SCHIAFFEGGIARLE LE CURVE 1-4

Schiaffeggiarle le Curve

 

Bella Jacobs esitò solo un momento prima di cambiare il suo stato da “in una relazione” a “single”. L’esitazione non aveva nulla a che fare con quello che provava per Mark, ma era legata alle domande che avrebbero invaso la casella della posta e il telefono.

Appena dopo averlo cambiato si disconnesse e chiuse il laptop. Era successo meno di dieci minuti prima della chiamata di sua sorella. Non rispose. Bella non era ancora pronta per parlarne a Nicole, con la sua vita perfetta. Nicole non avrebbe mai potuto capire come si sentiva Bella, per niente. Nicole era carina, minuta e perfetta. Aveva un marito perfetto, bambini perfetti e una casa perfetta. Non sapeva nulla dell’essere sovrappeso, single e alla soglia dei trent’anni. 

Dopo aver fissato ancora una volta il telefono muto, Bella sospirò, si alzò dal divano e andò in cucina. Romeo, il paffuto soriano che aveva adottato dal rifugio un paio d’anni prima, la seguì come sempre.

Romeo fece il suo miagolio ammaliante e si fermò davanti alla sua ciotola per il cibo. Conosceva gli umori di lei, e sapeva che quando era arrabbiata si preparava degli indulgenti pasti consolatori. E quando era indulgente con se stessa lo era anche con lui. Romeo si grattò sulle sue gambe facendo le fusa aspettando il cibo che non arrivava. 

Quella sera Bella stava solo appoggiata al banco e singhiozzava. Mark, come troppi altri ragazzi con cui era uscita, si era rivelato uno stronzo di livello mondiale sotto una sottile patina di gentilezza. Certo, era stato affascinante, ma anche vanesio e non c’era voluto molto prima che lui iniziasse a far preda dei suoi dubbi di autostima per sentirsi meglio. L’ultimo colpo era stato quando aveva avuto il coraggio di dirle, “Non mi interessa cosa dicono i miei amici, mi piacciono le ragazze grasse”. Ripensandoci ora, sapeva di esser stata con lui troppo a lungo. 

Bella alla fine obbedì al miagolio di Romeo, quando questo passò dall’essere ammaliante a imperativo. Tirò fuori del formaggio dal frigo e ne sbriciolò un po’ nella ciotola. 

“Non sono grassa. Per niente…” disse a Romeo sapendo che sarebbe stato d’accordo.

Bella sapeva di non essere nella comune definizione di magro e non lo era mai stata. Amava troppo il cibo. Era corpulenta, ma Mark l’aveva fatto sembrare come se fosse schifosamente obesa. Era decisamente uno stronzo.

‘E la sua faccia non sembrava scioccata quando l’ho cacciato?’ pensò sorridendo. ‘Un ragazzo così carino di sicuro non era abituato ad essere scaricato da ragazze grasse.’ 

Quello che la faceva arrabbiare era l’aver capito che era uno stronzo e sapeva che avrebbe finito per rompere con lui. Era solo che non era riuscita a farlo prima che facesse male. Sentire la parola ‘grassa’ faceva male. Sapere di esser stata costretta ad essere di nuovo sola faceva male. Sapere che ancora una volta era stata così sciocca da credere alle bugie di qualcuno faceva male.

Romeo finì il formaggio e si strusciò ancora sulle sue gambe tirandola via dai pensieri. Bella lo raccolse e lo cullò sul suo ampio seno. Grattava la guancia sulla sua testa mentre lui grattava la testa sulla sua guancia come risposta.

“Ma tu mi ami, vero, Romeo?” chiese ascoltando le fusa rilassate. “Non ti interessa quanto peso o che taglia porto, vero?”

“Miao,” rispose Romeo.

“Sei l’ultimo degli uomini buoni,” decise senza volerlo lasciar andare.

Bella alzò lo sguardo quando il telefono squillò di nuovo. Mentre attraversava la stanza per vedere chi era le ci volle un attimo per decidere di rispondere. Dylan Cole era suo amico dai tempi del liceo. Erano stati insieme in molte delle classi al primo anno, e come molte altre ragazze della scuola anche lei non aveva potuto non notare quanto fosse carino. Quando molti atri ragazzi erano goffi e allampanati lui era già alto e slanciato, con capelli scuri e ricci e occhi azzurri intensi. Tutte le ragazze gli andavano dietro, inclusa sua sorella Nicole che era già al terzo anno.

Bella era rimasta davvero sorpresa quando lui aveva iniziato a scherzare con lei nell’aula dell’appello e poi sedendosi con lei durante il pranzo. Scoprirono di amare gli stessi libri, gli stessi film e la stessa musica, così la loro amicizia nacque in modo facile e naturale. Ovviamente, avendo una cotta segreta per lui durata anni, dovette seppellire la gelosia mentre lui frequentava  una cheerleader dopo l’altra. Ma ciò che rendeva più semplice la cosa era che queste ragazze arrivavano e partivano mentre la loro amicizia diventava più profonda.

“Ciao, Dylan,” disse tenendo sia Romeo che il telefono. “ Se dici una sola parola riguardo Mark riaggancio.”

“Non ho niente da dire al riguardo,” la rassicurò. “Che stai facendo?”

“Niente, faccio una bagno e vado a dormire.”

“Suona bene, arrivo.”

Bella ridacchiò come solo Dylan le faceva fare. “Va beh, d’accordo. Vuoi assicurarti che non mi manchi nulla.”

“Hai capito, bellezza.” Fece una pausa. “Davvero, sono al videonoleggio e ho già preso un paio di bottiglie di vino. Sarò lì in dieci minuti.”

“Dylan…” Bella lasciò che Romeo strisciasse via dalle sue braccia e si spostò in salotto.. “Dylan, davvero non me la sento di parlarne.”

“Parlare di cosa? Sto portando un film o due e ci berremo un po’ di vino. Magari riuscirò anche a convincerti a preparare un po’ dei tuoi famosi mac-and-cheese?” Fece un’altra pausa. “Senti, carina, non so tu ma io ho avuto una giornata di merda e vorrei solo rilassarmi un po’ con la mia migliore amica. Se non vuoi che passi penso che me ne andrò a casa.”

Bella guardò la foto incorniciata di lei e Dylan in parte al televisore. Era stata fatta qualche estate prima alla Fiera del Rinascimento. Lui l’aveva convinta a mascherarsi e nonostante all’inizio si fosse sentita a disagio non c’era voluto molto prima che si rilassasse e divertisse. Era sempre divertente stare con lui, e I sorrisi nella fotografia ne erano la prova.

“Ok,” disse alla fine. “Preparerò anche la cena. Che film prendi?”

“Non lo so, probabilmente qualcosa di stupido con un sacco di esplosioni.”

La conosceva così bene. Dopo un’altra rottura, l’ultima cosa che lei voleva era guardare un film con anche solo un accenno di romanticismo.

“Va bene, a tra poco.”

Bella mise una pentola d’acqua a bollire e poi uscì a mettersi in pigiama. ‘Un’altra cosa belle di Dylan,’ pensò mentre si cambiava, ‘Non devo preoccuparmi di vestirmi con roba scomoda fingendo di essere chi non sono ogni volta che passa di qua. Mi ha vista nei momenti peggiori e mi accetta per come sono.’

Bella aprì il cassetto e istintivamente tirò fuori la divisa da rottura. I vecchi pantaloni della tuta e una t-shirt logora erano quasi il vestito obbligatorio in periodi simili. Ma qualcosa le disse di no. Senza pensarci lasciò che la mano si allungasse verso un completo in seta rosa. Lo aveva preso in caso qualcuno di speciale lo meritasse di vederla così, ma a nessuno era capitato.

Ma questa era la serata giusta. Bella scivolò nel completo e aggiunse le pantofole pelose che Dylan le aveva regalato il Natale precedente. Dopo essersi data una rapida controllata allo specchio, tornò in cucina a preparare i mac-n-cheese. Come cuoca questa era la cosa più stravagante che potesse fare, ma era il piatto preferito di Dylan. Sebbene Bella non cucinasse per altri nella sua vita privata, aveva sempre considerato il cucinare per Dylan come qualcosa di speciale. 

Dylan la salutò con un bacio sulla guancia come faceva di solito, poi si fermò, fece un passo indietro e fece un fischio. “Bel pigiama,” disse.

Lei sorrise e lo salutò con un gesto. “Che film hai preso?”

“Una cosa davvero terribile che si chiama Vendetta Servita Fredda e il suo ancor più terribile sequel Vendetta Servita Calda” Lasciò cadere il sacchetto del videonoleggio e la seguì in cucina con le bottiglie di vino. “Ho visto il primo sulla TV via cavo qualche settimana fa. Era così brutto che ho pensato si trattasse di un’operazione di riciclaggio di denaro.”

Dylan camminava dietro a lei ed era incapace di distogliere lo sguardo da Bella. Il modo in cui quel vestito di seta rosa le accarezzava le curve sensuali era una sorpresa inaspettata, ma non sgradita. Si trovò quasi a invidiare il tessuto. “Probabilmente il peggior film mai fatto,” continuò distrattamente.

“E hai scelto di condividerlo con me,” disse Bella, girandosi per prendere le bottiglie da lui. “Sono così colpita.”

Dylan riuscì a sorridere. “Sai che non c’è nessun altro con cui vorrei condividere film orribili, bellezza.”

Lei sorrise leggermente e fece un cenno in direzione della tavola. “La cena è quasi pronta. Vuoi mangiare prima o guardarlo mentre mangiamo?”

“Dovremmo mangiare prima,” disse. “Non posso promettere che sarai in grado di mandare giù qualcosa se cerchiamo di mangiare durante.”

Dylan l’ammirò mentre rideva e poi si girò per sedersi. Riportando lo sguardo verso di lei vide come si muoveva in cucina. Persa nel suo lavoro sembrava ignorarlo completamente. 

Dylan continuava ad ammirare ogni suo movimento. Aveva ancora i capelli tirati su dal turno al lavoro, in questo modo non importava come si girasse, lui riusciva sempre a vederle il volto. Come sempre quando cucinava, sembrava raggiungere uno stato trascendentale. Lo aveva visto molte volte: era più di una semplice espressione del viso, c’era qualcosa in più in lei che la rendeva bellissima. Qui c’era una donna nella semplice estasi di vivere la propria passione. Il solo pensiero invogliava Dylan.

Dylan ripensò alla prima volta in cui aveva visto quell’espressione sul suo volto. Al loro secondo anno di liceo lei aveva fatto una lezione di Cibo e nutrizione e lui aveva invece saltato ginnastica per vederla. Era stato allora che l’aveva vista. C’era uno sguardo di estasi che l’aveva reso sicuro del fatto che una carriera nell’arte culinaria era la cosa giusta per lei.

Bella non era una grassa che avrebbe mangiato tutto quello che vedeva. Era una donna formosa che amava il buon cibo. Il suo unico problema, per quanto potesse dire lui, era che non si rendeva conto di quanto bella fosse. Glielo diceva da anni, ma lei non gli aveva mai creduto. Era come se le sue opinioni non le importassero. E questo lo faceva impazzire. Più di una volta si era affidato a misure drastiche e quando anche queste non avevano funzionato aveva trasformato tutto in un gioco.

 

La prima volta che era stato a casa di Bella era durante il terzo anno, quando lei stava provando la ricetta di un dolce per il corso di Cucina Avanzata. Le cose in cucina non erano andate bene. Era rimasta frustrata e girandosi verso di lui aveva annunciato che avrebbe comprato la pana montata invece di farla lei con le proprie mani.

“No, non lo farai,” le aveva detto. “Se imbrogli ti farò sentire in colpa.”

Fece un gesto sprezzante verso di lui mentre gli passava vicino per prendere la borsa. “Sicuro, sicuro. Cos’hai intenzione di fare, sculacciarmi?”

La prese per un braccio per bloccarla. “È esattamente quello che farò,” disse.

Lo aveva guardato, con le sopracciglia alzate. “Non oseresti.”

“Se lo credi, fa un altro passo avanti,” disse lui in tono di sfida. L’intento iniziale di Dylan era più quello di fare in modo che lei non compromettesse il suo lavoro cedendo alle prime difficoltà. Sapeva che poteva farcela e aveva solo bisogno dell’incoraggiamento per continuare. Ma l’idea di sculacciarla l’aveva fatto sentire inaspettatamente eccitato. Non voleva farle male, non l’avrebbe mai fatto. Ma pensò che forse le avrebbe fatto capire che era serio nel voler evitare che lei abbandonasse.

Bella tenne lo sguardo, morse il labbro inferiore e poi, con lenta riflessione, fece un altro passo avanti.

“Ti avevo avvertita,” disse Dylan prima di portare indietro la mano e darle un sonoro schiaffo sul sedere.

Bella rimase a bocca aperta, mente il viso paffuto diventava rose e gli occhi si spalancarono per la sorpresa. “Dylan!”

“Adesso puoi provarci di nuovo o scoprire quanto serio sono riguardo non lasciarti cedere e imbrogliare. Cosa vuoi fare?”

Dylan aveva quasi sperato che lei lo sfidasse ancora. Invece abbassò lo sguardo e si voltò con le guance ancora rosa mente raccoglieva ancora lo sbattitore.

Da quel momento, le sue giocose punizioni erano diventate qualcosa che entrambi aspettavano, sebbene nessuno avrebbe confessato all’altro quanto. Il più delle volte Bella sfidava Dylan deliberatamente: si girava mezza piegata e da sopra la spalla gli faceva una smorfia, sfidandolo senza parole. Ogni volta che lo faceva lui si sentiva obbligato e di solito le dava tre rapidi colpi sul suo sedere rotondo facendola ridacchiare e arrossire.

Ma con l’andare del tempo ci furono anche momenti in cui non era cosi giocoso. Quando uno degli amici di Dylan invitò Bella al ballo dell’ultimo anno lei era certa di essere stata invitata solo per fare un piacere a Dylan. Non voleva andarci, non voleva dover dire all’amico di Dylan “grazie, ma no”..

E quando alla fine Dylan le chiese perché aspettava lei aveva evitato il suo sguardo e borbottato “Nessuno vuole vedere una ragazza grassa rovinare il ballo, Dylan.”

Dylan guardò Bella sorpreso da quello che lei aveva detto di se stessa. Sia lui che i suoi amici avevano notato che era diventata più alta e non era più la ragazzina cicciona del primo anno. Non era stata un’idea di Dylan quella di farla invitare al ballo dal suo amico, ma Dylan davvero non vedeva l’ora di vederla col vestito e rubarla per un ballo o due. La verità era che il suo amico gli aveva parlato di invitarla ala ballo per mesi. Se non fosse stato per questo, probabilmente glielo avrebbe chiesto lui stesso solo per essere sicuro che anche lei fosse li. 

“L’unico modo per rovinarlo sarebbe se tu non ci andassi,” le disse Dylan. “Non sei grassa, Annie.”

Era l’unico che la chiamava cosi. Il soprannome veniva dal musical che avevano visto insieme. Lei, come il personaggio, troppo spesso ostentava un fiero ottimismo come una facciata per nascondere l’insicurezza e la bassa autostima. Come le sculacciate, era una cosa che condividevano solo loro. Era una cosa che li faceva sentire più vicini l’uno all’altra e una cosa che entrambi volevano.

“Devi essere buono con me perché sei mio amico” aveva continuato lei, sempre senza guardarlo. “Conosco il mio aspetto e so che sarei ridicola in uno di quei vestiti. Scordatelo.”

“Credo che il problema sia che tu non sai com’è il tuo aspetto,” aveva risposto Dylan. “Sei bella e non tutti pensano che una ragazza debba essere magra come uno stecco.”

Bella alla fine gli rivolse lo sguardo. La ragazza che lui avrebbe portato al ballo sarebbe stata certamente una “magra come uno stecco”, esattamente come le altre con cui era uscito durante gli anni del liceo.

Sebbene lei, nel profondo, provasse per lui gli stessi sentimenti che provava dal primo anno, raramente ci pensava. La loro amicizia era diventata cosi profonda, cosi importante per lei, che le contraddizioni tra le ragazze con cui lui usciva e il modo in cui lui la rimproverava per il modo in cui lei criticava il proprio aspetto venivano appena registrate. Ma adesso lei non poteva sopportare il pensiero di doverlo veder passare la serata a sembrare cosi bello in compagnia di una ragazza, perfetta, piccolina e sorridente.

“Non vengo. Può chiedere a un’altra grassa.”

“Non accetterò un no come risposta,” le aveva detto. “Ti comprerai un vestito. Sarai bellissima, ti divertirai e poi mi ringrazierai per averti fatto cambiare idea.”

“Dylan…”

“Devo farti mettere sulle mie ginocchia?”

Lei aveva sospirato e scosso la testa. Era ovvio che non capiva. Era bello e in forma e nessuno lo aveva guardato, sussurrato o ridacchiato nel modo in cui gli altri facevano con lei. Lui non sapeva cosa voleva dire guardarsi allo specchio o e odiare quello che si vedeva. Non era un gioco di sfida per lei, era sopravvivenza.

Dylan, che non aveva la minima concezione di questo, sedeva su una delle sedie della cucina e indico il suo grembo. “Vieni qui.”

“No,” aveva risposto lei, mezza incuriosita dal vedere se lui l’avrebbe fatto davvero.

“Ho detto vieni qui.”

Questa volta il viso non aveva un’espressione giocosa. Era serio e lei senti il battito del cuor che accelerava e le guance diventare calde. L’Intensità del suo sguardo l’aveva bloccata, spingendola in avanti. Trovandosi di fronte a lui si piegò docilmente sulle sue cosce.

“Nessuno può parlarti in quel modo,” aveva detto lui tirando indietro la mano. La colpi in modo secco e lei rimase a bocca aperta. “nemmeno tu, Annie. Sei una ragazza deliziosa con un bel viso e curve meravigliose. Sei divertente e intelligente e troppo buona per sprecare tempo con la maggior parte dei ragazzi di queste parti. Adesso voglio che tu ammetta a te stessa che è vero.”

“Dylan,” aveva iniziato lei, ancora piegato su suo grembo.

Lui la colpii ancora. “Di che è vero.”

“È vero,” aveva detto lei con gli occhi chiusi e sentendo il calore che dalle guance si espandeva a tutto il corpo.

“Ora accetta di andare al ballo”

“Io non –”

il terzo colpo fu più forte. Bella si era morsa il labbro per non lasciar sfuggire un suono. Non aveva fatto davvero male, ma l’effetto era stato quello di far partire una tempesta di sentimenti confusi dentro di lei anche perché, a differenza dei primi due colpi, al terzo lui non aveva tolto la mano dal suo sedere.

Bella fece un respiro leggermente tramane e poi disse dolcemente “Andrò al ballo.”

“Brava ragazza,” aveva detto. “Vuoi che venga con te a comprare il vestito?”

Lentamente si era tirata su, ancora incapace di guardarlo anche se per motivi differenti rispetto  qualche minuto prima.  “Sicuro. Sarebbe bello, grazie.”

 

Adesso, mentre mangiavano la cena, no vene fatta menzione dell’ex di Bella, Mark. E allo stesso modo non era stata fatta menzione dell’anno che Dylan aveva passato senza uscire con qualcuna. Invece si godevano la cena eccellente e i due parlarono di lavoro e dell’imminente fantasy festival che avevano in programma di visitare.

Finito di mangiare Dylan pulì come insisteva sempre per fare ogni volta che lei cucinava per lui, e Bella apri la seconda bottiglia di vino. Non aveva ancora voglia di parlare della rottura con Mark, ma dopo aver riempito di nuovo i bicchieri si trovò a sospirare.

“Non so perché mi aspettassi qualcos’altro. Credo che dovrei semplicemente lasciar perdere l’idea di avere appuntamenti.”

Dylan chiuse la lavastoviglie e si appoggio al bancone incrociando le braccia sul petto mentre la guardava. Aveva uno sguardo che univa disappunto con compassione e un accenno di divertimento. Il divertimento non era perché la trovasse angosciosamente divertente, ma perché dopo tutti quegli anni lei non era ancora in grado di capire quanto valeva.

“Forse dovresti solo smetterla di uscire con degli stronzi,” suggerì lui con una punta di frustrazione.

“facile da dire per te,” mormoro lei alzando il bicchiere per bere un sorso di vino. “Non è che sono coperta di offerte. Non posso essere schizzinosa come certa gente.”

“Annie,” disse lui un po’ bruscamente. “tu puoi e dovresti farlo.” Dylan fece una pausa e prese fiato abbassando le braccia lungo i fianchi. “Odio vederti passare cose del genere.” Torno al tavolo e prese il suo bicchiere. “Voglio che tu mi prometta che stabilirai uno standard più alto per te.”

Lo scherni lievemente. “Intendi prometterti che resterò single?”

“Annie…”

“Non è che non ci ho provato, Dylan,” si interruppe e mise giù il bicchiere. “Nessuno di loro inizia al primo appuntamento, o al terzo ad essere onestamente le schifezze che sono. No, iniziano a scavare nella mia autostima e a farmi sentire male nei confronti di me stessa fino a farmi tornare ad essere la ragazzina grassa del liceo. Questo è il solo modo che hanno per far sii che una ragazza resti con loro, per renderla troppo debole per lasciarli.”

Infuriata, Bella asciugò una lacrima dalla guancia col pugno. “Beh, basta. Non mi interessa più. Posso essere single. Posso essere la migliore cuoca grassa della città e la migliore zia grassa di sempre.”

“Annie,” disse Dylan di nuovo, scostando la sedia dal tavolo e sedendosi di nuovo. “Pensi che curve come le tue significhino che non sei bella e non meriti qualcuno che ti tratti nel modo giusto?”

Sospirò. “Ti prego, non adesso, sono troppo stanca per un discorso d’incoraggiamento, Dylan.”

“Non voglio farti un discorso d’incoraggiamento,” disse lui in modo riluttante. “Sembra che tu abbia già deciso di non darmi ascolto questa sera.”

Lei annuì, sollevata dal fatto che lui non avrebbe insistito per farle cambiare idea.

“Ma questo non significa che io abbia intenzione di farti continuare così e ignorare i fatti.”

Incontrando il suo sguardo vide un ordine silenzioso, e questo provocò in lei un rapido aumento di sentimenti contrastanti.

“È da un po’ che non ti sculaccio per questo, Credo sia il momento, vero?’

“Certo,” replicò lei con un mezzo sorriso sulla bocca, iniziando a sentirsi subito meglio. “È sbagliato che io mi senta così giù per causa mia, giusto?”

“Giusto,” disse lui mentre fissava ancora il suo sguardo. “Se riesci a stare lì senza avere idea di quanto meravigliosa sei, allora come amico ho fallito. Ma se devo metterti sulle mie ginocchia e sculacciarti, lo farò.”

Bella scosse leggermente la testa. Tra tutte le persone, Dylan era l’unico che non aveva mai sbagliato con lei. Per lei c’era sempre stato, in particolare in serate come quella, quando lei pensava scioccamente che l’unica cosa che davvero volesse era stare da sola con il proprio scoramento.

“Non discutere con me,” disse rimproverandola con scherzosa severità. Dylan aveva adottato quel cipiglio esagerato che la faceva sempre ridere. E quando lei non aveva saputo trattenere di essere divertita anche lui aveva sorriso. “Vieni qui e accetta la punizione, Annie.”

“Va bene,” disse, facendo un passo per piegarsi su di lui. L’avrebbe colpita un po’ di volte come faceva di solito e lei avrebbe ridacchiato come al solito, oppure no. Dopo avrebbero guardato uno o entrambi i pessimi film e l’oggetto della discussione sarebbe stato accantonato per un po’. Questo sembrava il tacito accordo e a Bella piaceva.

Bella si avvicinò alle ginocchia di Dylan e guardò in basso. C’era qualcosa di diverso nei suoi occhi, non capiva esattamente cosa fosse ma la eccitava. 

Inginocchiandosi, incrociò di nuovo lo sguardo di Dylan per condividere il senso giocoso del momento, ma invece di vedere la solita occhiata familiare vide la mano di lui allungarsi e appoggiarsi sulla sua schiena, tra le spalle. “Giù,” le ordinò spingendola con leggerezza.

Bella fece un attimo di resistenza. Questa era una novità: prima di allora lei si era sempre trovata disponibile a stendersi sul suo grembo, ma ora sembrava che lui volesse comandarla. Per la prima volta si sentì impotente davanti al suo volere, cosa che le fece accelerare il cuore. Lasciò che la mano forte di Dylan la abbassasse sulle sue ginocchia, e la cosa le piaceva.

Appena fu sul suo grembo, Bella sentì Dylan cambiare mano: adesso era la teneva giù con la sinistra mentre la destra era libera. Il respirò accelerò mentre si immaginava la mano che si sollevava.

“Promettimi… no, promettiti che alzerai i tuoi standard e la smetterai di uscire con degli stronzi,” disse.

“Dylan…”

Prima che Bella potesse continuare, la mano di lui si connesse velocemente al suo culo. Con solamente la seta a separare la pelle di lui da quella di lei il colpo fu un’esperienza del tutto nuova. Pizzicava e la fece restare senza fiato come solo le sculacciate dei tempi del liceo avevano fatto, solo molto di più.

“Prometti, Annie,” disse Dylan in tono serio.

La mani di lei si strinsero con forza al duro muscolo della coscia in cerca di sostegno. “Lo prometto.”

“Brava ragazza.”

La mano sinistra di lui la accarezzava lungo la schiena mandandole una nuova sensazione lungo la spina dorsale.

“Adesso ammetti a te stessa, ad alta voce, che sei bellissima così come sei.”

Bella si morse il labbro inferiore e chiuse gli occhi. Non solo quello che le stava chiedendo era ridicolo e impossibile, ma aveva anche il bruciante desiderio di scoprire cosa avrebbe fatto se si fosse rifiutata. Il viso arrossì all’idea.

Dopo un attimo di silenzio Dylan capì che lei non aveva intenzione di obbedire. Lei non poteva vedere , ma un sorriso gli attraversava il volto. Tirò la mano indietro e la colpì di nuovo.“Dillo, Annie,” ordinò.

Bella stringeva gli occhi e teneva la bocca chiusa nel tentativo di non farsi scappare un suono. Non aveva dimenticato quanto bello fosse lui. Come poteva, dato che lo vedeva ogni giorno e col passare degli anni era diventato ancora più bello? La cotta dei tempi del liceo non era mai passata veramente nonostante l’avesse seppellita a fondo. Era solamente cambiata, tenuta viva dalla loro amicizia e dal modo in cui lui si preoccupava costantemente per lei. E ora, distesa su di lui, aveva un desiderio immenso che lui continuasse a toccarla il più a lungo possibile.

“Testarda,” sussurrò Dylan abbastanza forte perché Bella lo sentisse. “Ho capito che dovrò essere più duro con te. ”

Tenendola ancora con la sinistra, in modo sorprendente fece scivolare la destra su fino alla vita. Bella si irrigidì. Anche questa era una novità e se avesse iniziato a solleticarla questo sarebbe stato davvero ingiusto. Invece le sue dita agganciarono l’elastico delle braghe del pigiama e a lei si bloccò il respiro all’istante.

Gli occhi di Bella si spalancarono mentre Dylan tirava giù lentamente le mutandine in seta scoprendo il sedere nudo. La mano sinistra era ancora sulla schiena e se non lo fosse stata lei si sarebbe arresa alla sorpresa e si sarebbe ritirata. Anche se prigioniera aveva bisogno di sapere cosa stava facendo lui. Perché aveva cambiato il gioco in questo modo?

Se avesse potuto vedere il suo sguardo avrebbe visto il modo in cui lui fissava le curve scoperte dall’abbassare la veste, avrebbe visto l’espressione appena trattenuta di desiderio alla vista della pelle color crema e del sedere rotondo.

“Bellissima,” disse lui con un sospiro così lieve che lei riuscì appena a sentirlo.

Quando la cinta delle mutandine raggiunse la parte superiore delle cosce la mano di lui tornò su. Il suo tocco era leggero, aveva quasi reverenza e pompava le sensazioni che lei provava per lui. Quando la colpì di nuovo fu più leggero e la mano gli rimase lì, trasformando lo schiaffo in una carezza.

Bella chiuse gli occhi cercando di zittire i lievi mugolii. AL momento del primo tocco sulla pelle nuda le sembrò che ogni nervo del suo corpo si fosse scaldato, e quando le schiaffeggiò ancora il culo nudo il tepore era diventato calore. Cresceva dalla mano forte  di lui facendole tremare il corpo e riempiendole la testa di un desiderio che le dava le vertigini. Raggiunto l’apice, la sensazione scese giù fino a fermarsi tra le cosce. Gemette più forte, incapace di controllarsi.

Il terzo schiaffo sulla pelle nuda fu poco più forte, ma divenne subito una carezza. Il formicolio tra le gambe crebbe come risposta, seguito da una leggera pulsazione. Non sapeva cosa l’avesse spinto a cambiare il gioco in questo modo, ma non riusciva a concentrarsi per capirlo. Era consumata dall’eccitazione e persa nel suo tocco.

Lottando per raccogliere le idee capì che niente di ciò che pensava di se stessa l’aveva preparata a questo. Sentirsi così eccitata da questa punizione sensuale la confondeva. Desiderare il colpo successivo, impotente ed eccitata, la faceva sentire fuori controllo e quando si trovò a desiderare che i suoi colpi fossero assestati più in basso per fargli scoprire quanto era bagnata, si risvegliò.

“Sono bellissima così come sono,” sputò fuori, realizzando quanto aveva perso il controllo.

Bella resistette per quella che sembrò una pausa infinita prima della replica di Dylan. La sua voce era molto più dolce di quanto non lo fosse stata prima.

“Sì, lo sei,” replicò. “Lo sei, Annie.” Dylan si schiarì la voce e con entrambe le mani le tirò su le mutandine.

Lentamente, Bella si alzò da lui. Dylan, che sembrava perso sul da farsi, si alzò in piedi e girandosi velocemente rimise la sedia al suo posto al tavolo e senza girarsi verso di lei si scusò borbottando qualche parola e andò in bagno.

Il senso di colpa in un attimo riempì Bella. Era sicura di aver ansimato troppo forte e di aver fatto sentire Dylan a disagio. Cercando una giustificazione per l’aver perso il controllo diede la colpa a lui per aver cambiato il gioco. Gli schiaffi l’avevano eccitata e lui lo sapeva e adesso la situazione era strana. Disse a se stessa che erano solo i resti di una cotta adolescenziale. Lui doveva capirlo, non c’era niente di cui preoccuparsi.

Bella, in ansia, prese il bicchiere di vino e e bevette un sorso. Incapace di star ferma mentre le ultime scintille le esplodevano ai fianchi si mosse verso il salotto. Vide i due film sul tavolino, prese il primo e lo inserì nel lettore DVD. Avrebbe fatto finta che nulla fosse successo, proprio come aveva fatto con la sua cotta per Dylan  molti anni prima. 

“Senti, ah, penso che andrò a casa.”

Bella si girò e vide Dylan in piedi nel corridoio. Aveva lo sguardo basso e la testa leggermente distolta da lei. ‘Non riesce a guardarmi’ pensò.

“Ti chiamo più tardi, ok?”

“Okay,” disse Bella, anche se pensava che fosse tutto tranne che ok. “Fa attenzione quando torni, Dylan.”

“Sai che lo farò. Buonanotte, bellezza.”

Bella seguì Dylan fino alla porta d’ingresso. In un attimo la porta si aprì e lui era fuori, non si guardò indietro. Guardarlo andar via fu come se il suo cuore si spezzasse di nuovo, solo che questa volta era peggio. Mark era stato solo un altro stronzo, ma il rifiuto che sentiva ora da parte di Dylan significava qualcosa. Il vuoto che aveva creato con l’andarsene così presto sembrava averle succhiato via la vita stessa.

Bella chiuse a chiave la porta e collassò sulla soglia. Perché le cose dovevano cambiare? Non che potesse incolpare Dylan per il sentirsi strano. Era il loro gioco e le regole erano state ben chiare, giusto? Non era certo colpa sua se lei dopo tutti quegli anni lo desiderava ancora. Non poteva sapere cose le avrebbe provocato tirandole giù le mutande schiaffeggiarle il culo nudo.

L’unica cosa che non riusciva a capire era perché lui aveva fatto una cosa del genere tanto per cominciare. Le sculacciate erano sempre state un gioco, anche se Dylan spesso le usava per aver ragione. Perché quella sera era stato diverso e perché lei lo aveva trovato così eccitante?

Bella si alzò col desideri odi porre fine a quella serata il più presto possibile. ‘Mi chiama sempre “bellezza” e “dolcezza”. Ecco perché è successo.’ pensò. ‘Come posso non cascare ai suoi piedi quando lui dice cose del genere e perché non esce con nessuna da così tanto tempo?’ La sua attenzione esclusiva era seducente, come poteva evitare di sentirsi attratta da lui. ‘Può capire, giusto?’ si chiese. ‘Deve farlo.’

 A letto, rannicchiata in posizione fetale, sentì il leggero tocco di Romeo che la raggiungeva. Senza esitare lo prese tra le braccia e se lo tirò vicino.

 “Perché gli uomini non sono più simili ai gatti,  Romeo,” gli chiese tenendolo vicino. “Tu mi vuoi bene e basta, vero??”

“Miao,” rispose Romeo.

“Lo so,” sospirò. “Forse potresti dare un po’ di punti agli uomini della mia vita.”

Bella si concentrò su quel corpo caldo che vibrava tra le sue braccia. Non ci volle molto perché Romeo si addormentasse, ma per Bella e i suoi pensieri galoppanti il sonno era ancora molto lontano.

 

Nei tre giorni che seguirono la rottura, Bella parlò con chiunque eccetto che con Dylan. Le ore erano diventate giorni e lei aveva iniziato a chiedersi cosa fosse esattamente successo. Era solo un gioco, giusto? Di certo lei aveva commesso un errore, ma questo non poteva essere abbastanza per porre fine a un’amicizia, vero?

Bella era in ansia e non sapeva se chiamarlo o meno, e cosa avrebbe detto in quel caso, Invece di fare qualcosa, non fece nulla. Si gettò a capofitto nel lavoro con maggior passione e  chiedendo a se stessa la perfezione più di prima. Appena tornava a casa rivolgeva tutta l’attenzione a Romeo, viziandolo in modo vergognoso con salmone e panna.

Ogni giorno era così fino a quando squillò il telefono, ed era Dylan. Bella mantenne la voce calma e fece il solito saluto. 

“Ehi, straniero. Come va?”

“Qualche casino,” rispose. “Sei impegnata stasera, bellezza?”

“Nemmeno un po’,” disse lei quasi ridendo “Qual è il piano? Guardiamo altri film orrendi??”

La pausa che fece Dylan sembrò insolitamente lunga. “No…perché non vieni qui tu e io in cambio ti preparo la cena?”

“Wow,” ridacchiò lei. “Davvero? Hai intenzione di cucinare per me?” Ma quando lui non rispose lei tornò seria chiedendosi cosa avesse in mente. “D’accordo, verrò, naturalmente.”

“Ottimo,” disse. “Ci vediamo tra mezz’ora, va bene?”

“Perfetto,” disse lei.

Mezz’ora non le dava tanto tempo dato che lui viveva a quindici minuti di distanza. Si affrettò ad uscire ricordandosi appena di riempire la ciotola di Romeo che sembr ….