DOLCEAMARO

Dolceamaro: Prequel

 

Capitolo 1

 

Thomas Sweet entrò nella sala riunioni dell’FBI con una cartellina sotto il braccio. Essendosi trasferito dall’ufficio di Savannah, questo era il suo primo giorno. Faceva parte della divisione Anticrimine da quattro anni e questa, la sua ultima promozione, lo aveva trasformato da agente speciale supervisore a SAC, agente speciale in carica.

Rimanendo sul campo, tuttavia, aveva ancora un partner. Bill era già in sala riunioni quando Tom arrivò. E, dato che era il suo primo giorno, gli disse che avrebbe gestito lui i briefing della giornata.

Tom entrò e si fece strada nella stanza. Invece di sedersi in uno dei posti dietro i tre lunghi tavoli, si accomodò all’estremità di quello più vicino alla parte anteriore. Una volta che si furono seduti tutti, Bill iniziò il briefing.

«Vorrei che tutti voi conosceste Tom Sweet. È stato trasferito dall’ufficio di Savannah per essere il nostro nuovo SAC. So che molti di voi non hanno visto la necessità di scegliere qualcuno di esterno, ma posso dirvi che il record di arresti di Tom è il migliore del paese. E, avendo avuto la possibilità di conoscerlo un po’ come mio nuovo partner, vi avverto subito che è un bravo ragazzo.»

Tom si voltò verso il gruppo rivolgendo loro un cenno del capo e un sorriso a denti stretti. Bill continuò a parlare di altri affari interni, poi fece ruotare la conversazione intorno al loro più grande caso in sospeso.

«La nostra fonte in Colombia ha confermato. Il distributor della famiglia Santanos a Miami è un uomo di nome Teo Dominguez. Come sapete, abbiamo ricevuto molte pressioni dal sindaco e dai vertici per fare progressi su questo caso, e questo rimane il nostro obiettivo.»

«In realtà, non lo è,» intervenne Tom.

«Cosa non lo è?» chiese Bill, preso alla sprovvista.

«Non è il nostro obiettivo, almeno non più. Da questo momento in poi dirigeremo le risorse di questo dipartimento verso questo caso.»

Tom lanciò la cartellina verso il centro della lunga scrivania. Bill fece un passo verso di essa e lesse la scheda contenuta all’interno.

«È un caso di rapina in banca, questo,» disse Bill confuso.

«Esatto. Tre mesi fa, quattro uomini sono entrati in una banca di Tampa, in Florida, e sono usciti con tutti gli incassi della giornata, sparando a due persone, nel frattempo. Il caso ricade sotto la giurisdizione di questo dipartimento e, per quanto ne so, è stato seguito a stento.»

Bill guardò Tom sulla difensiva. «Questo perché è arrivato l’ordine di concentrarci sul caso Santanos, che è la nostra priorità.»

«Mi sembra giusto, ma adesso non lo è più. Ora, la nostra priorità è questo caso.»

Bill si guardò intorno. «Sono sicuro di parlare a nome di tutti i presenti, se ti chiedo il perché.»

Tom fece un respiro profondo e si alzò, voltandosi per guardare i volti dei presenti. «Signori, a quando risale il vostro ultimo arresto?»

Gli uomini si scambiarono diversi sguardi prima che Bill rispondesse al loro posto. «Woods ha fatto un arresto per un caso di furto di documenti due mesi fa.»

«E quanti pensate che ne abbia fatti questa divisione quest’anno, finora?» continuò Tom.

«Quattro o cinque,» disse Bill.

Tom fece un passo avanti nella stanza attirando l’attenzione di tutti i presenti. «Nello stesso periodo, la mia divisione ha totalizzato ventidue arresti.»

Bill rivolse uno sguardo incredulo al suo nuovo partner. «Con tutto il rispetto, Tom, ma Savannah non è Miami. Qui ci occupiamo solo di casi importanti.»

«Eppure la direzione ha scelto di portarmi qui anziché promuovermi dall’interno.»

Bill si irritò a quel commento. Tom notò la sua reazione, ma se l’aspettava, sapendo che questa divisione avrebbe avuto bisogno di una forte scossa affinché i suoi membri accettassero le nuove direttive.

«Ascoltate, so che a nessuna divisione piace quando arriva un esterno. Sono sicuro che mi sentirei esattamente come vi sentite voi adesso, se fosse successo a me. Ma non sarei qui se ai piani alti piacesse ciò che stanno vedendo. Certo, dicono di volere una cosa, ma ciò che vogliono davvero è un record di arresti che li faccia promuovere. Ed è quello che daremo loro. Daremo loro quattro arresti nel prossimo mese. E quei quattro arresti apparterranno a questo caso qui.»

Tom si avvicinò alla cartellina e ci poggiò un dito sopra.

«Signori, stiamo per sorprendere così tanto la gente che gli girerà la testa.»

 

 

Capitolo 2

 

Sam Bitter sedeva a un tavolo in una bettola di Gainesville, in Florida. Era un po’ nervoso. Fin dalla sua ultima rapina in banca si sentiva abbastanza insicuro. L’ultima volta aveva commesso un grosso errore nello scegliere la sua squadra e il risultato fu l’omicidio di due impiegati.

Dopo che i soldi furono divisi e ognuno prese la sua strada, Sam non poté fare a meno di dubitare di se stesso. Come era stato possibile che il suo piano fosse andato così male? Decise che il problema era stato portare Louie nella squadra. Ma cosa gli era sfuggito di quel tizio che avrebbe potuto avvertire Sam della sua inclinazione a sparare a qualcuno senza alcun motivo? Incapace di capirlo, Sam decise di procedere con cautela per il suo prossimo colpo.

L’unica persona di cui Sam sapeva di potersi fidare era Jack il Bello. Non era il suo vero nome, ma era all’altezza della sua fama. Avere Jack intorno aveva risvegliato in Sam dei sentimenti che pensava di avere sotto controllo. L’aspetto di Jack non era la sola ragione per cui Sam aveva deciso di chiamare Jack per primo, ma non guastava.

A Sam piaceva stare con Jack. E, se non si sbagliava, anche a Jack piaceva stare con lui. Così, decise che, se lui e Jack si fossero incontrati, avrebbero escogitato un piano per la loro prossima rapina o sarebbero finiti a letto. Sam sarebbe stato felice in entrambi i casi.

Sam lanciò uno sguardo verso la porta d’ingresso quando la bettola venne improvvisamente inondata dalla luce. Era lui. Nonostante il caldo, indossava una giacca di pelle ben aderente e i suoi capelli sembravano o leggermente arruffati oppure cotonati con precisione. Ovviamente, come diceva il suo soprannome, Jack aveva un bell’aspetto.

Sam sorrise e gli fece un cenno con la mano. Jack gli rivolse un cenno del capo in risposta, si diresse verso il bancone del bar per prendere da bere e poi si avvicinò al tavolo di Sam con una pinta di birra in mano.

«Ecco il nostro illustre capo,» scherzò Jack.

«Ecco il nostro Jack il Bello,» rispose Sam.

«Stai ancora facendo grandi progetti?» chiese Jack.

«Sempre. Sei ancora bello?» replicò l’altro.

«Sì. E sarò onesto con te, non posso farci niente al riguardo,» disse Jack con un sorriso.

Sam fissò il sorriso di Jack, chiedendosi se l’amico avesse idea dell’effetto che gli aveva fatto. Non poteva, vero? Nessuno della squadra di Sam sapeva cosa faceva, quand’era fuori città.

Sam non era stato con molti uomini, ma era uscito con un numero sufficiente da sapere che aveva un certo tipo di uomo ideale. E Jack il Bello lo rispecchiava in tutto e per tutto.

«Hai riflettuto su quello di cui abbiamo parlato?» gli chiese Sam.

Jack si guardò intorno per assicurarsi che nessuno stesse ascoltando. «Un altro colpo in banca? Sai, l’ultimo non è andato così bene.»

«Te l’ho detto, questa volta non chiameremo Louie.»

«Allora chi porterà le armi?» chiese Jack.

«Possiamo trovare qualcuno. Potremmo vedere se Lamar vuole una promozione.»

«Dal fare l’autista a portare le armi? Non sono sicuro sia disposto a farlo. Inoltre, è da qualche giorno che non riesco a mettermi in contatto con lui.»

«Forse è in viaggio?» suggerì Sam.

«E verso dove? Tutti quelli che conosce sono nel raggio di dieci miglia da casa sua.»

«Allora aspettiamo che torni o troviamo qualcun altro!»

«Sai, in realtà ho in mente qualcuno che possa farci da autista,» disse Jack con crescente entusiasmo.

«Davvero?»

«Sto uscendo con una ragazza da un po’ di tempo ed è esattamente ciò che stiamo cercando.»

«No. No, Jack. Niente fidanzate. Stai cercando di farci beccare?»

«Penso che questa ti piacerà. È tosta, Sam. E sa guidare.»

«Sei consapevole che mi stai suggerendo di lavorare con una donna che ti scopi, vero?»

«Non metterla in questo modo. Senti, non voglio finire in prigione più di quanto lo voglia tu. Non te la proporrei se pensassi che non sia capace di portare a termine il lavoro. Conoscila e basta: se non ti piace, non la useremo. Ma quello che sto dicendo è che, dopo quello che è successo l’ultima volta, le nostre opzioni sono limitate.»

«Conoscila almeno,» lo esortò Jack. «Dalle una possibilità.»

Sam non riusciva a capire se stesse per acconsentire perché Jack l’aveva persuaso o perché voleva scoparselo con tutto se stesso. Sam stava cominciando a mettere in dubbio il suo giudizio. E questo non era un bene.

«La incontrerò,» accettò Sam.

Jack sorrise. «Pensavo avresti acconsentito, perciò l’ho portata con me. È in macchina.»

Jack tirò fuori il telefono e compose un numero. «Entra pure, dolcezza.»

Sam guardò Jack, già pentendosi della sua decisione. Non era quello il modo per restare fuori di prigione. Rendendosene conto, Sam decise di rivolgerle la più sommaria delle occhiate e poi di liquidare con delicatezza Jack.

Sam alzò lo sguardo verso la porta mentre si apriva. La luce illuminò il posto, e da essa emerse una donna: aveva la pelle scura, era robusta e camminava con un certo atteggiamento sicuro. Era anche bella, ma non era quello il suo tratto più interessante. La cosa più curiosa, in realtà, era che Sam se l’era già scopata in passato. Anzi, era già uscito con lei e non era finita bene.

La donna si avvicinò al tavolo e guardò Sam come se l’avesse già visto prima.

«Maria, questo è Sam, il ragazzo di cui ti ho parlato,» disse Jack alzandosi e presentando i due.

Sam le diede un attimo perché lo riconoscesse. Quando non lo fece, decise che non sarebbe stato lui a rivangare il passato.

«Piacere di conoscerti,» le disse Sam guardandola negli occhi.

Jack indicò la sedia accanto a lui e si accomodò mentre Maria faceva lo stesso.

Sam fissò Maria chiedendosi quanto ci avrebbe messo a riconoscerlo. Non era sicuro di come avrebbe dovuto procedere, considerando che la donna avrebbe potuto avere un’illuminazione da un momento all’altro.

«Allora, tu guidi?» le chiese Sam, mantenendo l’atmosfera rilassata.

«Guido,» rispose lei in modo brusco.

«Di cosa ti sei occupata finora?»

“Rapine e fughe,» rispose lei.

«Quante? Due, tre?»

«Sei.»

«Sei?»

Sam fissò Maria. O si era data da fare nei cinque anni in cui non si erano visti, oppure stava esagerando.

«Lo sai che l’autista prende una quota di cinque a uno, vero?» le chiese Sam.

«Io prendo un quarto intero,» lo corresse Maria con calma.

«Beh, puoi prendere quanto vuoi. Ma ti sto dicendo che gli autisti dei miei lavori prendono una quota di cinque a uno.»

«Allora forse non sono un’autista per uno dei tuoi lavori.»

«Forse no.» concordò Sam.

Jack si intromise. «Dai, adesso. Non ce n’è bisogno’. Penso che sappiamo tutti chi ce l’ha più grosso: non c’è bisogno di tirarlo fuori sul tavolo.»

Sam guardò Jack chiedendosi di cosa stesse parlando.

Jack si rivolse a Sam. «Sam, per il prossimo colpo dobbiamo lavorare con persone di cui possiamo fidarci. Posso dirti con certezza che possiamo fidarci di lei. Posso anche dirti che sa guidare. Cinque a uno, un quarto, qual è la differenza?»

Sam fissò Jack prima di voltarsi verso Maria. Lei sembrava davvero non riconoscerlo. Forse non aveva lasciato un’impressione così forte come pensava. Ma la domanda rimaneva: cosa sarebbe successo quando si sarebbe ricordata di lui? Gli si sarebbe ritorto contro?

«Potrei darti un quarto, ma non sono ancora d’accordo su nulla. Vediamo prima come va. Se dimostri di poterti attenere al piano, allora sei dentro. Altrimenti, troveremo un altro autista. D’accordo?»

«Posso accettare,» disse Maria.

Jack sorrise. «Era così difficile? Se non fosse per me, non so cosa fareste voi due. Tesoro, vuoi qualcosa da bere?»

«Sì, prendimi una birra,» disse Maria rivolgendosi a Jack.

«Arriva subito.»

Jack si alzò e si diresse verso il bancone. Maria lo guardò allontanarsi e poi, quando fu abbastanza lontano, si rivolse a Sam.

«Non pensare che non mi ricordi di te, perché è l’esatto contrario,» disse lei, lottando contro la sua irritazione.

«Davvero? Me lo stavo chiedendo.» Sam sollevò il bicchiere e prese un sorso di birra con fare indifferente.

«Sì. E so anche che ti sei scopato Anthony.»

Sam sputò il sorso. «Sai che ho fatto cosa?»

«Ti sei scopato mio cugino Anthony.»

«Maria, non so chi cazzo credi che io sia, ma posso dirti che non mi sono scopato tuo cugino. Non ho mai nemmeno conosciuto la tua famiglia, non saprei neanche dirti chi cazzo è Anthony.»

Maria tirò rapidamente fuori il suo telefono e sfogliò alcune foto. Dopo averne trovata una e averla mostrata a Sam, lui si congelò sul posto.

Si ricordava del tipo nella foto. Era solo il secondo ragazzo con cui era stato Sam. Ed era successo giorni prima che Maria lo chiamasse e lo lasciasse senza alcuna spiegazione. Improvvisamente, tutto cominciava ad avere un senso.

Quando Jack tornò al tavolo con i drink, Maria mise via il telefono. Notando lo sguardo scioccato sul volto di Sam, Jack fissò i due.

«Cosa succede? Che mi sono perso?»

«Io e Sam abbiamo appena scoperto di conoscere qualcuno in comune,» disse Maria senza mai togliere gli occhi da Sam.

«Davvero? E chi è?» chiese Jack, percependo la tensione.

«Mio cugino Tony.»

«Conosci suo cugino?» Jack chiese a Sam. «Come?»

Sam guardò Jack. Voltandosi verso Maria, Sam capì cosa gli stesse offrendo: non avrebbe detto nulla a Jack, purché lui non le forzasse la mano.

«Da Miami,» disse Sam.

«Cosa? Hai fatto un lavoretto con lui?»

«Più o meno.»

«È andata bene?» chiese ancora Jack.

«Cinquanta e cinquanta,» disse Sam guardando Maria.

«Beh, eccoti servito: ti sei fidato di Tony, puoi fidarti di Maria,» rispose Jack in modo conciliante.

«Forse. Vedremo. Senti, devo andare. Perché non provi di nuovo a contattare Lamar? Vedi se vuole farne parte come armato.»

«Se non vuole, chiamo Louie?»

«Non coinvolgere Louie.»

«Ma se Lamar non ci sta e non riesco a trovare nessun altro…»

Sam fece una pausa di riflessione. «Fai ciò che devi,» si limitò a rispondere.

Sam diede un’ultima occhiata a Maria e poi si avviò verso l’uscita. Era stato bello vedere Jack, ma non gli piaceva la piega che le cose stavano prendendo.

 

 

Capitolo 3

 

Tom sedeva nel retro del furgone, in equipaggiamento completo. Mostrò una foto ai sei dei suoi uomini davanti a sé.

«Il nome del sospetto è Louie Zamora. È sospettato di due capi d’accusa per tentato omicidio e dev’essere considerato armato e pericoloso. Non esitate a difendervi, ma vogliamo prenderlo vivo. Ci sono domande?»

Tom si guardò intorno. Nessuno gli rispose.

«Bene. Faremo come l’ultima volta.»

Tom prese il suo walkie talkie e tenne premuto il pulsante. «La missione è partita. Muoviamoci.»

Dopo averlo detto, il furgone prese a dondolare. Si stavano muovendo, e il brivido della situazione percorse Tom da capo a piedi, nonostante non sapesse mai dire se si trattava di adrenalina o nervi.

«Sette secondi,» disse una voce dal walkie talkie.

Tom guardò Bill, che sollevò una mano per contare alla rovescia. Cinque, quattro, tre, due, uno.

Anche se Tom era il più vicino al portellone, i suoi uomini si riversarono fuori per primi. Entrando nell’oscurità in una formazione compatta, si mossero rapidamente verso la porta d’ingresso: si trattava di una modesta casa a un piano in un quartiere popolare. Avvicinandosi alla porta, gli uomini con i fucili fecero strada a quello con l’ariete.

Tutti guardarono di nuovo Bill che, ancora una volta, sollevò la mano per contare alla rovescia. Due, uno.

Dondolandolo all’indietro, l’uomo con l’ariete fece un passo in avanti per lanciare lo strumento da forza bruta contro la porta. Il legno esplose, facendo volare schegge qua e là, e si strappò dai cardini.

«FBI! A terra,» urlò Bill.

Gli uomini si precipitarono dentro con i fucili puntati, spostandosi il più velocemente possibile affinché ogni uomo mettesse al sicuro una zona. Puntando la sua pistola, Tom esaminò prima il soggiorno e poi la cucina. Non c’era nessuno.

Spargendosi lungo il corridoio, gli uomini aprirono tutte le porte, per scoprire che le stanze erano vuote. A quel punto, Tom pensò che l’operazione sarebbe risultata in un fallimento, finché non individuò la porta di un armadio. Aprendola, sentì solo un bang. Quello che sentì, però, fu l’equivalente di un pugno di un pugile dei pesi massimi nel petto. Tom inciampò indietro, consapevole di essere stato colpito da un’arma da fuoco.

«FBI! Metti giù la pistola!» urlò Bill.

Mentre Tom si accasciava contro il muro, il resto dei suoi uomini si precipitò addosso all’uomo che, in pochi secondi, era stato disarmato e steso sul pavimento.

Tom trasalì cercando di riprendere fiato. In quel momento non riusciva a pensare a nulla ma, quando i suoi pensieri si schiarirono, considerò cosa sarebbe potuto succedere se non avesse indossato il giubbotto antiproiettile.

«Tom, tutto bene?» gli chiese Bill inginocchiandosi davanti.

Non riusciva a parlare, ma annuì per confermare che sì, stava bene.

«Ammanettatelo e portatelo fuori,» ordinò Bill al resto degli uomini.

«No,» ribatté Tom. «Mettetelo in una stanza. Ammanettatelo.»

Gli uomini sollevarono il sospetto e lo trascinarono nella camera da letto principale. Anche se ancora in preda a un dolore immenso, Tom sapeva di doversi alzare da solo. Rotolando sulle ginocchia, si aggrappò al muro per sostenersi. Uno degli uomini di Tom si avvicinò per aiutarlo.

«Ce la faccio,» disse Tom scacciandolo con un gesto della mano.

Istintivamente, Tom sapeva che questo era il modo in cui si sarebbe guadagnato la lealtà dei suoi nuovi agenti. Doveva alzarsi, concentrarsi di nuovo e poi fare ciò che doveva.

«Lui dov’è?» chiese Tom, stordito dall’agonia.

«È nella camera da letto,» rispose un agente indicandogli la stanza.

Fissando lo sguardo sull’obiettivo, Tom si voltò e si diresse verso di esso. Girando l’angolo della stanza, vide l’uomo della foto con le mani ammanettate dietro la schiena e la caviglia ammanettata alla gamba del cassettone. Consapevole che non sarebbe andato da nessuna parte, Louie era seduto, quasi accasciato.

Tom lo osservò, decidendo cosa farne di lui.

«Tom?»

Un agente alle sue spalle gli porse la sua pistola. Gli era caduta dopo che gli avevano sparato. Tom la prese e considerò di usarla, ma il pensiero si dissolse rapidamente.

«Tutti fuori,» disse Tom, sforzandosi ancora di rimanere in piedi.

Quattro degli uomini uscirono; Bill, invece, rimase.

«Nel caso avessi bisogno di rinforzi,» gli spiegò Bill.

Tom soffriva troppo per discutere. Invece, preferì avvicinarsi all’uomo ammanettato. Louie lo guardò con sguardo impaurito.

«Dimmi dove posso trovare Sam Bitter,» ordinò Tom.

«Non conosco nessun Sam Bitter,» dichiarò Louie.

Tom guardò esausto la sua pistola. Infilandola nella fondina, si trascinò direttamente davanti al sospetto e prese la mira. La testa di Louie sussultò all’indietro quando il pugno di Tom lo colpì alla mascella.

«Dimmi dove posso trovare Sam Bitter.»

«Te l’ho detto, non conosco nessun Sam Bitter.»

Tom fece un respiro profondo, consapevole che quello che stava per fare avrebbe fatto male a Louie tanto quanto ne avrebbe fatto a lui. Raddrizzando il petto dolorante, colpì il sospetto ancora e ancora. Ogni colpo provocò ondate di dolore in tutto il suo corpo. Alla fine, entrambi gli uomini erano sul punto di collassare.

«Okay. Okay. Frequenta un bar a Gainesville. È lì che ci siamo incontrati per pianificare i colpi. Ma giuro che è tutto quello che so. Questo e il suo nome sono le uniche cose che ci ha detto.»

«Qual è il nome del bar?» incalzò Tom.

Louie glielo disse. Tom stava per lasciare la stanza e collassare in corridoio quando Louie mormorò qualcosa sottovoce.

«Frocio!»

Tom si fermò. «Cos’hai detto?»

Louie non rispose.

«Cos’hai detto?»

Preda di un’improvvisa esplosione di energia, Tom si precipitò attraverso la stanza con la mano stretta a pugno. Colpendo il sospetto senza pietà, Bill si affrettò a trascinarlo via.

«Portate il sospetto nel furgone,» ordinò Bill mentre spingeva Tom in corridoio, superando gli uomini. «E qualcuno chiami un medico per Tom.»

Bill accompagnò Tom al divano e lo aiutò a sedersi.

«Non posso sedermi qui. Potrebbero esserci delle prove,» disse Tom a Bill.

«È un divano. L’unica prova che avrà sarà che non vuoi sedertici sopra,» scherzo Bill. «Ma ti hanno sparato. Deve venire un medico a darti un’occhiata.»

Bill tolse l’elmetto di Tom e gli slacciò la spessa giacca. Sotto c’era un giubbotto Kevlar con un proiettile conficcato proprio davanti al cuore. Bill sorrise.

«Sai, non sapevo cosa pensare di te quando ci siamo conosciuti. Ma amico, sei davvero un animale.»

Entrambi gli uomini ridacchiarono. Ridere faceva male quasi quanto tirare pugni, ma Tom non poteva farci nulla. Aveva ottenuto ciò per cui era andato lì: una pista su Sam Bitter.

Nel momento in cui Tom aveva visto il nome di Sam sul rapporto della rapina in banca, sapeva che avrebbe mosso cielo e terra per rimettere Sam al suo posto. E adesso c’era quasi. Nonostante fosse stato colpito al petto, Tom non poteva essere più felice.

 

 

Capitolo 4

 

Sam entrò nel bar di Gainesville e si guardò intorno. Jack e Maria non c’erano ancora. Guardò l’orologio: non era in anticipo. Era come se Jack fosse in ritardo.

Anziché trovare un tavolo, Sam decise di sedersi al bancone.

«Nick, giusto?» disse Sam al barista tatuato.

Il barista lo guardò con sospetto e annuì.

«Dammi una birra.»

Sam si guardò intorno per scrutare il locale. Non c’era mai nessuno di attraente lì, ma non era per questo che ci tornava sempre. Era di base fuori Orlando, e Gainesville era una città a meno di due ore da dove viveva. Questo significava che non ci avrebbe messo molto ad arrivare lì per incontrarsi con la sua banda, e che nessuno delle sue parti avrebbe potuto facilmente rintracciarlo.

L’unica pecca era che doveva prendere una stanza in un motel, mentre era lì. Quella spesa poteva davvero intaccare i suoi profitti, se i colpi non erano abbastanza fruttuosi. E, ultimamente, succedeva spesso.

Il barista mise una birra davanti a Sam. Avendo voglia di parlare, prese la birra e coinvolse Nick in una conversazione.

«Qualcuno è venuto qui a cercarmi?»

Sam sapeva che Jack e Maria si sarebbero semplicemente seduti e avrebbero aspettato, se fossero arrivati prima di lui, ma la domanda era volta a rompere il ghiaccio. Il barista lo fissò, abbassò lo sguardo e poi sembrò cercare tra i suoi pensieri. Sam non pensava fosse una domanda così difficile.

«C’era qualcuno,» rispose il barista spostandosi davanti a Sam e abbassando la voce.

«Chi era?» chiese Sam confuso dalla sua risposta.

«Qualcuno che ha detto di essere dell’FBI.»

Un freddo brivido percorse la schiena di Sam, che si chiese se il ragazzo stesse scherzando. Se non era così, perché l’FBI avrebbe chiesto di lui proprio qui?

«Cosa gli hai detto?» chiese Sam, cominciando a sentire il panico montare dentro di sé.

«Ho detto che non eri qui.»

«Che cosa hanno detto?»

«Era uno solo, e ha detto che dovevo chiamarlo, se ti fossi presentato.»

Il cuore di Sam prese a battere davvero forte. «Lo hai fatto?»

«Cosa? Chiamarlo? No. Ho pensato che ne sarei restato fuori.»

Sam si guardò di nuovo intorno, stavolta cercando chiunque gli sembrasse fuori luogo. Non c’era nessuno.

«Quando è successo?» chiese Sam, sentendo improvvisamente molto caldo.

«Ieri.»

A Sam sembrava di avere un peso sul petto. La sua mente prese a vorticare per cercare di capire cosa fare. Doveva uscire da lì, questo era sicuro.

«Come avresti potuto contattarlo, se mi avessi visto?»

Il barista si avvicinò al registratore di cassa, prese un biglietto e lo mise davanti a Sam. Lo lesse: c’era scritto ‘FBI, agente speciale in carica Thomas Sweet’.

Il sangue defluì completamente dal viso di Sam. Conosceva quel nome, era cresciuto con un Tom Sweet. Incontrare quel bambino aveva cambiato la direzione della sua vita.

«Lo conosci?» chiese il barista. «Parlava come se foste amici.»

Il petto di Sam sembrava dover sopportare altro peso, adesso. Si sentiva la testa leggera. Sam era sicuro di essere sul punto di svenire. Tom era un fantasma del suo passato e, il fatto che si fosse presentato qui scuoteva Sam nel profondo.

«Ehi, credo sia proprio lui.»

Sam riuscì a malapena a respirare quando si voltò. Era appena entrato un uomo. Quando la porta si richiuse bloccando il sole all’esterno, la silhouette assunse un volto.

Riuscendo solo a intravederlo, Sam si voltò di scatto. Non vedeva Tom da quindici anni, ma lo avrebbe riconosciuto ovunque. Si trattava di una visita amichevole o di un arresto? Sam non lo sapeva, ma tutto in lui gli urlava di andarsene immediatamente.

Afferrando il biglietto, Sam abbassò lo sguardo e si alzò. C’era una porta aperta in fondo al bar che portava ai bagni, ma Sam pregò che fosse anche una via d’uscita. Mentre si muoveva verso di essa, sentì: «Ehi tu!»

Sam continuò a camminare cercando di fare il possibile per non attirare l’attenzione su di sé.

«Sam Bitter?» urlò Tom dall’altra parte del bar.

Era la fine. Sam non poteva più fingere. Lanciandosi in uno sprint, Sam corse attraverso la porta. Superando i bagni, girò l’angolo. Superando un’altra porta, individuò l’uscita alla fine del corridoio.

Sbattendo il braccio contro la barra di metallo, la porta si aprì. Una volta precipitatosi fuori, Sam guardò in entrambe le direzioni in cerca di una via di fuga.

«Fermo, FBI,» urlò Tom arrivando alle sue spalle.

Senza pensare, Sam si diresse a sinistra. Nonostante il vicolo fosse un labirinto, sulla destra c’era un lungo corridoio che lasciava a Tom tutta la libertà di mirare e sparare. A poca distanza, sulla sinistra, c’era un incrocio a T. Se fosse riuscito a raggiungerlo abbastanza in fretta, Tom non avrebbe saputo da che parte andare.

«Fermati o sparo.»

L’avvertimento non funzionò, e Tom se ne accorse. Svoltando rapidamente a destra, Sam sperò di lasciarselo alle spalle nelle curve. Girando di nuovo a sinistra, Sam mise in dubbio la sua fortuna quando vide un’alta recinzione di rete metallica davanti a sé. Aveva scelto un vicolo cieco.

Senza arrendersi, Sam accelerò anziché rallentare. Sapeva di poterla scavalcare. Ma Tom poteva riuscirci? Doveva solo raggiungerla prima che Tom avesse la possibilità di sparargli.

«Sam, fermo!» lo sentì urlare proprio mentre stava per lanciarsi verso l’alto.

A ogni mossa che faceva, Sam si aspettava di sentire uno sparo. Ora non c’era più nulla che potesse fermare Tom. D’altronde, non era la vendetta che cercava? Sparargli a morte non gliel’avrebbe data?

Mentre Sam si avvicinava alla cima della recinzione, notò che era ancora vivo. Ma come? Tom non aveva la visuale libera?

Superata la cima, Sam diede una rapida occhiata alle sue spalle. Tom era immobile in fondo al vicolo, con la pistola puntata su di lui. Perché non stava sparando? Perché non stava urlando o non lo stava inseguendo? Stava aspettando che Sam arrivasse dall’altra parte prima di sparare?

Sapendo di doversene andare da lì il prima possibile, Sam si gettò dalla cima della recinzione alta due metri e mezzo. Non appena colpì il terreno, rotolò.

«Fermo!» sentì di nuovo Sam mentre si rimetteva in piedi.

Ora separate da quindici metri e da una recinzione, Sam guardò di nuovo Tom. La pistola era puntata direttamente su di lui. Sam lanciò un’ultima occhiata all’uomo che conosceva un tempo, poi si voltò e scappò. Se non gli aveva ancora sparato, Sam era pronto a scommettere che non l’avrebbe più fatto.

E aveva ragione. Senza sentire altri passi dietro di sé, Sam si avvicinò all’angolo più lontano del vicolo. Girando a destra, uscì dal labirinto sul lato più remoto dell’isolato.

Rallentando il passo per non attirare l’attenzione, sapeva di doversene andare da lì. Pensò alla sua auto parcheggiata davanti al bar. Se non era già sorvegliata, presto lo sarebbe stata. Ormai, il suo veicolo era andato perso. Doveva trovare un posto vicino dove poter andare.

«Dove abitava?» si chiese. Gainesville non era la sua città, e le uniche persone che conosceva lì erano Jack e Maria.

Ecco, doveva andare a casa di Jack. Gli aveva detto di alloggiare in una topaia in periferia che si chiamava Florida Motel. Era lì che doveva andare.

Sam allungò la mano per prendere il cellulare e avvisare Jack di non andare al bar. Il telefono, però, non era nella sua tasca. Cos’era successo? L’aveva lasciato in macchina? L’aveva perso quando aveva saltator la recinzione?

Abbassando lo sguardo mentre si toccava le tasche, gli venne in mente che aveva ancora in mano il biglietto da visita di Tom. Come poteva avere ancora quel pezzo di carta ma non il suo telefono?

Non importava. Sam non doveva chiamarli. A meno che Nick, il barista, non avesse fatto la spia, avrebbero preso un drink e lo avrebbero aspettato. Quando non sarebbe arrivato, sarebbero tornati a casa.

Sam pensava anche che Jack avrebbe cercato di chiamarlo e gli avrebbe risposto Tom, che aveva trovato il suo telefono. Sarebbe stato un problema, ma adesso non poteva farci nulla. Sì, era possibile che avesse visto Jack e Maria per l’ultima volta, ma non aveva intenzione di accettarlo come un dato di fatto. Doveva andare al motel di Jack e scoprirlo da solo.

Fu mentre camminava per due miglia verso il Florida Motel che passò davanti a un negozio di liquori. Entrò e comprò un quinto di vodka, lo mise in un sacchetto di carta e continuò a camminare.

Aprendolo, pensò a come Tom fosse riuscito a trovarlo. Non aveva alcun senso: solo poche persone sapevano che poteva essere lì. Andava al bar solo quando era a Gainesville, ed era in città soltanto quando organizzava un colpo.

«Lamar,» s’illuminò Sam. Jack aveva detto che Lamar era come scomparso. L’FBI doveva averlo preso. La visita di Tom non era di certo volta a ricordare i vecchi tempi: era lì per arrestarlo per le rapine in banca.

Nonostante il motivo per cui fosse lì, Sam non poteva fare a meno di ripensare ai tempi passati con il suo amico d’infanzia. Si chiese se sarebbe stato attratto dai ragazzi se non avesse incontrato Tom. Il suo amico aveva risvegliato qualcosa nel giovane Sam e, una volta che questa sensazione se ne fu impossessata, non lo aveva più lasciato andare.

Anche se giurava continuamente che avrebbe smesso, Sam pensava ancora a Tom ogni giorno. Lo perseguitava. E quando il pensiero del corpo nudo di Tom gli inondava la mente, l’unica cosa che poteva porvi fine era un sacco di alcool. Per questo, Sam prese un gran sorso di vodka.

Impiegò un’ora per percorrere le strade secondarie fino al motel di Jack. Nascosto nel bosco di fronte a esso, Sam fissò il vialetto e continuò a bere. Non riusciva ancora a credere di aver visto Tom dopo tutto quel tempo. Gli faceva male il petto solo a pensare a quell’uomo.

Sam guardò di nuovo il biglietto da visita stropicciato. Sul retro c’era un numero scritto a mano affiancato dalla parola ‘cellulare’. Era il numero del cellulare di Tom? Gli faceva male il cuore a pensarci. Voleva così tanto parlare con lui. Ma cosa gli avrebbe detto, se avesse potuto?

Proprio quando Sam cominciò a perdere la speranza che Jack e Maria sarebbero mai tornati, vide una macchina parcheggiare davanti al motel. Si sporse per osservare chi scendesse dal veicolo: erano un uomo e una donna, quindi dovevano essere Jack e Maria.

Alzandosi, Sam si rese conto di quanto fosse ubriaco. Lasciandosi la bottiglia quasi vuota alle spalle, attraversò l’autostrada trafficata. Era l’ora di punta. Le auto si muovevano velocemente ma Sam scattò comunque in avanti senza sapere se ce l’avrebbe fatta. Quando l’ultima macchina gli sfrecciò alle spalle e lui stava già marciando verso la porta di Jack, si rese improvvisamente conto che avrebbe dovuto dire loro di Tom. Cosa avrebbe detto?

Sam bussò alla porta. «Aprite. Sono Sam.»

Ci fu una leggera pausa prima che la porta si aprisse. Jack il Bello stava bloccando l’entrata.

«Perché non eri al bar?»

«Fammi entrare. C’è qualcuno che ci insegue.»

Jack rimase a bocca aperta. Facendo entrare Sam nella stanza, Jack diede un’occhiata fuori prima di chiudere a chiave la porta.

Sam entrò barcollando nella piccola stanza e vide una sedia contro la parete più lontana. Si diresse verso di essa per sedersi.

«Chi ci sta inseguendo?» chiese Jack.

Sentendo la domanda, Sam si guardò intorno per cercare la sua bottiglia di vodka. Dopo aver ricordato dove l’aveva lasciata, si rivolse a Jack. «Ho bisogno di un drink.»

Jack si voltò verso le bottiglie poggiate sul mini-frigo. Si era versato due dita di whiskey prima dell’arrivo di Sam, così gli porse il suo bicchiere e poi se ne versò un altro per sé. Sam sorseggiò il suo drink e poi posò il bicchiere a terra.

«Ora puoi dirmi chi ci sta cercando, Sam?»

«L’FBI. Mi stavano aspettando al bar.» Sam sapeva che non era andata esattamente così, ma la sua versione ci si avvicinava abbastanza.

«Come facevano a sapere che eri lì?» chiese Maria dal letto.

«Penso gliel’abbia detto Lamar. Hai detto che non riuscivi a contattarlo, è così?»

«Esatto: sia lui che Louie, nessuno dei due risponde. Hai detto che l’FBI ti stava aspettando: li hai visti?»

«Già. Ce n’era uno, e mi ha inseguito nel vicolo. Avrebbe potuto spararmi, se avesse voluto. Non l’ha fatto.»

«Potrebbe averti seguito fin qui?» chiese Jack, diventando via via più nervoso.

«Non è possibile. Se avesse avuto la possibilità di prendermi, penso che l’avrebbe fatto.»

«Eravamo lì dentro,» disse Maria, attirando l’attenzione di Sam. «Ti abbiamo aspettato per un’ora. Perché non ci hai chiamati per farci sapere che erano lì?»

«Non avevo il cellulare,» spiegò Sam.

«Cristo,» esclamò Jack buttando giù il suo drink. Si sedette sul bordo del letto di fronte a Sam. «Cosa facciamo ora?»

«Non lo so,» ammise Sam, fissando gli altri due.

«Cazzo, è fantastico, Sam,» disse Maria versandosi un drink.

«Non è colpa mia,» replicò Sam senza esserne convinto.

«Non è mai colpa tua, vero? Tutto è sempre colpa di qualcun altro. Ho bisogno di andarmene da qui.»

Maria prese il suo bicchiere e se ne andò. Sam si alzò per seguirla, ma Jack lo allontanò con un gesto.

«Lasciala andare, ha solo bisogno di sfogarsi. Sarò onesto, non le piaci proprio.»

Sam ricadde sulla sedia. «È perché mi sono scopato suo cugino.»

Jack ci pensò per un secondo. «Pensavo avessi detto che suo cugino si chiamava Tony.»

Sam si bloccò sul posto realizzando ciò che aveva detto. La sua mente ubriaca lo confuse ulteriormente. «È così. Sai, è una di quelle ragazze con nomi maschili.»

«Ma non hai detto che hai lavorato con lui

Sam scosse la testa e rise. Non riusciva a pensare abbastanza velocemente per spiegare anche quello.

Jack lo fissò senza reagire. Dopo una lunga pausa, riprese la parola.

«Aspetta, perché dovrebbe essere arrabbiata perché sei andato a letto con suo cugino?»

Sam si arrese. «Non so che dirti, amico.»