né la festa.

«Ce ne andiamo.»

«No che non ce ne andiamo! Io voglio restare. Credo proprio di piacergli.»

A volte, quando guardo Samantha, mi chiedo con quale cervello riesca anche solo a vestirsi la mattina. Fortuna che è bella da far schifo, perché dentro la testa non c’è molto che possa aiutarla.

«No, tesoro, non è vero per niente. Ti ha dato dei soldi. Per liberarsi di te.»

«Come fai a sapere che mi ha dato soldi?»

«Perché me lo ha detto lui. E poi mi ha detto che voleva ce ne andassimo, quindi andiamo.»

Mentre trascino la mia amica un po’ brilla verso l’ascensore, mi trovo curiosa di sapere quanti soldi lui le abbia dato. Samantha non è il tipo che chiede soldi senza una buona ragione. Lavora in uno strip club, e neanche come spogliarellista; fa la cameriera. A volte gli frutta molto bene: un ragazzo le ha dato seicento dollari di mancia, una sera, solo per due drink. A volte gli uomini sono proprio stupidi. Per quanto a volte questo gli permette di ottenere ciò che vogliono da lei, lasciate che vi dica che, dalla mia camera—proprio accanto alla sua—sento tutto. E Samantha non ci sa proprio fare.

Mentre chiamo un taxi e poi prendo ad aspettare con la mia amica ancora al fianco, comincio a pensare un’altra volta alla serata, e mi sento dannatamente delusa. Non riesco neanche a capire perché io abbia rincorso lo Sceicco per chiedergli scusa! È stato un vero stronzo, con me. Non avrei dovuto essere io, quella a chiedere scusa, ma lui. Ma, considerato il modo in cui si è allontanato, mi è sembrato come se lo avessi davvero ferito. Come se fosse in grado di provare sentimenti. Se socchiudo gli occhi, quasi quasi riesco persino a considerarlo un uomo vero.

Okay, lo so bene perché sono scesa, invece. Non lo ammetterei mai ad alta voce, ma quest’uomo è veramente molto sexy. È una cosa stupida da dire, lo so. Vi prego, non giudicatemi. Ma, pensavo che, se gli avessi dato un’altra possibilità di parlare con me, allora lui avrebbe cambiato idea. Chi lo sa? Magari sarei stata io, per una volta, a concludere qualcosa questa sera.

Ma non preoccupatevi, in realtà sono una persona molto realista. So come sono io, e riesco a vedere bene com’è lui. Al massimo, tra noi avrebbe potuto esserci una qualche sorta di amicizia. Avrei potuto essere una grande amica, per lui, davvero.

Di nuovo, non giudicatemi troppo severamente. Un ragazzo sexy è pur sempre un ragazzo sexy, lo sapete anche voi. E seguire un ragazzo sexy giù per le scale non rientra neanche tra le cose più stupide che io abbia mai fatto in vita mia.

Per quando arriviamo all’ingresso, il taxi è già lì ad attenderci. È uno di quei taxi in cui si mettono le carte di credito, e per quanto dovrebbe in realtà andarci la mia, mi verrebbe proprio voglia di farla mettere a Samantha. Dopotutto, non è stata mia l’idea di partecipare a questa festa. Sono qui solo perché lei non voleva andarci da sola.

Lo Sceicco non ha sbagliato, quando ha detto che sono solitamente la ragazza che tiene le borsette alle ragazze più belle mentre loro ballano, ma col cavolo che gli avrei dato ragione. È solo che, a volte, è bello sentirsi come se le ragazze più carine ti considerino quella con le palle. Quella dura, forte. Non giudicatemi; non potete seriamente dirmi che non ci abbiate mai pensato voi stessi. E se me lo dite, sappiate che non vi crederò.

Ma comunque, di ritorno al nostro piccolo appartamento con due sole camere da letto, il mondo sembra finalmente tornare a girare normalmente. Per quanto bello sia stato, entrare in un posto lussuoso per fuggire un attimo dalla realtà resta soltanto questo: una piccola fuga. Nel mondo vero, soprattutto nel mio, ci sono bollette da pagare e lavori da trovare. Sto per entrare nel mio ultimo anno alla UCLA e devo ancora ottomila dollari all’Università per il secondo. L’UCLA ha questa assurdissima regola di dover pagare tutti gli anni precedenti prima di poter passare a quelli successivi. Che razza di regola è mai questa?

Perciò, eccomi nel mio mondo reale, a cercare ottomila dollari da dover avere entro tre mesi se non voglio che la mia carriera universitaria finisca ad un passo dalla mia laurea. Accompagno la mia coinquilina ubriaca a letto, e poi metto anche io il pigiama e mi preparo a rilassarmi per la serata. Con tutti questi pensieri già in testa, vorrei riuscire a smettere di pensare agli eventi della serata, ma il problema è che le parole dello Sceicco continuano a ronzarmi in testa. Mi ha chiamato grassa. C’è solo una cosa che può farmi star meglio dopo una frase del genere, e questo è guardare Ben e Jerry, miei grandi amici. Perciò, prendendo un po’ di gelato ed un cucchiaio, afferro il telecomando e accendo la TV, sintonizzandomi su ‘Terapia di Coppia’, un programma televisivo su persone che riescono sempre a prendere decisioni peggiori delle mie. Mi fa sentire sempre un po’ meglio.

Quando arriva mattina, io sono ancora sul divano, alcune punte dei miei capelli dentro la confezione di gelato ormai vuota e un gran dolore alla schiena. Non ho esattamente i postumi da sbronza, ma non mi sento neanche particolarmente bene. Ho mangiato fin troppo. Così, quando vedo Samantha uscire dal corridoio per andare in cucina, arzilla come un calabrone, immediatamente mi ricordo perché a volte non la sopporto. Non solo ieri sera ha fatto sesso con un uomo estremamente sexy, lui le ha anche dato dei soldi per nessun motivo. Poi aveva anche bevuto, eppure guardatela, questa mattina, senza alcun effetto negativo addosso. A volte sa essere proprio una stronza!

Per quanto vorrei semplicemente dormire, forse è un bene alzarmi e basta. Oggi devo assolutamente riuscire a trovarmi un lavoro. Non solo perché si avvicina il momento di pagare l’affitto e le bollette, ma soprattutto per il debito che ho con l’Università. Ho già calcolato tutto: se voglio avere anche una minima possibilità di continuare, allora devo trovare lavoro in fretta. Dovrò consegnare il mio curriculum in almeno dodici ristoranti. Non ditelo a nessuno, ma… l’ultimo della lista è un fast food. E non parlo di quelli con il buffet. Parlo proprio di quelli in cui ti fanno mettere i cappelli di carta in testa dietro il bancone.

«Lo Sceicco è stato gentile, non credi?» mi chiede Samantha, allegra, di punto in bianco.

«No, decisamente non lo era.»

«Questo perché non hai avuto modo di parlargli. Se lo avessi fatto, anche tu diresti che era simpatico.»

«No, Samantha, sei tu che non hai avuto modo di parlargli. Io, in realtà, ci ho parlato eccome, e si è comportato da vero stronzo. E ti ha dato soldi per del sesso, Samantha. Che tipo di uomo fa una cosa del genere, se non uno che ti considera una prostituta? Gentile è l’ultima parola che mi viene in mente, per descriverlo.»

«L’altro giorno parlavo con alcune delle ragazze, al lavoro, e loro mi dicevano che gli uomini ricchi a volte danno soldi alle proprie ragazze, una sorta di paghetta. È una cosa tipica dei ricconi, immagino.»

A volte vorrei proprio poter vivere nel mondo di Samantha. Un mondo nel quale la gente ti da soldi senza alcun apparente motivo, per fare il nulla cosmico. Com’è possibile che accada una cosa del genere? Com’è possibile che c’è gente che si fa il culo ogni singolo giorno, cercando di andare bene a scuola per potersi assicurare un futuro e, allo stesso tempo, prova a prendere tutte le scelte giuste… beh, quantomeno un po’ giuste… e poi c’è gente che semplicemente viene pagati per essere magra e bella? Come può una cosa del genere essere considerata giusta?

«No… Ti danno soldi perché ti considerano una prostituta. Samantha, nessuno ti regala soldi per niente.»

«Beh, se tutto ciò che vuole è il sesso, allora non ho problemi. Perché, Jenny, era enorme» mi dice, con un gran sorriso malizioso. «Ed era così fottutamente bravo…»

Stronza. Questo lo penso e basta, non glielo dico. Non glielo direi mai. Beh, okay, forse glielo direi, ma considerato il fatto che in questo momento potrei aver bisogno dei suoi soldi per l’affitto, eviterò di farlo. Ma ora sapete cosa sto pensando.

«Considerati semplicemente fortunata che non ti sia accaduto nulla. Lo sapevi che tiene un lupo in casa?»

«Davvero? È fantastico!»

«No, non lo è? Solo i pazzi tengono i lupi in casa come animali di compagnia. I lupi sono pericolosi, ammazzano le persone. Non sono animali addomesticati. I figli dei dittatori hanno i lupi, gli uomini strani hanno i lupi, non gente normale ma ricca che vive in grandissimi appartamenti a Los Angeles.»

Samantha getta tutti i vari ingredienti del suo smoothie per colazione dentro il frullatore. «Io credo sia fantastico.»

E non sta neanche scherzando. Samantha è quel tipo di persona che considera i Trans Am e i muscoli cose fighe. Una volta si è vantata davanti a me di aver fatto un pompino ad ogni singolo membro della squadra di football del liceo. E, prima di tutto: chi andrebbe in giro a vantarsene? E poi, ma che schifo!

Dopo aver fatto colazione, la mia giornata procede con la stessa allegria con la quale è iniziata. Mi agghindo di tutto punto, pronta a consegnare curriculum in vari ristoranti. L’obiettivo è quello di far capire loro che posso essere una brava cameriera, e il primo modo per farlo è avere un aspetto impeccabile. L’estate scorsa, al bar in cui lavoravo ottenevo sempre le mance più alte. Avrebbero voluto tenermi con loro, ma io avevo pensato bene di concentrarmi di più sulla scuola piuttosto che continuare a lavorare, convinta che avrei potuto ritrovare il mio stesso posto lì l’anno dopo. Ma non è così. Niente da fare, perciò eccomi di nuovo per strada.

Undici ristoranti e un fast food in cui non hanno neanche accettato il mio curriculum dopo, devo dire che non sento l’umore particolarmente alto. Vorrei soltanto andare a casa, lasciarmi andare contro il mio letto, e tornare a dormire. Mi ci vuole tutta la forza del mondo per continuare la mia ricerca invece di fare esattamente ciò che vorrei fare in questo momento. E lo so che trovare un lavoro è una cosa che serve a me, ma in questo momento non la trovo per niente una cosa bella da fare. Così, quando arrivo a casa dopo una giornata intera di fiaschi su fiaschi, non sono particolarmente incline a sentire le buone notizie che Samantha mi dice subito di avere.

«Indovina?» mi chiede lei, eccitata.

No, non mi va, è quello che penso. Ma, «Cosa, cara?» è quello che invece dico in risposta.

«Lo Sceicco vuole vedermi un’altra volta. E vuole che tu venga con me.»

«Ew!» Senza dubbio, se dovessi mai voler fare un threesome, lo farei decisamente con una ragazza come Samantha. Ma, in ogni caso… «Ew!»

«Non si tratta di quello! Mi hanno mandato una mail. Vuole averci per cena. Mi hanno detto che allo Sceicco piace fare cose del genere per i suoi invitati speciali. Oh, andiamo, devi venire con me!»

Ci penso un attimo su. Di positivo c’è il fatto che sarà completamente gratuita. Che il cibo sarà buono, e che comunque è sempre parecchio divertente, fingere di far parte di quel tipo di mondo per un po’. I contro sono che, beh, per quanto bello… lo Sceicco resta comunque uno stronzo. Non mi fa per niente sentire bene con me stessa. E cosa potrà mai uscirne fuori, da una cena con lui, in ogni caso?

Una pinta di gelato mangiata in un sol boccone riesce sempre a schiarirmi le idee, perciò vado a prenderne una. Un uomo come lui non vuole essere amico con una persona come me. Temo che gente come lui non abbia neanche amici. Solo persone da comprare con cui passarsi del tempo.

«No, grazie. Ma potresti chiedere ad un’altra delle tue amiche di accompagnarti.»

«No, devi venire tu. Mi hanno detto di portare con me la persona con cui sono venuta l’ultima volta. Non posso andare senza di te.»

Questo sì che è strano. Perché invitarmi di nuovo? Lo Sceicco aveva reso chiaro quanto non mi volesse in casa sua di tutto principio. Qualcosa a che vedere con il fatto che stonavo con il resto delle invitate. Pensa che riuscirò a trasformarmi in una bionda stratosferica nel giro di una notte? Beh, forse potrei, ma il punto è che lui non ne vale la pena. E se le cose non vanno bene nonostante i miei sforzi, non ho abbastanza soldi per i quintali di gelato di cui avrei bisogno per riprendermi.

«Mi dispiace, non posso.»

«Ma non sai neanche quando siamo state invitate», insiste Samantha.

«Beh, quand’è?»

«Stasera.»

«Stasera? Oh, vedi? Sono impegnata, stasera.»

«No che non lo sei. Che devi fare?»

«Ho bisogno di attuare un piano per trovare un lavoro per lunedì. Se fosse stato lunedì sera, allora avrei potuto. Ma stasera non posso.»

«Beh, non è forse perfetto? Perché la cena è proprio lunedì sera» mi dice lei, sorridendo soddisfatta.

Wow. Come ha fatto, Miss Biondina, a pensare ad un piano del genere? «Non ci andrò in ogni caso. Forse tu pensi che lui sia un uomo gentile e affascinante, ma io ci ho parlato. Non lo è. Non è stato per niente gentile, con me.»

«Beh, eppure in qualche modo devi aver fatto una buona impressione, perché vuole che torni da lui.»

Strano. Molto strano. In che strano mondo uno Sceicco vorrebbe riavermi in casa sua? Con tutte le donne pronte a saltargli addosso? Le ho viste con i miei stessi occhi, alla festa. Perché pensare di nuovo a me? Non ha senso. Non ha alcun senso, ed io ho pensieri ben più importanti con cui occupare il mio tempo, piuttosto che venire a capo di questa cosa. «No.»

Samantha resta in silenzio per un po’, a guardarmi. Come mi stesse studiando. Come se pensasse che sarebbe in grado di convincermi ad andare, anche se non voglio. Ma con chi crede di parlare?

«Sarò completamente onesta e sincera, con te. Non è me che hanno invitato. Lo Sceicco non vuole che venga anch’io. Ha invitato soltanto te.»

«Cosa? Perché mai?»

«Magari gli piaci?»

«E perché tu stai cercando così tanto di convincermi?»

«Perché mi hanno detto che, se riesco a convincerti, loro mi daranno cinquecento dollari per ringraziarmi dello sforzo.»

Ma che cazzo! Dio! In che tipo di mondo uno Sceicco mi chiede di lasciare casa sua solo per poi corrompere la mia coinquilina a convincermi di tornare? Questa è la cosa più strana che mi sia mai capitata in tutta la vita.

Non ho la più pallida idea di cosa dovrei fare. So cosa farò, e quello è andare a quella cena con lo Sceicco. Ma cosa dovrei fare, nel senso quale sia la scelta davvero giusta, beh, quello non lo so.

Non giudicatemi, d’accordo? Voglio dire, resta sempre un uomo molto, molto attraente.

Ma continuo a non sapere quale sia la scelta giusta.

 

 

Capitolo 3

(Lo Sceicco)

 

Probabilmente vi starete chiedendo per quale motivo io abbia voluto invitare l’arpia a tornare a casa mia. Ma il punto è questo: so di aver detto che ricordo tutto quello che succede anche quando sono in forma di lupo, ma… non è vero. Ricordo la maggior parte delle cose. Ricordo le cose più terribili. Ma il resto… i dettagli precisi… beh, quelli restano sempre un po’ offuscati.

Mi ricordo di averla vista. Mi ricordo di averla rincorsa. Ma l’avrò afferrata? Mi sembra quasi di averlo fatto. E, se l’ho fatto, l’avrò morsa?

Se l’ho fatto, questo è il problema. Perché, se l’ho fatto, i miei uomini dovranno farla sparire, in qualche modo. E prima che cominciate, sarebbe per il vostro bene! Volete vedere un altro lupo mannaro in giro per la città, ad infettare altra gente perché non sanno cosa sta succedendo loro? Non credo proprio. Perciò, piuttosto che giudicare i nostri metodi, ringraziatemi di tenervi al sicuro. Ecco tutto.

E prego!

Sfortunatamente, però, l’unico modo per scoprire se l’arpia è stata infettata oppure no senza allarmare i miei uomini e farli preoccupare, è invitarla a cena. Come se volessi passare del tempo con lei, quando non è assolutamente vero. Sono ancora ferito dalla nostra ultima interazione. Ragazze, ascoltate bene: a nessuno piacciono le arpie. Ma, ora che sono bloccato con una, quantomeno per una cena, non posso fare nulla a riguardo.

Devo ammettere di essere rimasto particolarmente sorpreso di aver sentito che ha accettato di tornare. Se devo tirare ad indovinare, mi viene da dire che, alla fine dei conti, io sono pur sempre uno Sceicco, e lei è pur sempre una plebea. Potete dire ciò che volete su questi modi elitari di pensare, ma i pensieri non vanno da nessuna parte, se non c’è nessuno che concorda con questi.

Perciò, questo è il mio piano per la serata: lei sarà qui per le otto. Mangeremo insieme ed in silenzio ci godremo la cena. Le chiederò se per caso non sia stata morsa da un lupo, e lei dirà di no. A quel punto le offrirò il dessert, lei si leccherà pure il piatto, io le darò dei soldi, e poi potrò cacciarla via dalla mia vita per sempre, e concludere con questa cosa una volta e per tutte.

Se solo riuscissi a rilassarmi, adesso, sarebbe fantastico. Non faccio altro che entrare in tensione da quando ho saputo che ha accettato l’invito. Solo pensare a lei mi stressa. Non mi piace. Non mi piace nulla di lei. È furba e cattiva. Perché una donna vorrebbe essere così cattiva di proposito?

Nel mio Paese, alle donne viene subito insegnato che bisogna farsi guardare, mai sentire. Che devono tenere la bocca chiusa. Voi Americani… sì, le vostre ragazze vi fanno pompini a scuola, ma certamente le lasciate troppo libere di comportarsi come vogliono. A mio parere, ci sono delle tradizioni che bisogna rispettare.

Verso le sette, comincio a prendere in considerazione l’idea di invitare una Britney o l’altra per scopare e scaricare la tensione prima dell’arrivo dell’arpia. Mi aiuterebbe a rilassarmi. A calmarmi. Neanche un bell’appartamento e una vista da mozzare il fiato riescono ad aiutarti, quando sei in queste condizioni. Deve avere a che fare con il fatto che, alla fine dei conti, resto pur sempre in gabbia. Mi sento in trappola. Fare avanti e indietro aiuta solo fino ad un certo punto. L’unica cosa che mi resta da fare per ammazzare il tempo è la stessa che vorrei non dover fare, quella che odio di più: lasciare il lupo libero di scorrazzare per un po’.

Alle sette e un quarto mi decido finalmente a farlo. Mi chiudo a chiave in una stanza, tolgo con lentezza tutti i vestiti e li metto dentro l’armadio. Ora nudo, mi posiziono al centro della stanza e lascio che i miei istinti prendano il sopravvento. Fermo proprio dietro il lupo, comincio a sentire la tensione andare via. Tutto ciò che posso fare è correre in cerchio, ma me lo farò bastare. Riesce a scacciare via un po’ dello stress che provo.

Non so perché l’arpia mi renda così nervoso, eppure vorrei poter non dover presenziare alla cena. Come può una ragazza come lei credere di riuscire a trovare un uomo, un giorno? Non è quel tipo di donna con cui un uomo può parlare. Non è come quelle che ho sempre incontrato. È molto frustrante. Ma lasciare che il lupo prendesse il sopravvento mi aiuta un po’ a calmarmi.

 

«Prego, entra» dico, forzando un sorriso.

L’arpia si è vestita bene. Non è certamente brutta. È solo che… come posso dirlo senza risultare una brutta persona… non ha l’aspetto che una bella donna dovrebbe avere. Ecco, non c’è modo di lamentarsi di ciò che ho appena detto. Le donne dovrebbero avere sempre un certo aspetto, e lei quell’aspetto non ce l’ha. Questo è il suo unico problema… e, beh, anche il fatto di essere un’arpia non scherza.

«Ciao», dice lei, sorridendo.

«Sono contento che tu abbia accettato il mio invito. Temevo non lo facessi.»

«Stavo per non farlo, infatti. È stata la mia coinquilina a pregarmi. I favori che dovrà farmi in cambio per essere venuta ne valgono la pena.»

«Quindi non volevi venire?»

«Beh, se la memoria non m’inganna, mi hai chiesto tu stesso di andare via e non tornare in casa tua, l’altra sera, perché non ero abbastanza bella per poter restare tra i tuoi invitati.»

«Lo ricordo, sì. Eppure, eccoti qui.»

«Eccomi qui.»

Entrambi restiamo in piedi a fissarci come questa fosse una sorta di sparatoria messicana. Non che io sappia esattamente come sia, ma mi da questa sensazione.

Guardandola negli occhi, per un attimo considero l’idea di non farla entrare. Perché non può avere lo stesso aspetto di ogni altra donna? Forse riuscirei a sopportare questa sua personalità, se avesse un aspetto, beh… non come quello che ha.

«Hai intenzione di lasciarmi ferma qui per tutta la sera?» mi chiede lei.

«No, certo che no. Prego, seguimi.»

Okay, l’ho fatto. L’ho invitata ad entrare. Mi sto comportando bene, da perfetto padrone di casa. Non c’è nulla che mi si possa dire. Mi sto comportando da perfetto gentiluomo.

«Ho pensato che potremmo procedere direttamente con la cena?» chiedo, con il mio tono affascinante.

«È una domanda?»

«No, era il mio modo di essere affascinante. Così, per dire.»

«Sai di avermi invitato per una cena, sì?»

«Non preoccuparti, ti darò da mangiare.»

«Scusa, che cosa hai appena detto?»

Il modo in cui mi pone questa domanda mi fa pensare che lei pensi io l’abbia detto in modo brutto. Come sia offesa dalle mie parole. Non era mia intenzione offenderla, però. Forse vendicarmi, sì. Non può semplicemente accettare il mio essere affascinante e cordiale e basta? Perché deve essere così difficile, essere grati per la persona che sono?

«Ho detto che stiamo andando a cena.»

«No, non è questo che hai detto. Hai detto, “Non preoccuparti, ti darò da mangiare”, come se fossi una grassona che non fa altro che sentire la fame ogni singolo momento.»

«Woah, io questo non l’ho detto proprio. Per niente.» Lo intendevo, certo, ma non l’ho mai detto ad alta voce, quindi non ha alcuna prova.

«È stato un errore, venire, ed io lo sapevo» dice, smettendo di camminare, già pronta a tornare verso la porta.

Lasciarla andare via non porterà a nulla di buono per nessuno. Se va via, sarò costretto a dire ai miei uomini che potrebbe esserci una persona infetta in giro, e dovremo procedere di conseguenza. Se non lo dico ai miei uomini e lei poi si trasforma, invece, allora avrei sulla coscienza ogni singola persona che lei si ritroverebbe a fare a pezzettini. Senza contare che mezza Los Angeles potrebbe ritrovarsi infetta. No, non posso lasciarla andare. Nessuno di voi dovrebbe volerla vedere andare via.

«No, ti prego, non andare. Cosa ne dici se proviamo entrambi a comportarci bene l’uno con l’altra per il resto della serata?»

«Beh, che ho fatto io, scusa? Mi sto comportando da perfetta invitata.»

«Davvero? Questo è il tuo essere la perfetta invitata?»

«Mi sono presentata vestita in maniera molto carina. Sono stata puntuale. Mi stavo comportando in maniera amichevole. Eppure, tu continui ad insultarmi senza alcuna ragione. Perché non dirmi che sono molto carina, stasera, piuttosto? Perché non ringraziarmi per aver accettato il tuo invito?»

«Okay, d’accordo, grazie per essere venuta, stasera. E, sì, sei molto carina» dico velocemente, sperando non prenda a farsi strane idee, adesso. L’ultima cosa che voglio è avere una ragazza grassottella che mira al mio cazzo.

È importante che lei non si faccia strane idee. È qui soltanto perché ho bisogno di capire cosa farmene di lei, se potermi dimenticare della sua esistenza subito, o se dover mettere in mezzo i miei uomini per sbarazzarci di una possibile minaccia e proteggere tutti quanti voi. Ma, immagino che non sia necessario che io sia sgradevole, nel frattempo.

«Grazie. Anche tu sei molto bello, stasera» dice lei, sorridendo.

«Beh, grazie!»

Sapete cosa, questa sì che è una cosa che non sento mai. Sono bello, e nessuno ha bisogno di dirlo perché è un dato di fatto, ma il punto è che non me lo dice mai davvero nessuno. Sarebbe bello sentire le donne dirlo, di tanto in tanto. Fa un bell’effetto.

Voglio dire, il modo in cui sono non è tutta natura. Avete idea di quanto mi ci sia voluto, per avere l’aspetto che ho oggi? Ho dovuto cambiare tantissimi prodotti per capelli, trovare il tipo di vestiti che faccia al caso mio, e persino il modo in cui mi comporto ha a che fare con il mio fascino. Non è semplicemente successo. Eppure, mai una donna si è presa un attimo per farmi notare quanto bello pensano che io sia. Perciò è bello sentirselo dire, anche se a dirlo è proprio l’arpia.

Le faccio strada verso la sala da pranzo, e le mostro la vista. È un posto parecchio bello, il mio. Non è tanto l’arredamento in stile diciottesimo secolo che ti lascia senza fiato, quanto più le enormi finestre che si affacciano sulla bellissima Los Angeles, a farlo.

In silenzio le faccio vedere tutto questo, e aspetto il momento in cui lei perderà il respirò. E lo perde. Lo perde davvero. Mi piace chiamare questa stanza “la stanza che ti fa bagnare le mutandine”. Io non avevo intenzione di fare bagnare le sue, esattamente, ma cosa c’è di male nel farle vedere proprio tutto ciò che ho da offrire? Niente, secondo me.

In silenzio, poi, mangiamo gli antipasti. Paté d’oca, vorrei sottolineare. La cena, invece, è a base di manzo Wellington. Il mio piatto preferito. Una volta preso a mangiare, decido che sia il caso di spezzare questo completo silenzio.

«Cosa fa una ragazza come te quando non è in un posto come questo?»

«Studia. Sono una studentessa.»

«E cosa studi?»

«Diritto. Sto per entrare al mio ultimo anno.»

«Davvero? Dove?»

«UCLA.»

«Ci vanno un sacco di ragazze, lì» sottolineo io, ricordando una o due Britney dirmi di frequentare quest’Università.

«Sì, è frequentata da molte persone» dice lei, sorridendo come se mi stesse prendendo in giro.

«Quindi vuoi diventare un’avvocatessa?»

«Sembrerebbe di sì, considerata la mia linea di studi.»

«Sì, infatti.»

Magari non le va molto di parlare. Forse è meglio restare semplicemente qui a mangiare, scoprire poi quello che ho bisogno di scoprire, e porre fine a questa serata. Non c’è motivo di essere galanti o chissà che. Voglio dire, visto che non vuole! Avrei potuto benissimo farla rapire dai miei uomini, tenerla chiusa in una gabbia fino alla luna piena e scoprire così cosa sarebbe successo, ed evitare tutta questa falsità. Invece, ho scelto piuttosto di fare la cosa più carina. Ma visto che lei non ha voglia di essere carina, così sia.

«E cosa fa una persona come te, invece, quando non sta qui?» mi chiede lei però, alla fine.

Mi sorprende sentirla pormi una domanda, così tanto che, per un attimo, non so cosa rispondere. Forse dovrei essere secco e fastidioso come lo è stata lei, ma decido di non farlo. Alla fine, sono io quello più maturo, qui, chiaramente.

«Non sono mai fuori da qui.»

La guardo, cercando di capire come reagirà a questa mia risposta. I suoi occhi cadono nuovamente sul piatto.

«Dev’essere bello.»

«No, non lo è. Questi tre piani sono tutto ciò che posso vedere.»

«Perché? Sei tipo, agli arresti domiciliari, o qualcosa del genere?»

La studio un po’, cercando di valutare quanto sia saggio dirle. È pericolosa? Potrebbe costituire una minaccia? Probabilmente no.

«Sì. Qualcosa del genere.»

«Oh… quindi letteralmente non sei mai in un posto che non sia questo, perché non puoi lasciarlo. Mi dispiace» dice, con un tono che mi fa credere sia sincera.

Io scrollo le spalle. «Vado avanti. Mi do da fare. Organizzo feste… mi tengo occupato.»

«Deve comunque essere una vita un po’ solitaria.»

Sto cominciando ad odiarla davvero. Non ci dovrebbe forse essere una sorta di regola che detta che non è il caso di infilare il dito nella piaga, o in questo caso nelle sofferenze di qualcuno? Voglio dire, non sono la persona più aggiornata sul galateo, immagino, ma continuare a sottolineare la debolezza di una persona non può essere considerato educato, certamente!

«Ha i suoi momenti», rispondo e basta.

«Perciò hai soltanto le tue guardie del corpo e le tue feste?»

Sta proprio cominciando a darmi sui nervi. «E le mie amichette, sì.»

«Quelle con cui scopi, immagino. Tipo Samantha?»

«Mi danno ciò che mi serve.»

«Non vuoi mai di più?»

«Mi accontento di ciò che posso avere. Non è tanto, qui sopra.»

«Immagino di no. Dio, non vorrei essere nei tuoi panni.»

Okay, questo è troppo. C’è solo tanto che una persona può sopportare. Io sono qui a comportarmi da gentiluomo, ad aprirmi con lei, e lei mi prende in giro. Lo so bene di non essere in una bella situazione. So che la mia vita può essere considerata vuota e triste. Ma cosa diavolo dovrei farci, io? Ho una malattia. Non sono stato io a scegliermi questa vita. È semplicemente così che sono andato a finire. E adesso sono bloccato qui, a cenare con una persona che sente il bisogno di prendermi in giro a riguardo. Penso sia arrivato il momento di terminare questa farsa.

«Dunque… quando sei venuta qui l’ultima volta… hai visto il lupo al piano di sotto?» le chiedo, giusto per portare a galla l’argomento. So già che l’ha visto.

«È questo che era? Un lupo? Pensavo fosse una strana razza di cane-lupo, piuttosto. Perché mai tenere un vero lupo dentro un appartamento?»

Come dovrebbe rispondere, una persona, ad una domanda del genere?

«Non è qualcosa che posso semplicemente lasciare indietro. Perciò, l’hai visto?»

«Oh, sì.»

«Non ti ha morso o qualcosa del genere, vero?»

«Mordermi? Perché lo chiedi?»

Perché se l’ha fatto, la tua vita è finita, avrei dovuto dire. Invece dico, «Giusto per assicurarmi che non hai bisogno di assistenza.» Visto come sono sottile, nelle cose? ‘Assistenza’, in questo caso, non sarebbe esattamente ciò che pensa lei. Per niente.

«No. Perché, ha qualcosa che non va?»

«Se non ti ha morso, allora non hai nulla di cui preoccuparti.»

«Mi ha graffiato.»

Mi congelo sul posto, quando lo sento. «Con… i denti?»

«No, penso fossero i suoi artigli.»

Questa sì che è una cosa nuova. So cosa succede quando qualcuno viene morso. Ma che succede se a qualcuno viene solo fatto un graffio? Come si procede, in questi casi?

«Perché? Dovrei preoccuparmi? Non mi sembra infetto.»

Beh, sì… Non sembra mai infetto. Che diavolo dovrei fare?

«Mi stai spaventando. Dovrei preoccuparmi?»

«No», le dico, cercando di rassicurarla. «Un graffio non è nulla. Volevo solo assicurarmi che non ti avesse fatto del male, ecco tutto.»

Lei torna a mangiare con apprensione, ma io non posso fare a meno di continuare a guardarla. Il problema è che adesso non ho la più pallida idea di cosa potrebbe succedere. Potrebbe trasformarsi, ma potrebbe anche non farlo. Potrebbe farlo tra un mese o due… Come faccio a proteggervi tutti?

La cena prosegue, e lei continua a farmi qualche domanda. Io rispondo velocemente. Non perché voglio essere maleducato, ma semplicemente perché ho troppi pensieri per la testa.

Non è una ragazza orribile. Non si merita di morire, o cose del genere. Ma cosa posso fare, ora, per sistemare questa situazione? Come faccio ad assicurarmi che sia tutto okay? Forse dovrei semplicemente sacrificarla e tenermi sul sicuro. O magari c’è un altro modo…

«Stai cercando un lavoro?» le chiedo, pronto a parlare di nuovo.

«Perché? Ne conosci qualcuno?»

«Forse. Stai cercando?»

«Sto cercando, ma dipende dal lavoro. Non cerco qualcosa come quello che ha fatto Samantha.»

«Cosa? Oh, Dio, no. Stavo pensando a qualcosa più come una segretaria. Ho certi limiti, essendo chiuso qui dentro. E come hai sottolineato tu molto rudemente, la mia vita tende ad essere solitaria, la maggior parte delle volte. Potrei utilizzare qualcuno come te, per tenermi occupato.»

«Cosa dovrei fare? Trovarti delle prostitute?»

«No, per quello ho già altra gente. Parlo piuttosto di organizzare cene o pranzi con gente interessante con cui poter passare il mio tempo. Potresti occuparti tu di organizzare serate per i fine settimana. Darmi un po’ di vita sociale, insomma. E, nel frattempo, dovresti venire qui ogni giorno e renderti disponibile per qualsiasi cosa io potrei aver bisogno da te.»

«E quanto mi daresti?»

«Cosa ne pensi di millecinquecento a settimana?»

So bene che questa cifra non è neanche la metà di quanto mio padre paga la sua segretaria, ma sono un sacco di soldi per una studentessa universitaria. Non ci credo che non voglia accettare. E con lei al mio fianco ogni giorno, potrò riuscire ad assicurarmi che non sia una minaccia.

«E non dovrò fare i conti con nessuna delle tue donne.»

«Beh, questo non l’ho detto. Ma di certo non dovrai occuparti di trovarmele, no… È bene che tu sappia che ho un certo… appetito, per certe cose. È semplicemente così. Se hai un problema con la cosa allora forse dovremo cambiare un po’ la situazione, ma resta il fatto che nella mia vita ci sono spesso delle donne, e questa cosa non cambierà.»

 

 

Capitolo 4

(Jenny)

 

Millecinquecento a settimana? Dice sul serio? Andrei a letto con lui ogni singolo giorno per il resto dell’estate, per millecinquecento a settimana! Non giudicatemi, vi dico. È sexy.

Mi viene da chiedermi se questo non sia semplicemente un lavoro dato da un pappone esaltato. Non che la cosa mi fermerebbe, devo dirvelo… sono pur sempre millecinquecento a settimana. Ma ci penserei su un attimo, prima di accettare, in quel caso.

Resto a guardarlo, chiedendomi dove sia la trappola. So di essere giovane, ma ho già imparato che non c’è niente di così bello che ti venga semplicemente donato senza qualcosa in cambio, o senza una trappola. Solo ieri sera quest’uomo mi ha chiesto di andare via da casa sua, e oggi invece mi offre un lavoro e una paga da restare senza fiato. Cose del genere non succedono a gente come me, semplicemente no. Accadono a gente come Samantha, belle ragazze bionde che non hanno molto, dentro il cervello.

No, io sono più quel tipo di persona che viene scambiata per la cameriera, durante le feste. O una di quelle persone che si passa anni a studiare e poi finisce col fare la receptionist. Non sono il tipo fortunato. Sono il tipo di persona che si passa dodici ore al giorno a lavorare e viene pagati la metà di quanto dovrebbe. Splendidi Sceicchi non offrono lavoro a gente come me.

Però ho bisogno di soldi. Perciò, se una notte lui mi mette all’angolo dentro la sua stanza e mi ordina di togliermi i vestiti, credo che a malincuore lo farò. E se mi dice che il mio lavoro dipenderà dal soddisfarlo sessualmente, mi troverò costretta a farlo.

Non mi piacerà, ma la verità è che devo pensare al mio futuro e alla mia istruzione.

Sarò costretta a gettarmi su quella sponda calda, dura e forte e fare un favore a me e la mia squadra, chiamata “debito universitario”. Non mi piacerà, ma dovrò farlo per me, e per la mia laurea.

«Quando vorresti che cominci?» gli chiedo, non pronta a mostrargli le mie carte, o le mie parti basse, se è per questo.

«Che ne dici di domani?»

«Beh, penso di aver bisogno di un giorno o due per prepararmi come si deve, non ero pronta ad iniziare subito. Ma se è assolutamente necessario che cominci domani, allora posso provare a riuscirci.»

«Allora assicurati di riuscirci. Mi aspetto di vederti arrivare prima ancora che mi svegli, e restare qui per tutto il tempo in cui avrò bisogno di te.»

Sì… mi vuole. Saranno mesi lunghi e duri. Se sono fortunata, molto, molto duri.

La serata si conclude molto in fretta, dopo di ciò. Mi sarei aspettata il dessert, ma lui non me ne offre uno. No, al contrario, lo Sceicco mi scorta fuori da casa sua come avesse altri impegni. E quando gli chiedo a che ora dovrei essere lì l’indomani, lui mi ripete che dovrei arrivare prima che lui si svegli. La cosa non mi da molte indicazioni, perciò decido che arriverò per le sei del mattino.

 

Alle sei in punto del mattino sono già nell’edificio. Certo, ho dormito soltanto tre ore, e forse non sono nella mia forma più smagliante, ma ho intenzione di prendere questo lavoro molto seriamente. Se significa non essere molto a mio agio all’inizio, così sia. Dopotutto, se le cose vanno bene, dopo pochissime settimane di lavoro riuscirò a togliermi dalle spalle il debito con l’Università, e allora lì potrò finalmente respirare un po’.

L’unico problema è che l’unica persona già sveglia e pronta a lavorare è un uomo che non sa nulla di me e di ciò che dovrei fare. Questo significa che sono costretta a restare nella lobby dell’edificio per un’ora.

Alle sette sembra finalmente cominciare la giornata lavorativa, e il ragazzo che lavora lì è anche parecchio carino. Lo riconosco, perché era di guardia all’entrata sabato sera. Penso sia a capo della sicurezza. Lui sa chi sono e perché sono qui, ma mi dice che non posso salire, perché non ci sarebbe nessuno lì a controllarmi.

Salgo nella suite soltanto alle nove del mattino. Qualcuno potrebbe dire che ho sprecato tre ore della mia mattinata senza fare niente, quando avrei potuto dormire, e avrebbe anche ragione. Ma… verrò comunque pagata millecinquecento euro a settimana. Cosa sono tre ore di attesa quando vieni pagata trenta euro l’ora? Posso sopportare più di questo.

Dopo aver fatto il tour del posto, mi viene finalmente detto che lo Sceicco non si alza mai prima delle undici del mattino. Il giorno dopo mi verrà più semplice, organizzarmi. Quando alla fine vengo lasciata da sola, decido di fare un tour più approfondito per i fatti miei.

Permettete che vi spieghi un po’ ciò che vedo. Il secondo piano è quello dal quale entrano tutti. Ha tetti altissimi e un grande open space. Entrando dalla porta, l’ingresso è decorato con marmo e grosse colonne.

Il marmo del pavimento arriva fino alla parte del salotto principale, dove solitamente si svolgono le feste. Alla destra c’è un enorme pianoforte, molto bello, e alla sinistra c’è la sala bar. Più in là, sulla sinistra, c’è un angolo con grandi cuscini e un enorme TV a schermo piatto.

Alla destra, invece, si entra in cucina e in sala da pranzo. E, sempre a destra da lì, c’è una grande scalinata che porta sia al terzo piano, che al piano di sotto.

Il marmo continua anche dentro le stanze. Nella sala da pranzo c’è un grande tavolo pensato per ospitare otto persone, ma ha l’aria di poter essere allungato per dodici.

Ogni singola parte esterna delle stanze presenta finestre a parete alte dal pavimento al soffitto. Durante il giorno, danno la possibilità di godere di una magnifica vista. Si può vedere tutto il centro di Los Angeles, da quassù, da un lato. Dall’altro, invece, si vede l’Oceano Pacifico.

Per farvi capire meglio, dovrei chiedervi di immaginare la più imponente casa al mare in marmo bianco che abbiate mai potuto vedere dentro una rivista di case, perché è esattamente uguale. Anzi, a dirvela tutta, penso proprio di aver visto una cosa uguale a questa in una di quelle riviste. È incredibile.

Al piano di sotto ci sono diverse aree per passarsi il tempo. Proprio dopo le scale c’è un piccolo giardino che si estende fino al balcone. Poi c’è la palestra. A destra c’è la stanza dove ho trovato il lupo, e non ho intenzione di andarci un’altra volta. E, continuando, trovo persino una piscina. Avete sentito bene. Trovo una piscina al diciottesimo piano di un edificio, dentro un appartamento. Non avrei mai pensato di dirlo, eppure eccoci qui.

Il terzo piano, invece, è dove ci sono le camere da letto, inclusa quella dello Sceicco. Non mi è permesso entrare, lì… ancora. Però, faccio comunque un tour delle camere aperte, e noto che il tema bianco e non bianco continua anche in questo piano. I letti sono enormi, e sembrano avere lenzuola e piumoni in stile egiziano, del colore nelle tonalità del perla e malva.

Non c’è niente di molto personale, qui dentro. Ha davvero tutta l’aria di essere un posto pronto ad essere fotografato e messo all’interno di una rivista. Mi chiedo silenziosamente se il palazzo nel quale probabilmente è cresciuto sia simile a questo, senza niente di personale in giro.

Questo tour personale del posto mi impiega un’ora piena, e dopo di ciò resto senza nulla da fare. Così, quando resto senza nulla da fare, prendo una sedia e la posiziono di fronte una delle grandissime finestre, e resto seduta lì a godermi la vista. Mi guadagno ulteriori trenta dollari senza far nulla oltre che guardare il panorama.

«Ah, sei qui?» mi chiede d’improvviso uno Sceicco mezzo nudo, entrando nella sala da pranzo.

«Non dovrei essere qui?» chiedo, domandandomi se per caso io non abbia frainteso le sue parole.

«No, intendo che sei qui, nei miei spazi» dice, senza l’ombra di un sorriso.

«Dove dovrei passare il mio tempo?»

«Sei al lavoro. Non dovresti “passare il tuo tempo” da nessuna parte, dovresti lavorare.»

«Intendevo dire, dove dovrei aspettarti?»

«Pensi che sia io ad organizzare queste cose? Devo dirti che stai facendo proprio una brutta prima impressione, oggi.»

Senza dire altro lascio i suoi “spazi” e trovo Gerard, il capo della sicurezza. Gli chiedo dove dovrei aspettare, e lui mi dice di non saperlo. Poi gli chiedo se ha idea di cosa dovrei fare, e lui sembra confuso tanto quanto me. Qualcosa mi dice che questa sarà una giornata difficile. E quando sento la voce dello Sceicco urlarmi di andare da lui, mi sembra che tutti i miei sospetti vengano confermati.

«Perché non eri qui?» mi chiede, dopo avermi mandato via lui stesso neanche cinque minuti fa.

«Beh, io ero qui…»

«Pensi che sei qui per inventarti scuse?»

«No, stavo solo…»

«Pensi ci sia qualcosa che puoi dire, in questo momento, per migliorare la tua situazione?»

Ci penso un attimo. Sta facendo qualcosa. Chiaramente, nulla di ciò che potrei dirgli riuscirebbe a soddisfarlo, perciò decido invece di restare in silenzio.

«Infatti. Proprio come pensavo. Io mi alzo con i miei tempi, la mattina, vengo a fare colazione, e dopo aver preso il caffè, mi aspetto di vederti entrare e dirmi cosa esattamente mi aspetta durante la giornata. Ora… hai il foglio con i miei impegni per la giornata pronto?»

Sta scherzando? Questo è il mio primo giorno! Non sono riuscita a trovare da sola questo posto per ben due ore, e si aspetta che abbia una sorta di piano scritto da qualche parte per la sua giornata?

«Ho pensato sarebbe stato meglio parlare prima con te e vedere come preferisci sia la tua giornata prima di fartelo vedere.» Ovviamente sto dicendo soltanto balle, non c’è alcun foglio da far vedere. E penso lo sappia anche lui. Ma se vuole giocare a questo gioco, beh, chi sono per dire di no? Mi paga trenta euro all’ora. A me va bene. Giocherò anch’io.

«Bella risposta. Ecco cosa voglio io: alle dodici, o magari più alle due del pomeriggio, mi aspetto di avere un pranzo leggero con qualcuno con cui poter fare conversazione, preferibilmente gente Reale, ma se non è possibile, quantomeno del mio rango. Possono restare solo fino alle tre del pomeriggio, momento in cui vorrei vedere il mio personal trainer arrivare per portarmi via.

«Con lui resterò ad allenarmi per circa due ore. Dopodiché, vorrei cenare, con un gruppo di quattro o cinque persone, preferibilmente. Nessuno di troppo noioso, che non sa cosa dire, come passarsi il tempo. Poi, verso le dieci di sera, vorrei tenere soltanto una Britney con cui condividere il dessert, e passarmi il resto della nottata. Tutto chiaro?»

Sta scherzando? Non riesco a capirlo. Avrei dovuto trovare cinque persone con cui fargli condividere pranzo e cena, ogni singolo giorno? E chi è, poi, questa Britney? Ha una ragazza? Lei sa delle feste settimanali che indice, in cui si scopa altra gente? E dove diavolo dovrei trovarle delle persone di sangue blu a Los Angeles? Sto cominciando a pensare che, a prescindere dalla paga, non avrò modo di fare questo lavoro. Semplicemente perché questo è un lavoro impossibile.

«Capito?» ripete ancora, un po’ petulante.

«Sì, ho capito. C’è qualcuno che ha una sorta di agenda o rubrica con numeri di gente che posso chiamare? Amici tuoi, magari?»

«Penso che uno dei ragazzi possa dartene uno. Ma perché lo chiedi a me? Questa è una domanda che dovrei porre a te.»

Resto a guardare lo Sceicco, un po’ persa. Mi sta dando un po’ troppe cose da fare tutte in una volta. Da un lato, non posso mentire, e vi dirò che sono non poco emozionata all’idea di incontrare gente importante. Dall’altro lato, però, come si invita gente di sangue blu a pranzo? Li chiami semplicemente al telefono? Li hanno, loro, i telefoni? E quando si aspetta che cominci a prepararla, questa lista?

«C’è un motivo per cui ti trovi ancora qui?» mi chiede lo Sceicco, d’un tratto.

«Mi stai dicendo di andarmene?»

Lui mi guarda con un sopracciglio inarcato. Un nuovo sguardo, sul suo viso. Mi viene da pensare che sia il suo modo di dire, «Mi sembrava ovvio?», senza però dirlo davvero.

Vado via particolarmente stressata, e ho appena cominciato. Devo trovare gente di sangue blu con cui fargli passare il pranzo e ho solo tre ore di tempo per farlo, durante il mio primissimo giorno di lavoro. Che ve ne pare? A me sembrano grandissime cazzate, e la cosa non mi piace. Così, nel momento in cui lascio lo Sceicco, subito trovo Gerard e lo riempio di domande.

A quanto pare, questo fantomatico libro nero esiste veramente. Ma ogni singolo contatto all’interno è un numero che viene dall’Europa. Lo Sceicco è a Los Angeles soltanto da due mesi e non conosce nessuno nei dintorni. Penso che ciò che voglia davvero da me sia che io gli trovi una rete di persone con cui passarsi il tempo che siano disposte a venire dentro questo appartamento senza andare da nessun’altra parte. Ma come dovrei fare? Io sono solo la ragazza che tiene le borsette alle ragazze carine mentre loro acchiappano gli uomini. Non sono una di quelle che invita gente dal sangue blu. Questo lavoro sta cominciando a sembrarmi come una sorta di Mission Impossible, per cui mi pagano trenta euro l’ora.

Non ho intenzione di rinunciare, però. Non ho intenzione di andare via senza almeno provarci. So come utilizzare il telefono, e di certo non sono timida. E, con i soldi come mio obiettivo finale, ho qualche idea su come riuscirci.

Anche se potrebbe volerci più delle tre ore che ho a disposizione, per riuscirci.

Trovata la posizione perfetta in giardino, mi metto subito al lavoro. Anche se le quattordici, e quindi l’ora di scadenza, si avvicina rapidamente, penso che sia meglio trovare un personal trainer, come prima cosa. Chiamo la palestra più costosa che riesco a trovare a Los Angeles—non è difficile—e chiedo alla segretaria se conoscono un personal trainer che possa venire qui con così poco preavviso. La cosa risulta essere più facile del previsto. Contatto quello che sembra il migliore, e gli dico di presentarsi alle tre e mezza.

La seconda cosa su cui mi concentro è il pranzo. Lo Sceicco ha detto che ha bisogno di qualcuno che sia o un Reale, o comunque qualcuno del suo livello. Trovare una persona di rango reale potrebbe essere difficile, ma deve pur esserci qualcuno del suo livello, in giro da queste parti.

Mi rendo conto molto in fretta che sotto questo punto di vista, ho quantomeno un asso sotto la manica. Samantha, la mia coinquilina, che tecnicamente mi deve comunque un favore, lavora in uno strip club. Resto sempre a bocca aperta quando lei mi dice del numero spropositato di ragazzi che lascia il proprio numero di telefono, seriamente convinti che lei li richiamerà, ad un certo punto. E non parlo solo di banchieri, o avvocati. Parlo di gente famosa, di attori, cantanti. Lo strip club dove lavora è decisamente un posto in. E il fatto che lei, lì, non faccia neanche la stripper, la rende soltanto più intrigante agli occhi degli uomini che entrano all’interno del locale.

Questo, in questo momento, significa però soltanto una cosa: che Samantha ha una rubrica tutta sua. E se riesco a fargliela aprire, soltanto un pochino, riuscirei a vincere questa giornata. Dopotutto, comunque… lei mi deve davvero un favore.

«Samantha, ho iniziato a lavorare in un posto, oggi, e avrei bisogno di un favore» le dico. Non me la sentivo di dirle tutto ieri sera.

«Oh, figo! Dove?» Non credo proprio mi stia chiedendo perché davvero interessata, ma più perché è convinta che, ora che ho un lavoro, lei può vivere a scrocco da me.

«In realtà, è con lo Sceicco. È per questo che ieri mi ha invitata a cena, per offrirmi un lavoro.»

«Davvero? Allora mi sa proprio che mi devi un favore, ora!»

Diamine! «Beh… non ne sarei poi così sicura, sai? Del resto, per convincermi a venire alla cena, sei stata tu ad ottenere cinquecento dollari, quindi… Continuo a pensare che tu mi debba un favore, piuttosto. E… ho proprio bisogno di riscuotere, adesso.»

A questo punto, Samantha mi ascolta senza opporre resistenza. Mi ci vuole un po’ per capire perché, ma è quando realizzo che vede il mio nuovo lavoro come un’opportunità per non fare un cazzo lei stessa, che capisco.

«Ho bisogno di trovare qualcuno con cui farlo pranzare, oggi. Deve essere una persona importante, non per forza del suo stesso rango, ma con una certa affluenza. Del suo stesso calibro E ne ho bisogno per le due del pomeriggio.»

«Intendi che hai bisogno di qualcuno alto come lui?»

Wow. «No. Intendo qualcuno che sia importante come lui, uno di ceto reale, o comunque una persona famosa. Pensavo potessi aiutarmi a trovare il numero di qualcuno.»

«Beh, potrei. Ma sarebbe una cosa molto importante. Mi hanno, del resto, dato i loro numeri aspettandosi qualcosa.»

«Che intendi?» Lo so bene cosa intende, anche se forse lei non lo sa. Vuole qualcosa in cambio, per il suo darmi dei numeri. Non pensavo di doverle dare proprio niente. E mi dico che, se non è così difficile per qualcuno convincerla a farle aprire le gambe per loro, allora non sarà difficile per me convincerla a darmi dei numeri senza bisogno di dover ricambiare il favore.

«Per come la vedo io, chiunque si sentirebbe parecchio fortunato all’idea di incontrare uno Sceicco. Anzi, per come la vedo io, chiunque riesca a mettere qualcun altro in contatto con uno Sceicco dovrebbe ritenersi così fortunato da pensare di dovere un favore alla persona che ha organizzato la cosa.»

Dall’altro capo del telefono regna il silenzio per un po’. Apprezzo la cosa. Ci vuole un po’, per il cervello di Samantha, processare le parole, perciò apprezzo questo silenzio, perché significa che sta riflettendo bene su ciò che ho detto. Ci sta sempre un po’ di più rispetto agli altri, a rispondere. La verità, comunque, è che Samantha riconosce meglio di me quali sono i benefici del crearsi una rete di conoscenze, e so che capirà cosa sto cercando di dire e fare. E, dopo essere rimasta in silenzio per un bel po’ di tempo, alla fine mi dimostra che avevo ragione.

«Beh, potrebbe esserci qualcuno…»

«Davvero? E chi è?»

«È questo ragazzo che mi ha dato il suo numero proprio ieri sera. È il cantante dei Juice. Sai chi sono i Juice?»

Se so chi sono i Juice… non c’è bisogno che Samantha me lo spieghi. È una band che sta spopolando, ultimamente. Hanno avuto ben dieci hit in questi ultimi due anni. Sono fenomenali, e sono molto famosi. Non mi sembra per niente strano che si sia imbattuta in un cantante famoso allo strip club. E, cosa ancora più bella—se chiedete a me… il nome del tipo è Royal.

«Ah, lui sarebbe perfetto! Pensi che riusciresti a convincerlo a venire a pranzo, oggi?»

«Ha detto che avrebbe portato fuori a pranzo proprio me. Penso di riuscire a convincerlo ad andare da uno Sceicco, invece. Ma mi dovresti comunque un favore.»

«Nessun problema. Se mi assicuri che Royal verrà a pranzo qui, io farò qualsiasi cosa tu voglia.»

Praticamente riesco a sentirla fremere di gioia dall’altro capo del telefono. Non ho dubbi che, qualsiasi sia il favore che mi chiederà in cambio, sarà costoso.

«Allora so già cosa voglio» dice subito.

Non me l’aspettavo.

«Cosa?»

«Voglio cenare con lo Sceicco.»

Oh, la cosa è perfetta. Probabilmente, lo Sceicco non avrà nulla da dire in contrario all’averla nuovamente come ospite… almeno penso. O magari sì? Ma, in ogni caso, Samantha farà parte di uno dei cinque invitati per la cena di stasera. E con Samantha, ne avrò soltanto altri tre, quattro da trovare.

Finalmente, la situazione si sta facendo meno tragica rispetto a prima. Adesso vedo una via d’uscita. La luce in fondo al tunnel. L’unica altra cosa che mi resta da capire, però… è chi diavolo sia questa Britney.

Perché non c’è assolutamente alcuna Britney scritta dentro la sua rubrica.

 

 

Capitolo 5

(Lo Sceicco)

 

Il mio programma per la giornata, per quanto mi riguarda, prevede questo: svegliarmi, torturare la mia nuova segretaria il cui nome credo sia Jenny, e poi passare il resto della giornata a rimproverarla per cose che non stanno né il cielo né in terra.

Se me l’avreste chiesto ieri, probabilmente questa non sarebbe stata la mia prima scelta, sul modo in cui passare la giornata. Sarebbe stato ciò che invece ho descritto a Jenny, per filo e per segno. Ma, chiuso in questa cella senza niente da fare… non posso davvero riuscire a spiegarvi le mie motivazioni. Non c’era altro da fare, ecco tutto.

Perciò, potete immaginare la mia sorpresa quando sento Jenny bussare alla porta della mia camera da letto, aprendola e dicendo che voleva solo illustrarmi il suo piano per la giornata. Così convinto che sarà una cosa ridicola, penso già a tutti i modi possibili in cui posso prenderla in giro per non essere riuscita a svolgere quell’unica cosa che le ho chiesto di fare.

Ma Jenny, invece, mi sorprende. No… penso che la parola “sorprendere” sia un po’ troppo leggera, dato le circostanze. No, Jenny mi sconvolge, nel vero senso della parola.

In due ore è stata in grado di organizzarmi un pranzo con il cantante dei Juice. Una band che io amo. Una volta sono andato a Londra soltanto per poterli vedere in concerto. Ho provato ad andare dietro lo stage, ma non me l’hanno permesso. È stato… umiliante, in realtà, ora che ci penso. Il problema è che non ho mai potuto trovare qualcuno che potesse presentarmeli, nonostante io sia uno Sceicco. Assurdo a dirsi, ma pare che ce ne siano tanti, al mondo. In Europa sono solo uno su milioni.

Eppure, ecco l’arpia, ecco questa persona con cui non riesco neanche a passare del tempo, che riesce a farmi ottenere persino un pranzo con il cantante della band! Ed in due ore soltanto, per giunta. A chi diavolo ho assunto? Mi ci vuole tutta la forza che ho in corpo per non farle i miei complimenti su ciò che è riuscita a fare. Non preoccupatevi, sono riuscito a resistere. Io sono forte.